Ultimo aggiornamento: 6 Giugno 2017
Enoteche, wine bar e, per allargare la platea, tutti quei locali che propongono vino nei loro aperitivi. Il mondo del vino, come quello dei cocktail, segue continuamente mode, o, per dirlo in modo più elegante, segue delle tendenze precise. Conoscere queste tendenze può aiutare anche il nostro bar, e ci può permettere sia di anticipare, per essere pronti di fronte a quelle che potrebbero essere le richieste dei clienti, sia di lanciare nel nostro contesto, le nuove tendenze, facendo la figura dei veri gestori”trendy”.
Abbiamo già dedicato un lungo e strutturato articolo sul come aprire una enoteca o un wine bar, esaminandone la burocrazia, i regolamenti, la location ideale e i finanziamenti (trovate il post in questa pagina), nel caso di questo articolo, invece, siamo andati a frugare su siti occupano di vino, e sopratutto di wine marketing, per andare a fiutare, come le grandi aziende del settore cercano di fare, le tendenze di quello che sarà il vino nel prossimo periodo. Vediamo le cinque idee che ci propongono.
Sì, sembra proprio che sia così: forse il vino più famoso del mondo (nel 2014 ha venduto nel mondo più dello champagne) sembra in realtà in fase un po’ calante, sembra, dai dati che arrivano, avere meno appeal per un mercato che adesso cerca alternative, sempre sotto forma di bollicine, ma di altre aree e altri vitigni.
A questo proposito, per alcuni dei nostri lettori che sia affacciano adesso al mondo del vino e dei locali, sarà necessario chiarire alcune cose.
Molti consumatori tendono a pensare che prosecco sia una specie di sinonimo di spumante, che ogni vino con le bollicine (magari “secco” e non “dolce”) possa essere chiamato prosecco. In realtà il prosecco è un vino bianco, ottenuto, in Veneto e Friuli Venezia Giulia con un vitigno chiamato glera. Il nome “prosecco” dovrebbe derivare da Prosecco, una località del Friuli.
I vini definiti prosecco possono essere sia spumantizzati che fermi, sia secchi che dolci, con varie gradazioni, a seconda del residuo grado zuccherino.
Mentre non decolla (in realtà non lo ha mai fatto, salvo per le coppie al ristorante in cui beve lui e non lei) il mercato delle mezze bottiglie, cresce l’esigenza del vino al bicchiere.
Le ragioni di questa esigenza sono senz’altro evidenti:
Il contro, per il gestore, è la deperibilità del vino, che, una volta aperto, rischia di avere problemi di ossidazione, con il vino che, a contatto con l’ossigeno, inizia a deteriorare, appiattendosi a livello aromatico e sviluppando elementi gustativi indesiderati.
Per evitarlo esistono da tempo in commercio piccole pompette che, messe a mò di tappo, creano una forma di sottovuoto sul vino, rallentandone il deterioramento. Altre macchine, relativamente diffuse nel mondo delle enoteche e wine bar di livello, hanno un sistema che permette di conservare il vino creando su di esso una sorta di “cappello” di azoto, un gas inerte che non permette il contatto con l’ossigeno.
Da questo punto discende un’altra considerazione:
Se dobbiamo offrire vini al bicchiere non possiamo permetterci troppe bottiglie aperte che perderanno le loro caratteristiche in breve tempo. E’ quesa una prima ragione per non avere menù troppo lunghi, ma non è l’unica.
Un menù “raccolto”, infatti, lascia percepire al nostro cliente che il nostro locale preferisce la qualità e la selezioni accurata alla mera quantità (le pizzerie che oggi trasmettono una idea di alta qualità hanno spesso menù di 7/8 pizze e anche meno, una volta ne avevano 100!).
Ancora, con un menù breve il cliente si sentirà meno spiazzato, e più padrone della sua scelta, senza sentirsi annoiato o infastidito da un menù di dieci fitte pagine!
Il mondo del vino è in grande evoluzione, ormai da decenni, e un negozio o un locale che vogliono porsi come punti di riferimento per il mondo del vino non possono perdere l’occasione di incuriosire e tentare la loro clientela avendo in carta vini che arrivano da paesi meno consueti rispetto ai soliti Italia (con tutto il rispetto) Francia e poco altro.
Ad esempio Sud Africa, Stati Uniti e Australia sono aree di produzione ormai consolidate che creano nel consumatore curiosità e interesse, ma anche Argentina e Cile hanno saputo reintrepretare alcuni vitigni (lo storico carmenere) trovando spazi nella percezione mondiale dei consumatori.
Fra i prossimi boom del vino, ci dicono gli esperti, ci saranno gli spumanti della Gran Bretagna (sì, così pare) e i vini Portoghesi, che vanno già molto bene nel mondo Anglosassone.
Proporre ricerca e originalità non vuol dire solo puntare su etichette estere; le ricerche di mercato sul vino nel 2017 ci dicono del bel andamento di vitigni come il Pinot nero e il Pinot grigio, e in generale dell’ottimo appeal del vini biologici e attenti all’ambiente.
Spesso vendere vuol dire saper raccontare, saper raccontare vuol dire conoscere, e conoscere vuol dire imparare. Quando si vuol proporre dei vini sarà necessario conoscerli bene, essere in grado di raccontarli con passione, di trasmettere la manualità, l’esperienza, la cura e i segreti che il viticoltore mette in ogni bottiglia e le particolarità che ogni territorio è in grado di offrire.
Nessun cliente saprà rinunciare a quello che proponiamo, che a quel punto non sarà più un semplice bicchiere di vino, ma un vero viaggio di scoperta in un territorio e in sapienze profonde.
Conoscere, dicevamo, vuol dire imparare; quindi sarà necessario essere pronti a viaggiare per visitare cantine ed eventi, pronti a leggere libri e riviste di settore e pronti a capire i fondamenti dell’assaggio professionale, e pronti ad assaggiare molti vini… C’è di peggio, no?