Ultimo aggiornamento: 1 Dicembre 2020
Nel post di oggi abbandoneremo il mondo bar per andare a ragionare su un argomento che diversi lettori ci hanno chiesto leggendo articoli simili che avevamo scritto su altre tipologie di locali: come si scrive il business plan per una pizzeria.
Nell’abbandonare il mondo bar non ci sentiamo colpevoli, per un paio di motivi. Uno, perché negli ultimi anni si sfumano sempre più le differenze fra varie tipologie di locali ed è quindi immaginabile trovare un bar che abbia un banco per la pizza al taglio o al contrario una pizzeria che crei un’angolo aperitivo. Due, perché la pizza ci piace tanto!
La pizzeria, sia al taglio che quelle al tavolo, al piatto, resta davvero un modello di locale classico, ambito e di successo. Nonostante sia un prodotto più che insito nella cultura italiana, quindi senza grandi margini di incremento nei consumi, continua comunque a crescere, per l’esattezza del 2,4% nel biennio 2018/19 (dati “Il messaggero”) dato ancora più importante, se consideriamo la sempre maggiore importanza che si da ad uno stile di vita sano, di cui la pizza non sempre farebbe parte (il consumo di pane per esempio è crollato negli ultimi vent’anni).
Anche dal punto di vista imprenditoriale l’idea che vendere la pizza fa guadagnare resta molto radicata: la pizza costituisce una cena e un momento di incontro più economico rispetto al ristorante, e, avendo bassi costi di materie prime, dovrebbe permettere di guadagnare.
Ecco, quest’ultima affermazione non è sempre del tutto giustificata, di questo parleremo entrando nell’argomento del nostro post: come si scrive il business plan per una pizzeria.
Prima di partire una distinzione importante che facciamo spesso durante i nostri corsi di apertura e gestione locali (e le pizzerie sono locali!). Quando si sta pensando di aprire una attività, anche di rilevare una pizzeria, bisogna pensarci bene, e pensarci in modo analitico, valutando bene pro e contro, concorrenza, punti di forza, nostra professionalità e entrate e uscite.
Ecco, questo non è il business plan normalmente detto, bensì una analisi economico/finanziaria che ci permetterà di valutare criticamente la nostra idea: funziona o non funziona? Se i dati ci dicono di no, che non funziona, dovremo essere abbastanza furbi e forti da desistere dall’idea (non è facile…) magari per cercare una diversa location o per migliorare la nostra professionalità.
Se invece ci dicono che potrebbe ragionevolemtne funzionare potremmo trovarci a dover cercare fondi, finanziamenti, magari in banca o presso un bando di finanziamento privato (o ancora con il crowdfunding) e allora si che ci servirà un business plan, che spiegherà la nostra idea e convincerà gli investitori. L’analisi economica deve essere più neutra possibile, il business plan deve essere convincente!
Nei prossimi passaggi valuteremo gli elementi che ci serviranno per tutte e due i passaggi: l’analisi economica e il business plan.
Pronti per stendere il business plan del nostro locale per la pizza, ma prima una considerazione importante: cosa vogliamo analizzare o redarre? Vogliamo scrivere il business plan per una pizzeria a taglio? O il nostro obiettivo sarà aprire una pizzeria con tavoli, tovaglie e camerieri? Qualche riflessione a caso sull’argomento…
Fatta la nostra scelta? Andiamo avanti.
Le cifre, gli incassi e le spese, sono conseguenza di una serie di scelte (o di non scelte): per questo, prima di entrare nel merito dei numeri, sarà importante focalizzare il nostro progetto (e spiegarlo se stiamo preparando un business plan per un investitore) con una serie di valutazioni sul progetto che ci permetteranno di dare una struttura alla nostra idee e valutarne la fattibilità.
In questa sezione discorsiva ci saranno alcuni capitoli, vediamoli.
La nostra idea: In questo capitolo andremo ad analizzare la nostra idea, e capirne le possibilità vere. Partiamo dall’idea di voler aprire una pizzeria a taglio gourmet? Avremo il target giusto? La location che abbiamo individuato vede molto passaggio di ragazzini che sono generalmente meno focalizzati su una pizzeria di alto livello e preferiscono würstel e patatine? Altri imprenditori hanno avuto la stessa idea? La loro è stata una storia di successo o un fallimento? Cosa possiamo imparare dai loro errori?
Le nostre capacità: chi siamo noi? Se vogliamo aprire una pizzeria gourmet abbiamo le capacità per farlo? Sappiamo tutto su impasti, forza, alveolatura, temperatura dell’acqua nell’impasto? Abbiamo provato 27 tipi di salsiccia diversa per individuare la migliore per i nostri clienti? Abbiamo già lavorato (e magari abbiamo già gestito una pizzeria/attività di ristorazione?) in parole povere, siamo i giusti manager per il nostro business o dobbiamo ancora costruirci?
La concorrenza: ci sono altre pizzerie e magari pizzerie come la nostra in zona? Che caratteristiche hanno? Che tipo di pizza fanno e che clientela attraggono? Noi possiamo competere con loro o dobbiamo cercare una nostra nicchia (per esempio con una pizza napoletana, oppure una pinsa romana)?
Gli orari e organizzazione: a che ora apriremo e chiuderemo? Magari lo abbiamo capito stando molto tempo davanti alla nostra saracinesca, vedendo che tipo di persone passano e quando passano. Quanti dipendenti avremo, se ne avremo? A che ora cominceranno a lavorare? Quante pizze avrà il nostro menù? Saperlo ci permetterà di entrare nella sezione dedicata alle cifre con maggior consapevolezza.
Le due sezioni “di cifre” saranno dedicate una agli incassi e una alle spese, prima di arrivare ad una valutazione finale utile/perdita. Sarà importante mantenere quest’ordine, sapere prima gli incassi infatti ci permetterà di valutare il food cost.
La pizzeria dei nostri sogni esiste già e vogliamo rilevarla o la costruiremo da zero?
Nel primo caso nessun problema, a permetterci la valutazione degli incassi dovrebbero essere i corrispettivi e i bilanci che il proprietario della attività che andiamo a rilevare ci mostrano.
E se non ce li fanno vedere accampando magari ragioni di privacy? Bruttissimo segno, potrebbero avere debiti nascosti come capiamo in questo post da leggere con grande attenzione. Una certa omertà nel far vedere gli incassi del locale deve essere sempre interpretata come un brutto campanello d’allarme.
E se ci dicono che in bilancio c’è riportata una cifra, ma in realtà c’è di più? (ci siamo capiti…) per esperienza direi di crederci quasi sulla parola fino al 10/15% in più, dopo diventa pericoloso…
Secondo caso: la pizzeria che vogliamo aprire non esiste ancora, dobbiamo crearla da zero. A questo punto dovremo giocare un po’ alla Sherlock Holmes, indagare e vedere altre pizzerie simili a quella che vorremmo aprire e provare a fare un po di confronti. A guidarci nella determinazione degli incassi sarà l’analisi dello scontrino medio. Per chiarire il concetto poniamo che nella pizzeria un cliente viene a mangiare un trancio di margherita a 2 euro, poi un gruppo di amici si farà fuori 5 fette di pizza ai frutti di mare per un totale di 15€ (e a questo punto il nostro scontrino medio è 15€+2€= 17:2= 8,5€) e così via.
A questo punto moltiplichiamo l’importo dello scontrino medio che abbiamo individuato per quanti scontrini ha emesso la pizzeria esaminata (gli scontrini hanno sempre un numero progressivo che ci dice quanti ne sono stati emessi in giornata) e avremo una idea (magari con una verifica che dura alcuni giorni/settimane/mesi, più dati abbiamo e meglio è) di quanto potrebbe incassare il nostro locale.
A questo punto abbiamo i dati più o meno realistici (quanto realistici dipenderà dalla nostra capacità di analizzarli, da quanto tempo è durata la raccolta dei dati, su quanti locali l’abbiamo fatta e perfino sull’essere onesti con noi stessi…) è quindi il momento di cominciare a calcolare le spese, che possiamo dividere in tre grandi categorie:
I Costi variabili (food cost): Si tratta del costo degli ingredienti che usiamo per le nostre pizze, solo quello senza includervi anche il costo di acqua, elettricità o altra utility. Per fare un esempio di facile comprensione proviamo a fare l’esempio del food cost di una pizza margherita al piatto, diametro 33 cm, fatta con ingredienti di qualità media.
INGREDIENTE | COSTO PER UNITA’ | QUANTITA’ | COSTO PER PORZIONE |
farina | 0,70€ al chilo | 130 gr | 0,091 |
sale | 0.45€ al chilo | 4 gr | 0,0018 |
olio | 7 € al litro | circa 40ml | 0,28 |
lievito | 0,40 cent per 100 gr | 15 gr | 0,06 |
pomodoro | 0,70€ al chilo | 100 gr | 0,07 |
mozzarella | 6€ al chilo | 120 gr | 0,72 |
basilico | 0,06 € | ||
TOTALE COSTO INGREDIENTI (FOOD COST) | 1,28€ |
La nostra margherita ci costerà quindi, in ingredienti, 1euro e 28 centesimi. Come calcolare a questo punto il food cost in percentuale?
Poniamo che noi mettiamo la margherita in menù a 6€. Questo è il prezzo di vendita, che incorpora l’IVA, sottratta questa abbiamo il prezzo netto, di 5.45€. bene, 1,28 sarà il 23,5% (percentuale del food cost) di 5.45.
Se leggiamo i manuali di food and beverage management troviamo di solito indicazione di un food cost medio (che tenga cioè conto di tutte le voci in menù) del 30%, ma questo parametro può variare anche per le scelte del locale, magari pensato per prezzi popolari o come ambiente gourmet.
Per capire meglio il concetto di food cost comunque leggete bene anche questo post.
Se servite sopratutto pizze da asporto non dimenticatevi di conteggiare in questa fase anche il costo di scatole per l’asporto, eventuali kit di posate e magari bibite omaggio…
Costi semivariabili (personale). Una pizzeria a taglio può non aver bisogno di molto personale, basta il proprietario o poco più, discorso diverso per un locale con tavoli, cucina e camerieri.
Anche per una valutazione approfondita del costo del personale vi invitiamo a leggere questo post.
Costi di struttura o costi fissi: principe di questi costi è sicuramente l’affitto (la metratura ridotta potrebbe rendere minimi quelli di una pizzeria a taglio) le utenze (che se avremo un forno elettrico potrebbero essere rilevanti) le riparazioni etc… Come avevamo in un precedente post, se abbiamo una pizzeria con il forno a legna, dovremo calcolare il costo della stessa.
In una ricerca che facemmo all’epoca vedemmo come il costo della legna variasse da 10 a 16 € al quintale, mentre il consumo medio oscillava molto, da 20 a 100 kg di legna al giorno al secondo di quante pizze cuociamo.
La conclusione. A questo punto abbiamo un’idea di quanto si guadagna con una pizzeria, la nostra. Abbiamo infatti i dati dei possibili incassi, a cui sottrarre le spese, certe e incerte, fino ad avere una idea del possibile utile o perdita. E se c’è una perdita? Teniamone conto, forse, è il caso di cambiare progetto.
1 Comment
buona sera , se devo aprire una nuova attività , dovrò fare delle spese iniziali per le atrrezzature, comie le conteggio nei costi ?