Ultimo aggiornamento: 21 Novembre 2022
Nei precedenti episodi di questa nostra storia del caffè abbiamo detto come con ogni probabilità furono gli Ottomani e non gli arabi a spingere sul consumo e la commercializzazione del caffè, fino ad allora rimasto un prodotto riservato a contesti di carattere religioso o medico.
Per altro, se vi siete persi le puntate in cui parliamo dell’arrivo del caffè in Arabia, o della vicenda della città di Mokha, seguite semplicemente i link prima di leggere questa nuova puntata.
Come sempre, se invece di leggere preferite guardarvi questa puntata, la trovate in video qui sotto:
Probabilmente per la maggior parte di coloro che leggono questa serie non c’è ne bisogno, ma credo che dobbiamo davvero dedicare un momento a capire la differenza fra Arabi e Ottomani, o turcomanni.
Gli arabi sono popolazioni di lingua araba appunto e provenienti dalla penisola arabica. Si tratta dell’area dove ha avuto origine la religione islamica.
I Turkmeni o turcomanni sono invece popolazioni dell’Asia centrale che dal 5° secolo cominciarono a spostarsi verso occidente, fino a venire in contatto con i persiani Selgiuchidi, come vediamo nella mappa sotto.
Man mano questi due popoli cominciarono a interagire, quasi a integrarsi, e a poco a poco anche i turcomanni cominciarono a convertirsi all’islamismo. In particolare, intorno al 13° secolo, uno dei principati che componevano questo impero Selgiuchide/turco nella attuale Turchia centrale diventò sempre più forte. A guidare questo principato era la figura, più o meno mitica di Osman o Othman o Utman, da cui dovrebbe derivare il nome “ottomano” che da lì in poi indicherà “I turcomanni di occidente” e che porterà alla creazione di un impero, quello Ottomano appunto, che rimarrà in vita per sei secoli, fino al 1919.
Ma a noi interessa il caffè, seguiamone quindi il profumo e vediamo come le date chiave di questa storia sono due
Cominciando a venire in contatto con il sud della penisola araba gli ottomani cominciarono anche a entrare in contatto con il caffè, lo apprezzarono e cominciano a commercializzare su grande scala. Rapidamente la bevanda scura arriva a quella città che avevano scelto come capitale: Istanbul.
Ed è qui che viene fondata quella che dovrebbe essere la prima caffetteria, il primo coffee shop del mondo.
Quando? Mica facile saperlo abbiamo consultato moltissimi siti e libri, e la data di “inaugurazione” è indicata con queste date:
il tutto senza specificare alcuna fonte…
Fu aperta a istanbul? Mah… altre fonti ci dicono che fu aperta a Damasco… Insomma, le certezze su dove e quando sono davvero poche. Ammetto che piacerebbe anche a me che le date e i luoghi della storia ci dessero una scansione precisa, che arrivassero una dietro l’altra per darci un percorso storico “incasellabile”, da manuale scolastico “è successo prima questo poi quello…”
In realtà molto spesso non è così, la storia non segue quasi mai, almeno nei fenomeni sociali, le date e le scansioni dei manuali, diciamo che certi rapporti e interazioni fra persone, popoli, nazioni e perfino prodotti, come in questo caso, sono molto più “permeabili” e arzigogolate e può essere difficile dare date secche e precise. Le persone, allora come oggi, si muovevano, perseguivano sogni e obiettivi, e non sempre quello che facevano, nel loro lavoro quotidiano rimaneva registrato sul diario della storia con la S maiuscola; pensate solo a quanto è incerta la storia della pizza, chè pure è più vicina nel tempo e che è, dovrebbe essere, un prodotto nostro, e quindi più facile da datare e conoscere…
Andiamo comunque avanti e seguiamo l’oggetto principale della nostra narrazione, il coffee shop che viene fondato a Istanbul (il nostro riferimento è questo) è fondato da due fratelli Siriani: Hakam da Aleppo e Shams da Damasco (fratelli che arrivano da città diverse?) ce lo dice l’unica fonte disponibile, un cronista turco che racconta come nel anno 962 dall’Egira cioè il 1555 della datazione occidentale:
“High, God-Guarded city of Constantinople, as well as in Ottoman lands generally, coffee and coffeehouses did not exist. About that year, a fellow called Hakam from Aleppo and a wag called Shams from Damascus came to the city; they each opened a large shop in the district called Tahtakale, and began to purvey (servire) coffee”
insomma, nemmeno il nome della caffetteria, che sembra si chiamasse Kiva Han, ma il quartiere sembra esserlo: Talchtacalah, che adesso dovrebbe chiamarsi Tahtakale. la storia delle incertezze continua insomma.
Ma come doveva sembrare quel quella caffetteria? Probabilmente così:
Se guardiamo questa immagine possiamo immaginare come non fosse una “caffetteria” in senso moderno, con avventori che entrano ed escono a prendersi qualcosa da bere doveva essere una specie di club, un luogo chiuso in cui i membri di un certo gruppo sociale. Questa è infatti la descrizione che ne viene lasciata:
“where people gathered to drink coffee, have conversations, play board games such as chess and backgammon, listen to stories and music, and discuss news and politics. They became known as “schools of wisdom”
Scuole di conoscenza, per colti, notabili, insomma, un club inglese dove, in un ambiente non aperto al pubblico si parla di politica, si leggono e discutono le notizie e così via… come appunto, si vede in questa immagine.
Quello che non si vede in questa immagine è quello che non si faceva nell’area aperta al pubblico per evitare ai signori il fumo e fastidio, vale a dire l’operazione stessa di “fare” il caffè. All’epoca infatti non c’erano le torrefazioni che ti portavano il caffè tostato, e nel “retrobottega” si tostava (immaginiamo l’aroma) si pestava il caffè in un mortaio e si infondeva, con l’ibrik.
Non sappiamo niente del destino di questa prima caffetteria di istanbul, sappiamo solo che erano molto diverse quelle che venivano aperte un secolo dopo, quando il cafè diventò davvero un fenomeno di massa.
Allora le caffetterie cambiarono, risultando così
Cosa notiamo di diverso?
Probabilmente i frequentatori appaiono di classi sociali e di aspetto meno “uniformati” ma soprattutto, se nell’immagine precedente quasi tutti i presenti avevano in mano una tazza, qui quasi tutti hanno in mano una shisha o Narghile (io vedo soltanto una persona anziana di lato con una tazza in mano)
L’esplosione delle caffetterie come fenomeno non ristretto ad un elite ma che coinvolgeva molte classi sociale coincise (o fu dovuto?) all’arrivo delle “waterpipe” intorno al 17° secolo.
Insomma, sembra che stiamo parlando più di un narghilè shop che di un coffee shop, ma tranquilli, gli ottomani stavano anche per diventare il popolo che avrebbe (a volte suo malgrado) diffuso il caffè nel mondo!
Quanto costava il caffè li servito? non lo sappiamo, nessuna fonte lo dice e non sappiamo nemmeno se veniva fatto pagare a tazzina o se, come nelle regole di un club, si pagava piuttosto una specie di “quota annuale”.
Sappiamo come veniva preparato, alla turca, con il pentolino, il cezve, in cui veniva fatto bollire caffè macinato molto fine, acqua e forse zucchero, almeno in epoche più tarde. Un caffè bollito insomma, che usava come fonte di calore i tizzoni incandescenti che andavano ad alimentare le shisha.
E oggi, cosa rimane di quella caffetteria? Niente. Siamo andati (via Google Maps) a visitare quel quartiere, un po decentrato, di Istanbul, che appare come un tranquillo e dimesso borgo periferico.
Della storica caffetteria, nessuna traccia, in compenso in zona c’è uno Starbucks, sarà un segno dei tempi?