Ultimo aggiornamento: 7 Novembre 2022
Questo episodio è dedicato ad una città, ma per parlarne dobbiamo cominciare da un nome, perché questo nome, la parola Moka vuol dire un sacco di cose:
Questo episodio però, lo avete capito, parlerà dell’altro significato di Moka: parlerà della città dove, per più di un secolo, è stato commercializzato tutto. e dico tutto, il caffè che veniva bevuto al mondo. E questa è la sua storia, la storia di Moka, la città del caffè!
Come sempre, se preferite vedere e ascoltare questo episodio, invece che leggerlo, potete trovarlo sul nostro canale video, qui:
Prima di cominciare a parlare della sua storia sarà necessario andare a localizzarla, la città di Moka, e capire dove si trova.
Nell’episodio precedente abbiamo familiarizzato con lo Yemen, ipotizzando anche che il caffè non vi sia stato portato dagli arabi, ma dagli etiopi stessi, che avevano conquistato quest’area intorno al 6 secolo dopo cristo, il 530 circa,
In realtà, in quel periodo, la città di Moka non esisteva, Sembra infatti che la città sia stata fondata intorno al 1300 da un religioso musulmano di nome Shaykh Shadhili, anche se più probabilmente il termine Shaykh arrivi da “sceicco” parola che letteralmente in arabo significa “anziano” ma che viene usata in generale per “persona autorevole” “capo”, quindi la città fu fondata dal “capo Shadhili”
La fondazione della città, che probabilmente prendeva il via da piccoli agglomerati di pescatori, deve in realtà essere dipesa da motivi strettamente commerciali. Infatti, se guardiamo la topografia della zona
capiamo che la città si affaccia sul Mar Rosso, quindi verso i mercati egiziani, dell’alto medio oriente e potenzialmente dell’Europa (attraverso il mar rosso stesso). La città inoltre ha le montagne alle spalle, elemento fondamentale, perchè, se la zona di pianura e lungo la costa è aridissima, sulle montagne e gli altopiani alle spalle ci sono diversi corsi d’acqua, i vari Wady, fiumi che in generale, per l’evaporazione, non arrivano al mare e dove la temperatura è più accettabile (e dove per altro si trova la capitale dello Yemen, Sana’a). Un area, è facile capire, dove era possibile coltivare in una zona altrimenti aridissima.
Insomma, facile coltivare, facile trasportare, il ruolo di Mokha come “hub” del caffè era disegnato.
Ma come si chiama esattamente questa città?
Ma poi si trovano diversissime versioni
Anche se quella più riportata sembra essere quella che stiamo usando in questo post: Mokha.
Città di commerci quindi, e molto rapidamente città del caffè. Fin dalla fine del 1400 infatti, un secolo dopo la sua fondazione, la città è già famosa come centro di scambi. I primi a fare la sua fortuna furono i commercianti Indiani, che vendevano a Mokha manufatti metallici in cambio di Incenso, Mirra e, appunto, caffè.
Gli Europei stavano però arrivando, e dal ‘500 Francesi e Olandesi cominciano a frequentare la città per i loro scambi.
In realtà il primo cronista a lasciarci tracce su Mokha è il frate gesuita Jerónimo Lobo, che nel 1625 viaggia nella zona e ci dice che
“precedentemente di reputazione e commercio limitati, la città di Mokha è diventata la città principale del territorio sotto la dominazione turca”
Come ipotizzavamo quindi nell’episodio precedente non sono quindi gli arabi, ma gli ottomani, le etnie turcomanne a far conoscere il caffè e a svilupparne il commercio.
La conquista e la dominazione ottomana dello Yemen inizio intorno al 1517, almeno in alcune aree e andò avanti fino al 1918 quando fu conquistato dalle forze arabo/inglesi guidate anche dal famoso Lawrence d’Arabia, che ci lascia una descrizione della preparazione del caffè con il cardamomo.
Gli ottomani quindi spingono la produzione di caffè e la sua commercializzazione, e rapidamente la città comincia a veder passare moltissimo caffè, in un commercio che era sopratutto in mano a famiglie Ebree residenti in zona.
Ma quanto caffè si produceva a Mokha? In percentuale, moltissimo, anzi, si può dire che per un secolo circa il 100% del caffè consumato al mondo arrivasse da Mokha.
In percentuale, ma quanto era, in quantità, il caffè prodotto? Alcuni studiosi hanno provato a calcolarlo, ma il compito si rivela molto complesso sopratutto a causa delle unità di misura, che potevano variare moltissimo.
l’unità che gli studiosi prendono come principale riferimento sono le Bale o Farde, che variavano, da tribù a epoca, da 60 a 190kg e che si riferivano a metà di cio che poteva portare un cammello, due farda o bala, una su un fianco del cammello e una sull’altro, come nella foto qui sotto:
A dare cifre, comunque, sembra che il caffè imbarcato a Mokha fosse, nel periodo dal 1650 al 1800 si aggirasse intorno alle 3500/4500 tonnellate annue. Queste cifre sono desunte dallo studio che trovate qui.
Come forse avete capito sono attento a scrivere “imbarcato” e “commercializzato” e non “prodotto” perchè molto caffè arrivava in realtà dalla vicina Etiopia, insomma, Mokha era davvero l’hub del caffè!
E’ un dato che ci fa anche capire quanto fosse risicato e solo per pochi eletti il consumo di caffè in quel periodo: A quell’epoca era tutto il consumo mondiale, ma se calcoliamo il consumo procapite attuale italiano, basterebbe solo per poco più di 600.000 italiani…
Il caffè era comunque sempre guardato a vista, e venduto solo dopo averlo trattato in modo da non poter germinare ancora, in modo da poter mantenere il monopolio del suo commercio, nelle prossime puntate vedremo che non ci riusciranno affatto…
Molto caffè, e anche molto buono, per secoli infatti il caffè i Mokha viene considerato di grande qualità, e il migliore del mondo anche quando si cominciano ad affacciare competitors.
E’ Voltaire a far dire al suo Candido che
«una bevanda preparata con caffè di Moca non mescolato con il cattivo caffè di Batavia (Indonesia) e delle Antille».
e anche quando si fanno le miscele è il mitico Pellegrino Artusi a scrivere
“la miscela ideale dovrebbe “essere composta da 250 g di Porto Rico, 100 di Santo Domingo e 150 di Moka”
Competitor abbiamo detto, che si affacciano sul mercato e cominciano a segnare la sorte della Città di Moka
Il caffè infatti stava diventando una commodity mondiale, le produzioni asiatiche, India, Indonesia e Sri Lanka, così come i nascenti caffè del Sud e centro america erano sempre più presenti sul mercato e con costi più vantaggiosi, ma i problemi per Mokha non arrivavano solo dalla concorrenza sul prodotto, ma anche sul porto stesso.
Gli inglesi avevano infatti conquistato e ingrandito il porto di Aden, sulla costa dello Yemen.
All’interno di questi scontri, nel 1820 gli inglesi bombardarono la città di Mokha, distruggendo le mure e buona parte della città, che era in pessime condizioni nel 1909, quando fu visitata da un viaggiatore tedesco che ha lasciato note “come fosse stata colpita da un terremoto”
ma le disgrazie non finiscono mai, la città fu anche colpita da un’epidemia di vaste proporzioni che fece collassare la popolazione…
No, non finiscono davvero mai, perché, come forse molti di voi sapranno, lo Yemen sta ancora vivendo una lunga e drammatica guerra civile, e una situazione di forte instabilità. Mokha è stata ancora bombardata nel luglio del 2015 e adesso è ridotta ad un borgo sabbioso e desolato di circa 17.000 abitanti. del suo passato glorioso rimangono solo poche, cadenti e desolate merchant house.
Il caffè rimane però ancora centrale nello Yemen, per capirlo basta guardare l’emblema nazionale, dove un’aquila è supportata da uno scudo, e sullo scudo sono riportate Rosse ciliegie, quali, se non quelle del caffè?