Ultimo aggiornamento: 15 Giugno 2017
Non è quando si comincia a sudare, ma al contrario quando si sguazza nel fango e nel freddo dell’inverno, che ad alcuni operatori del settore bar e locali (più o meno esperti) viene in mente di prendere in gestione uno spazio bar o locale di proprietà del comune, e, magari, il bar della piscina comunale.
Queste locazioni vengono di solito assegnate tramite bando comunale e, per scrivere questo post ci siamo messi su internet a leggere un po’ di questi bandi, per vedere come funzionano.
Quando il comune bandisce un concorso, normalmente lo fa con una proposta di gestione di 2/3 anni, anche per agevolare chi vuole pensare il suo impegno e investimento in una logica di più lungo respiro (e anche per non avere ogni anno l’impegno del bando di affidamento). Quando si leggono bandi come questo, viene naturale, si scorre il testo fino a trovare un elemento fondamentale: la richiesta finanziaria.
Per ragionarla, dobbiamo pensare che quello che la cifra che stiamo leggendo è una specie di base d’asta, una cifra che servirà cioè da punto di partenza per chi vorrà rilanciare le offerte, nella speranza di fare la più alta strappando così il diritto alla gestione della piscina ad altri eventuali concorrenti. Diritto e anche onere, perché l’ammontare della cifra con cui rilanciare deve naturalmente essere decisa in base ad una attenta analisi di costi e ricavi, il cosiddetto business plan, documento che, se compilato in maniera attenta e realistica, potrà darci un’idea dei nostri margini e quindi delle cifre per cui possiamo impegnarci nel bando di gestione.
Almeno dai bandi che abbiamo trovato su internet, inerenti l’assegnazione di piscine comunali in diversi parti d’Italia, le richieste non sono basse, in un ordine di cifre che va da 1100 ai 2000€ al mese, non poco per una attività con dinamiche molto legate al clima come queste. A colpirci è stato comunque un bando edito nelle Marche, assegnato tramite una sorta di classifica a punteggio, punteggio legato sì all’offerta economica, ma anche all’esperienza nel settore, alle proposte di gestione innovative e perfino al listino prezzi che sarà applicato al pubblico.
Tutti i bandi chiedono comunque di essere in regola con le varie norme legate a SAB, HACCP e antinfortunistica, chiedono che tutti i dipendenti devono essere regolarmente assunti e che, recitano molti bandi “si debbano praticare prezzi non superiori a quelli degli altri pubblici esercizi” elemento, come è facile intuire, abbastanza generico.
Ma considerando le cifre richieste e una certa limitazione sui prezzi, ne vale la pena?
Parlando di questo tipo di attività è fin troppo scontato dire che ci sono piscine e piscine, e sopratutto c’è clima e clima.
Se una piscina molto frequentata in una bella estate calda gli affari potrebbero andare davvero a gonfissime vele, in una piccola piscina, magari in un contesto più di campagna e in una estate che fa i capricci, trovarsi a pagare 1500€ al mese potrebbe essere davvero un gran problema; peraltro, ancora, c’è da dire che questo tipo di locali può avere picchi di afflusso (week end, pranzo) in cui può essere necessario avere molto personale. Molti operatori cercano di trovare marginalità più interessanti, uscendo anche da una dinamica di prezzi imposti, cercando di sfruttare momenti di consumo che non siano quelli della classica piscina diurna, magari con un ristorante bordo piscina serale o con un momento di aperitivo, sempre che gli orari di apertura della piscina lo permettano. In ultima analisi non possiamo che sottolineare come in questa tipologia di locali ci sono più elementi di incertezza rispetto ad un locale classico.
Ma una volta fatto tutti i conti e vinto il bando, cosa vendere? Chiunque di noi abbia passato qualche piacevole pomeriggio in piscina avrà visto le dinamiche di consumo; bibite, merende e gelati la fanno da padroni. Merende in senso davvero vasto, dal piccolo snack fresco di metà pomeriggio fino ai pranzi per chi trascorre la giornata in piscina. Mentre per quello che riguarda i gelati sono quasi sempre i confezionati, piuttosto che gli sfusi, a farla da protagonista (peccato, perchè sui confezionati abbiamo margini davvero bassi).
Il concetto food di fresco, salutare e piacevole paga davvero in questi casi, per cui insalata di pasta, di riso, bresaola e capresi (e molto di più se abbiamo fantasia e capacità in cucina!) possono essere perfetti.
Cocktail? Si, ma facile da bere, senza mettere l’accento sull’alcool; il Negroni non lo metteremo in menù, anche se sapremo prepararlo su richiesta, mentre il mojito all’anguria che proponiamo qui sotto, e che abbiamo preparato all’ultimo corso di barman full immersion, potrebbe essere perfettissimo!
Frullare l’anguria fino ad avere una purea. Preparare il Mojito come sempre, con lime, zucchero e menta, aggiungere il ghiaccio, poi riempire un terzo di bicchiere con la purea di anguria e riempire con il rum…