Il mondo del caffè sta conoscendo una importante evoluzione, al bar classico si affianca il modello specialty, che per alcuni va a rappresentare l’enoteca di alto livello o il ristorante “fine dining” del caffè. Ma dal punto di vista del portafoglio funziona? Incassa di più un bar normale o uno specialty coffee shop?
Per provare a riassumerlo siamo passati attraverso studi di settore, ricerche di mercato e tante, tantissime variabili.
Certo il problema è definire il concetto di caffetteria specialty (perfino la definizione SCA sembra abbastanza inadatta) ma partendo da qui, andiamo, nel video qui sotto, a capire quale modello incassa di più.
Se Starbucks continua la crescita inarrestabile, almeno in termini di numero di locali e fatturato, le tantissime copie che negli anni hanno cercato di imitarlo non sembrano godere di buonissima salute, alcuni non c’è l’hanno fatta e altri, i più forti, hanno dovuto reinventarsi.
Questo è il tema del nuovo video del nostro canale Youtube, un video incentrato su una parabola, su una fase storica del mondo del caffè.
Dalla diffusione, alla fine degli anni ’90, di Starbucks moltissime idee imprenditoriali hanno cercato di avere successo copiando, a volte in maniera smaccata, banale, il colosso americano.
In realtà non ci sono riusciti; molti sono falliti, molti hanno dovuto reinventarsi, e in ogni caso i numeri sono rimasti molto molto lontano da quelli della catena di Seattle, che nel frattempo, continua a crescere e rinnovarsi.
Tutto questo nel nuovo video, che trovate qua sotto!
Nel periodo dal 23 al 25 giugno ha avuto luogo a Milano Convention Center il World of coffee, la manifestazione che raggruppa i campionati del mondo delle varie specialità legate al caffè; dalla latte art alla tostatura fino addirittura al caffè preparato con l’ibrik, alla turca.
Come sempre succede, questa manifestazione, che originariamente era stata pensata a Varsavia e poi spostata a causa della guerra in Ucraina, è stata un’occasione per legare alle competizioni anche una fiera, un evento commerciale di contorno.
E’ stato proprio seguendo la fiera che abbiamo avuto modo di passare tre intense giornate scoprendo le nuove tendenze del caffè nel 2022, trend che saranno forti nel mondo del caffè del futuro… e se volete cliccate qui per la nostra live, registrata in diretta dalla fiera!
Sempre più belle, stilose, cool! Se fino a qualche anno fa una macchina da caffé espresso da bar (ma anche da casa) era uno scatolone quadrato con qualche lucina, adesso queste macchine sono diventate strepitosamente eleganti.
Il merito di questo cambiamento è in larga parte da attribuirsi al nuovo mondo dei coffee specialty, delle caffetterie artigianali che offrono caffè di varie piantagioni nel mondo, talvolta con punteggi di qualità molto alti.
Le caffetterie che offrono questa proposta spesso legano la loro immagine a un mondo “ruvido” artigianale, e le macchine da caffè espresso si adeguano: metalli bruniti, legno, forme sinuose, colori “matt” display super tecnologici inseriti in macchine che sanno di artigianalità.
A questo si uniscono un paio di aspetti legati alla praticità. Macchine sempre più basse come profilo, in modo da permettere al barista di guardare in faccia, da sopra la macchina, i clienti che gli stanno davanti (e risolviamo così il vecchio problema: macchina sul banco o sul retrobanco?) e macchine più alte sotto, in modo da poter pulire meglio una zona spesso irraggiungibile, sotto la macchina!
Diciamo innanzitutto che dal mondo del caffè di alto livello sono completamente spariti (e non ne sentiamo la mancanza) i macina caffe con dosatore (quelli che usiamo alla nostra scuola) quelli con cui si fa “clic” con la levetta, ormai sostituiti dai doserless, senza dosatore, quelli in cui il macinato viene erogato direttamente nel porta filtro.
Anche in questo campo i nuovi trend arrivano dal mondo specialty, e soprattutto da quelle caffetterie che hanno bisogno di preparare varie monoorigini e miscele, magari macinandole sja da filtro che da espresso, con un unico macinacaffè.
Questi bisogni hanno portato allo sviluppo di macinacaffè il cui range di macinatura, la grandezza del macinato che si può ottenere, sia molto vasto (appunto, sia da filtro che da espresso) e che sia tarati come “no retention” vale a dire con la capacità di non trattenere all’interno caffè già macinato. Questo permette di versare dentro i grammi di caffè richiesti per quella estrazione, macinarli completamente e poi poter inserire un nuovo caffè.
Ultimo aspetto da sottolineare: la ghiera che permette di variare la dimensione del macinato non riporta più numeri casuali, ma una dimensione, espressa in micron!
Latte di soia, ma anche di avena o di mandorla… i latti vegetali, o alternativi, erano considerati una volta solo dei latti punitivi, dei “latti finti” da far bere solo ai poveretti che stavano attenti alla linea o ad alcuni principi etici.
Adesso sono diventati invece molto cool sia come grafica e packaging, sia come composizione e gusto. Molte di questi latti sono pensati appositamente per il barista, con aggiunta di proteine per una migliore montatura e per un gusto sempre più buono. Gnum!
Avete capito bene. Il pressino, il tamper, quello che usiamo per “schiacciare” il caffè nel portafiltro ma con una superficie non in durissimo metallo o plastica, ma in morbidissimo gel, soffice al tocco!
L’azienda produttrice ci dice che questa innovazione permette una superficie di estrazione del caffè sempre perfettamente livellata. Sarà vero? lo testeremo presto!
Sappiamo bene che in questo blog si parla di bar, ma l’avvento delle caffetterie specialty ha portato ad una grande crescita anche delle “microrostery” cioè delle piccolissime torrefazioni, spesso all’interno del bar stesso, con la macchina tostatrice esposta al pubblico.
Questo movimento sta portando le macchine tostatrici ad essere sempre più belle e piccole.
Più piccole, perché in torrefazioni del genere non servono certo macchine da 60 o 120 chili di tostata massima, semmai macchine da 5, 2 o perfino un solo chilo.
Più belle: e più accattivanti, con colori e materiali che richiamano quelli delle più moderne macchine da espresso, probabilmente per due motivi. La macchina viene vista dal pubblico, dai clienti del bar, e chi vuole tostarsi il caffè, ed è disposto a spendere cifre importanti per una tostatrice (spesso sopra il 15.000€) vuole anche guidare una bella macchina!
Il caffè Kopi Luwak, fin dagli anni ‘90 e, come vedremo qui sotto per colpa o merito di un film, è assurto alla fama di caffè straordinario. Il più costoso del mondo, quindi il più buono? (questa relazione ci sembra sempre molto naturale) di sicuro il più eccentrico nel suo processo di produzione.
Come dicevamo, la fama di questo caffè deriva essenzialmente da un film, che si intitola “The bucket list” e che fu tradotto in Italiano come “Non è mai troppo tardi” un film del 2007 in cui Jack Nicholson interpreta un miliardario, Edward, malato terminale di tumore. Edward in ospedale ha un compagno di stanza, Carter (Morgan Freeman), e i due elaborano una lista di cose da fare prima di morire, la “bucket list” appunto.
Nella lista appare anche la voce “Assaggiare l’aroma unico del caffè Kopi Luwak”. Il bello è che Edward, pur essendo un raffinato connoisseur, non sa come viene fatto questo caffè, è quando è Carter ha spiegarglielo
“Il Kopi Luwak è il caffè più costoso del mondo, anche se per alcuni rientra nella categoria “troppo bello per essere vero”. In un villaggio di Sumatra, in Indonesia, dove viene coltivato il caffè, vive una razza di gatto selvatico. Questi gatti mangiano i chicchi, li digeriscono e poi… li defecano!”.
I due ridono talmente tanto da poter spuntare dalla loro lista un’altra voce “Ridere fino alle lacrime”. Qui sotto trovate la scena tratta dal film:
Ma il kopi luwak viene fatto proprio così? Per questo è così buono? E’ davvero buono?
La “produzione” del caffè Kopi Luwak è davvero quella descritta nel film. Una volta che le ciliegie, le drupe di caffè sono mature e vengono raccolte, queste vengono fatte mangiare a un animale, il luwak (o musang il lingua locale) che, essendo prevalentemente frugifero (si ciba di frutta) le ingerisce e le defeca parzialmente digerite. Tanto per togliere ogni equivoco, questo animale del kopi luwak non è né un topo ne un gatto, diciamo che è quella specie di lungo roditore che vedete nella foto all’inizio del post…
Per giustificare l’affermazione che questo processo rende questo caffè straordinario, chi cerca un approccio scientifico dice che il passaggio nel tubo digerente dell’animale riduce lo spessore dell’endocarpo, quindi del chicco, in un processo noto come scarificazione, da qui deriverebbe la meravigliosa qualità.
Ma questa meravigliosa qualità c’è veramente? Come saprà chi ci legge, nel nostro gruppo ci sono diversi specialisti e assaggiatori qualificati di caffè, e non abbiamo potuto mancare, diverse volte, di assaggiare questo caffè.
Testandolo con protocolli SCAA, lo abbiamo trovato a volte buono a volte cattivo, mai straordinario (mai 80+, per chi sa di cosa stiamo parlando) e molto variabile anche nel profilo organolettico. C’è da dedurre che non sia il processo offerto dall’animale a variare il gusto, se non in piccolissima parte, ma che il fattore determinante sia ancora la qualità del caffè stesso, del chicco che l’animale si mangia; se il chicco è buono il kopi luwak sarà buono, altrimenti cattivo.
Peraltro, se nel 2007 messaggi promozionali un po da “baraccone” come questo potevano anche funzionare, dall’epoca di uscita del film è esploso il fenomeno dei coffee specialty, i caffè davvero di alto livello, da più di 80 punti (e a volte 90) fenomeno che ha cambiato perfino l’approccio culturale a questa bevanda, regalando caffè incomparabilmente migliori del kopi luwak, peccato non ci abbiano fatto un film…
Su Amazon troviamo questo caffè con prezzi da 30 a 60€ in pacchetti da 100 grammi già tostati, un prezzo folle, quindi di 300/600€ per chilo! Se consideriamo di servire un espresso con questi prezzi, e pensiamo di usarne 10 grammi per tazzina (visto che un po’ dovremo usarlo per gestire la macinatura) arriveremo ad un costo di 3/6€ a tazzina per noi, e un prezzo di vendita al pubblico, con i consueti ricarichi, di 10/19€ a tazzina!
Se cerchiamo questo caffè verde sui siti di importatori internazionali va poco meglio. Questo caffè, ancora verde e non tostato, viene venduto a prezzi che si aggirano comunque sui 140/ 200€ al chilo, e ricordiamoci che tostandolo avremo un calo peso, e quindi una perdita secca, dal 12 al 18%..
Quindi, considerando la qualità “ballerina” e il prezzo astronomico, vale la pena proporre questo caffè nel proprio bar? Ha senso metterlo in menù?
Beh, anche se fino ad ora ne abbiamo parlato male non si può negare che presso i meno esperti questo caffè, e soprattutto il suo storytelling hanno un forte appeal. Elementi come il racconto di come questo caffè viene prodotto, il gusto celestiale che ha (o almeno che dovrebbe avere) e nobilitare il tutto con un prezzo spaziale sono elementi che intrigano molto il cliente, che, almeno una volta nella vita, si concederà questa esperienza, non fosse altro per raccontarlo agli amici alla prossima cena!
Come Abbiamo detto prima, di caffè tecnicamente e fattivamente più buoni del Kopi Luwak ce ne sono molti, ma pochi possono vantare una narrazione come questa…
Se questo è un pro, un elemento a favore del vendere il caffè kopi luwak nel proprio bar, c’è anche un importante minus, un elemento a sfavore.
Soprattutto se vogliamo prepararlo in espresso (ma anche in brewing, a fine post ne parliamo), lavorarlo bene sarà un bagno di sangue. Di questo caffè dai costi altissimi ne faremo inevitabilmente pochi, e anche se ne abbiamo comprato un pacchetto piccolo, il caffè tenderà a diventare vecchio, ossidare e perdere Co2, elemento, quest’ultimo, che renderà l’estrazione piatta e senza crema. Certo, potremmo conservarlo in congelatore (in porzioni individuali) oppure sotto azoto, ma non so quanti baristi usano queste sofisticate attenzioni ai loro caffè.
Dovremo poi, ogni volta, trovare la giusta macinatura, e sprecare questo caffè per individuare la granulometria adeguata ci farà davvero male al cuore (e al portafogli)…
Ah, ci sarà poi un ultimo elemento negativo, ma ne parliamo qui sotto.
Se vogliamo proporre questo caffè nel nostro bar prepariamoci poi a subire critiche da parte delle persone che hanno a cuore il destino e la cura degli animali, che in questo caso non hanno torto. Se è vero che questi animali, in natura, mangiano le ciliegie del caffè, quindi per produrlo non facciamo altro che dare loro quello che gli piace, c’è da dire che in natura questi animali NON MANGIANO SOLO CAFFE’, anzi, mangiano soprattutto mango, avocado e altri frutti; il caffè, che contiene caffeina anche nella sua polpa, rappresenta in realtà solo una piccola parte della loro dieta.
Per facilitare raccolta e produzione poi, questi animali non vengono certo lasciati liberi nella giungla, ma sono rinchiusi in gabbiette ammassate e affogati di caffè. Non il massimo, anche se noi non facciamo certo di meglio con i nostri polli in batteria!
In alcuni casi questo caffè viene venduto come “selvatico” il che dovrebbe voler dire che gli animali sono lasciati liberi nella giungla e i loro escrementi semplicemente raccolti, ma i dubbi al riguardo sono molti…
Un video fra i tanti che trovate su You tube al riguardo racconta abbastanza bene questa situazione.
Se, dopo queste considerazioni decidiamo comunque di proporre il caffè kopi luwak nel nostro bar come possiamo prepararlo?
innanzitutto una curiosità: nel film questo famoso caffè viene preparato con un syphon, un metodo di estrazione molto scenografico e molto usato in oriente. Se volete prepararlo così, qui sotto trovate un video che vi racconta tutto su questa estrazione.
Altri metodi di estrazione in filtro, o in brewing, potrebbero essere i meno complessi e costosi V60 o french press. Non dimentichiamoci che in questo caso avremo bisogno di un caffè tostato chiaro, per andare a esaltare gli aromi del caffè stesso. Il caffè andrà inoltre macinato più grosso rispetto all’espresso o moka, e se possibile macinato appena prima di essere preparato.
In Italia la preparazione con l’espresso avrà sempre grande appeal, ma non dimenticatevi dei problemi di macinatura e gestione del caffè di cui parlavamo sopra. Per prepararlo in espresso avremo bisogno di una tostatura più scura (ma non troppo scura per favore, non distruggetelo!) e di una macinatura più fine, da espresso appunto!
The post Kopi Luwak: il Caffè più Costoso del Mondo? first appeared on Aprire Un Bar.]]>Questo post è dedicato a come si apre una torrefazione, però, prima di cominciare a vedere i vari passi è necessario chiarirci: cosa si vuole avviare, esattamente, quando si chiede come aprire una torrefazione?
Il termine “torrefazione” in effetti ha creato nel tempo un po’ di confusione, tanto che chi dice “voglio aprire una torrefazione” può in realtà riferirsi a modelli di business molto diversi; ad esempio:
Vocabolario alla mano, probabilmente la seconda definizione è la più corretta e la prima la più sbagliata. La terza invece è quella da ragionare meglio, anche perché è quella che si è trasformata, anche come percezione, nei decenni.
Fino agli anni ‘70/80 era abbastanza normale trovare bar con una piccola macchina che tostava il caffè. In questi locali, in cui a volte la preparazione dell’espresso era secondaria rispetto alla vendita del sacchetto di tostato, la signora prendeva il caffè per casa facendoselo macinare sul momento, e diffondendo così un aroma delizioso che forse i più grandi (o vecchietti) di noi ricordano…
Questo modello di locale con gli anni è man mano scomparso, anche per la maggiore rilevanza data ad aspetti legati alla sicurezza sul lavoro e al rischio di incendi.
Negli ultimi anni, però, questo concept è tornato prepotentemente di moda; non si chiama più torrefazione, ma è anglofilizzato. Per esempio “specialty coffee shop” Third way coffee shop” o Artisanal coffee shop”.
Gli appassionati di caffè come noi sanno bene a cosa ci stiamo riferendo: a quel modello di locale in cui non si offre una semplice dose di caffeina, ma un’esperienza vera e propria, con chicchi che provengono da fattorie e piantagioni sempre diverse, diverse perchè seguono il naturale ritmo dei raccolti nei vari continenti. Beh, questi caffè di altissimo livello vengono spessi tostati, se le condizioni strutturali lo permettono, all’interno del locale, in piccole macchine tostatrici collegati a computer in grado di registrare le curve di calore delle varie tostate. Questi caffè vengono poi si proposti al banco ma anche venduti per il consumo casalingo, come si faceva una volta. L’antico modello, insomma, torna, ma più cool!
Bene, una volta chiarito che parleremo di questo modello andiamo avanti, e vediamo come aprire una torrefazione passo per passo.
Lo faremo seguendo un preciso indice:
Se la nostra idea è quella di aprire un bar con una specializzazione in caffè, i passaggi non saranno diversi da quelli per aprire un normale bar, e potete trovarli qui ben riassunti.
Se invece vogliamo installare una macchina e un impianto per la tostatura del caffè, avremo alcune problematiche in più da considerare. Vediamole.
Sempre partendo dall’idea che quello che vogliamo aprire sarà un locale caffetteria con un’area dove tostare il caffè, i costi da calcolare per ristrutturazione, arredamento e attrezzature saranno da dividere in due aree: quella di caffetteria e quella di tostatura vera e propria
Come i nostri lettori sanno bene, un locale che viene collocato in un fondo vuoto avrà costi di allestimento medi di 800/1000€ al metro quadrato, considerando in questa cifra una rapida ristrutturazione, una imbiancata, l’arredamento e le attrezzature di base.
Parlando di una caffetteria-torrefazione artigianale possiamo però fare alcune considerazioni: le prime due ci faranno risparmiare, la terza ci farà spendere.
1) Arredamento “cheap and chic”. Nel mondo delle caffetterie specialty la tendenza è quella di arredare il locale con pezzi di seconda mano trovati nei mercatini o nei negozietti di Bric-à-brac. In questo modo i costi scendono di parecchio, soprattutto se si ha volontà e pazienza di cercarli e metterli insieme.
Volontà, pazienza e gusto, perchè arredare con pezzi di seconda mano vorrà dire accostare pezzi diversi e cercare soluzioni mai banali; fatevi abbonamenti a riviste di arredamento e di design!
2) Vetrine e banchi frigo piccoli. In questi locali il caffè è davvero il core. Per questo non dedicheremo molto spazio a enormi vetrine per la pasticceria e grandi frighi per le bibite; serviranno, ma più piccoli, con tanto di guadagnato per il portafoglio e per lo spazio di cui necessitiamo.
3) Macchina da caffè stellare! Per locali come questi la macchina da caffè espresso dovrà avere caratteristiche di livello: stabilità termica elevata, caldaiette separate per ogni gruppo, ampia possibilità di gestione di pressione e temperatura da parte del barista… Uguale macchina costosa. E visto che il caffè ce lo tosteremo da soli, nessuna torrefazione ci darà una macchina in comodato…
Anche in quest’area una parte del budget dovrà essere dedicata alla ristrutturazione degli spazi. In questo caso i costi a metro quadro potrebbero essere un po’ più alti di quelli dell’area caffetteria, a causa dei presidi antincendio e delle normativa per tostatura caffè che dovremo rispettare. Fra queste attacchi gas a norma, impianti di aspirazione e canne fumarie ad hoc.
Ci sarà poi il capitolo delle attrezzature. Saranno molto diverse a seconda di quanto caffè abbiamo intenzione di tostare, e diversissimi saranno i costi. Tanto per spiegarci facciamo due esempi.
Caso 1. Piccolo caffetteria che vuole tostare il caffè soltanto per il suo consumo al banco, senza particolare rivendita di caffè in pacchetto. In un locale di questo tipo potrebbe bastare una macchina da 500gr/1kg di tostata per volta (sul mercato si trovano dalle 5 alle 12.000 Euro). Non serviranno inoltre particolari impianti di degassaggio (si confeziona subito) ne di impacchettamento.
Caso 2. Caffetteria importante, magari con altri due punti vendita in altre aree della città e con un sito di vendita online. in questo caso servirà una macchina più grande (sui 5/10 kg di capienza per tostata) con costi dai 25.000 in su. Potrebbero inoltre essere necessari silos di degasamento e piccole linee di impacchettamento.
Potrebbero Inoltre essere utili altri strumenti che ci permetterebbero di selezionare meglio i caffè verdi e di avere un controllo più evoluto sulle fasi della tostatura.
Fra questi:
Abbiamo visto che questo progetto comporta importanti investimenti e molto tempo, sia per far partire l’attività sia per far crescere le proprie abilità di tostatore. Ma ha senso? C’è mercato per questo tipo di locali?
Di questo avevamo già parlato in questo post in cui parlavamo di come aprire una caffetteria specialty. Possiamo riassumere come:
Volete aprire una torrefazione? Contattateci a [email protected] il nostro gruppo di trainer e consulenti vi supporterà, come facciamo da anni in Italia e all’estero.
The post Come Aprire una Torrefazione e tostare caffè specialty first appeared on Aprire Un Bar.]]>Anche se da Italiani non ci manca la capacità di interpretare, siamo più o meno tutti d’accordo su come si fa il caffè espresso e il cappuccino. Meno d’accordo siamo su come si fa il caffè macchiato, e sulla differenza tra caffè latte e latte macchiato. E’ il momento di fare chiarezza.
La differenza caffè macchiato vs latte macchiato è facile da interpretare e da capire come origine. Nel caso di un caffè macchiato, abbiamo un espresso che il cliente preferisce “ammorbidire” con un po’ di latte pur mantenendone la “riconoscibilità”. Nel caso del latte macchiato abbiamo invece il contrario: un bicchiere di latte leggermente “irrobustito” per un cliente che vuol dare un gusto più “macho” al suo latte.
Ma ora andiamo all’argomento del nostro post, e occupiamoci di come si prepara il caffè macchiato. Come primo passo dovremo preparare il caffè espresso in maniera corretta.
Adesso, nel percorso sul come fare un caffè macchiato, è il momento di occuparsi della montatura del latte per espresso macchiato.
Questa non è diversa da quella del cappuccino, e siccome spiegarla vuol dire fare una bella immersione nella chimica (a che temperatura gli zuccheri sono più dolci? Come reagiscono le proteine per una montatura perfetta? Il latte senza grassi monta?) la cosa migliore è tornare a leggere il super post su come montare il latte per il cappuccino che trovate qui e che ci sarà utile anche per capire come montare il latte per il latte macchiato e le altre preparazioni di caffetteria.
Attenzione adesso, è il momento di due utili trucchi da barista!
Differenza importante: in quel post sulla montatura del latte vedremo che il latte può essere montato (sarebbe più giusto dire “cotto”) una sola volta, quindi sarebbe opportuno usarne poco per volta; ma come si fa a montare pochissimo latte come per l’espresso macchiato?
Beh, montarne poche gocce è veramente molto difficile, ma una lattiera molto piccola (per avere comunque una buona profondità, diciamo una lattiera da 35 o 25cl) un latte molto freddo (per avere qualche secondo in più a disposizione) e una macchina con cui possiamo regolare il vapore (quelle a manopola per esempio) e una buona tecnica aiutano senz’altro.
Siamo al momento di assemblare la preparazione. Per capire come fare un caffe macchiato come al bar, e persino meglio, cerchiamo di usare una tecnica di versaggio da Latte art. Come sa bene chi sa fare queste decorazioni sui cappuccini (e se non lo sa fare può partecipare ai nostri corsi!) se si versa il latte nell’espresso dall’alto il latte affonda sotto la superficie e non si vede, se si versa invece tenendo il beccuccio della lattiera molto vicino al caffè, la crema di latte si “appoggerà” alla superficie formando la “macchia bianca che tanto piacerà al nostro cliente…
Quindi, per preparare correttamente l’espresso macchiato incliniamo la tazzina, usiamo una lattiera con il beccuccio e avviciniamo più possibile la punta del beccuccio alla superficie dell’espresso. E niente scucchiaiate di crema spatolate sull’espresso please!
Quanto latte nel espresso macchiato? Curiosamente, dipende da dove siamo. Nel Sud e Centro Italia la tendenza è a mettere appena un goccio di crema di latte, solo una macchia, appunto. Nel Nord Italia invece si serve una tazzina da espresso riempita, una specie di mezzo cappuccino. In quest’ultimo caso è possibile anche realizzare della vera e propria latte art in tazza piccola, come Vedete nei primi venti secondi del video qui sotto….
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Quanto guadagna un bar su un cappuccino?
La caffetteria Italiana, possiamo dire, è fatta essenzialmente di espresso e cappuccino, ma sopratutto i clienti delle caffetterie hanno creato (spesso per la disperazione dei baristi) un’infinito numero di varianti di queste ricette di base, varianti che con il tempo si sono standardizzate e hanno arricchito i menù dei bar in giro per la penisola.
I prezzi di queste preparazioni e delle varianti, sono stati più o meno fissati nel tempo da convenzioni, confronto con la concorrenza (vedevamo quanto pesa la concorrenza in Italia in questo post) metodi di comunicazione e da una più o meno vaga percezione del prezzo della materia prima e del lavoro da parte del gestore. Ma qual’è il vero margine di guadagno su queste preparazioni? Quanto si guadagna davvero su un cappuccino?
Attenzione, dire quanto è il guadagno netto, quello che ci mettiamo in tasca vendendo un caffè, è praticamente impossibile. Per arrivarci dovremmo calcolare anche il food cost degli altri prodotti, l’affitto, il costo del personale, la tassazione, le utenze e molti altri parametri, creando un vero e proprio business plan per bar, cosa che possiamo fare partendo da questo post (che offre esempi in PDF) o facendolo insieme, nei nostri corsi di apertura e gestione bar e ristoranti.
No, in questo post vedremo il margine lordo, quello che, in questa simulazione, si ottiene sottraendo soltanto il costo della materia prima (latte, caffè, zucchero e eventuali altri ingredienti) al prezzo di vendita (decurtato dell’IVA del 10%, quella sulla somministrazione).
Il margine di guadagno medio di un espresso per un bar è di 78,5 centesimi
Qual’ è il prezzo medio di un espresso al bar? A questo tema avevamo già dedicato un ampio post (che trovate qui) dove vedevamo che, nelle varie città Italiane, e nel 2017, il costo di un espresso variava da 1,08€ fino a 86 centesimi, a Roma e Palermo. Per la nostra analisi prenderemo quindi un prezzo medio per un espresso di 1€.
Il prezzo medio di un cappuccino invece si aggira, sempre secondo le ultime rilevazioni 2017, da 1,40€ a 1,03 (sempre Roma la città più economica) per la nostra valutazione partiremo quindi da una media per un cappuccino di 1 Euro e 20 centesimi.
E’ da sottolineare che il cappuccino di soja ha spesso, al bar, un prezzo più alto e a volte non di poco, con una media di 1€40/1€ 50
Per le altre preparazioni da bar non esistono medie statistiche rilevate dagli istituti, ma viaggiando vediamo come…
Per il bar il costo di un mocaccino è intorno a di poco meno di un’Euro.
Per calcolare il margine di guadagno lordo di queste preparazioni dovremo però cominciare dall’ingrediente che le accomuna: il caffè. Partiremo anche da un’altro assunto: una dose di caffè macinato per ogni estrazione, di sette grammi.
Come i baristi sanno bene, il costo di un chilo di caffè da bar può variare moltissimo (e purtroppo non sempre in relazione alla qualità); si va da caffè proposti da torrefazioni a 23€ al chilo e più fino a caffè da discount, che possono arrivare perfino a tre € al chilo! E’ chiaro che il margine di guadagno su un’espresso può variare moltissimo; lo stesso espresso potrebbe costare al barista da 16 centesimi di Euro a tazza fino a 2 centesimi! Nella nostra analisi ipotizzeremo un prezzo medio di 15€ al chilo, prezzo senz’IVA
Due parole anche sul prezzo del latte. I prezzi in commercio variano da 0,70 centesimi al litro per un latte a lunga conservazione fino a 1.40 per un latte fresco alta qualità. Stiamo parlando di un range di prezzi medi, sicuramente possono esserci picchi più alti e più bassi. Nella nostra simulazione partiremo da un latte a 1€ e 10 cent, prezzo che, sottraendo l’IVA al 22% scende a 87 centesimi.
Ecco quindi, costi di ogni preparazione e relativi margini.
CAFFE ESPRESSO
Costo: caffè: 10,5 centesimi di Euro (15.00€ al chilo per 7 grammi) zucchero 1 centesimo (lo abbiamo visto in questo post dedicato allo zucchero al bar). TOT 11,5 cent.
Margine lordo: venduto ad 1€ diventa 90 cent senza IVA. Il margine lordo è quindi di 78,5 cent di Euro.
CAPPUCCINO
Costo: caffè: 10,5 centesimi di Euro, zucchero 1 centesimo, latte (14cl circa considerando un leggero spreco) 12 cent: TOT 23,5 cent.
Margine lordo: venduto ad 1€ 20 diventa 1,08 cent senza IVA. Il margine lordo è quindi di 84,5 cent di Euro. C’è da dire che il tempo di preparazione di un cappuccino è assai più lungo di quello di un espresso (a meno che non si preparino diversi cappuccini insieme) e che il rischio di un elevato spreco di latte è alto se non si ha una buona tecnica e attrezzature inadeguate.
CAPPUCCINO DI SOJA
Costo: caffè: 10,5 centesimi di Euro, zucchero 1 centesimo, latte (14cl circa con un costo medio del latte di soja senza IVA a 1€ ) 14 cent: TOT 25,5 cent.
Margine lordo: venduto a 1,40 diventa 1,26 senza IVA, con un margine di 1 Euro e 0,5 cents. Il latte di soja può invecchiare in frigo, se non c’è richiesta…
LATTE MACCHIATO
Costi: caffè: 10,5 centesimi di Euro (mi raccomando, prepariamolo bene con un vero espresso!) , zucchero 1 centesimo, latte (18cl con un leggero spreco e un bicchiere highball ) 16 cent: TOT 27,5 cent.
Margini: venduto ad 1€ 30 diventa 1,17 cent senza IVA. Il margine lordo è quindi di 89,5 cent di Euro. Anche qui c’è da considerare un possibile spreco di latte.
SHAKERATO
Costi: caffè: facciamolo bene almeno con un espresso doppio (sì!!) e calcoliamo quindi 21 centesimi di €. Zucchero 2 cent di zucchero liquido preparato da noi. Tot 23 cent.
Margini: venduto a 1,50 diventa senza IVA a 1.35. Offre quindi un margine di 1,12€. Non stiamo qui calcolando il ghiaccio necessario, che viene conteggiato nella valutazione delle utenze.
MOCACCINO & CO
Costi: caffè: 10,5 cent. Sciroppi e panna sono difficili da valutare, con una media che abbiamo ricavato dai costi delle bottiglie su Amazon e con un po’ di prove siamo arrivati a 8 centesimi circa. Il totale è quindi di 18,5 cent.
Ringraziamo per le interessanti valutazioni che ci hanno permesso di preparare al meglio questo post anche il signor Paolo Milani di Drupa Caffè.
Margini: venduto a 1,30 diventa senza IVA a 1.17. Offre quindi un margine di 98,5 cent.
Tutti i metodi di estrazione del caffè, al Caffe dei Cavalieri di Pisa!
Non è la prima volta che su questo blog parliamo di coffee specialty, di third wave, di caffetterie di alto livello.
Non è la prima volta, ma se di questo approccio al caffè molto evoluto, che mette il chicco di caffè, la sua origine e il suo territorio (e non il nome del torefattore!) al centro dell’attenzione, si è parlato molto, molto più difficile è trovare bar in grado di crescere proponendo solo caffè di alto livello.
Difficile finchè non si incontra Matteo, del Caffe dei Cavalieri di Pisa. Matteo non ha solo un presente di qualità, ha anche un background di quelli che fanno Curriculum, avendo lavorato a Londra, dove ha diretto locali importanti (anche come dimensioni) e dove ha conosciuto Jessica.
I nostri due eroi, ad un certo punto, hanno deciso di tornare nella città di Matteo, bella città universitaria e viva, per portarvi e farvi crescere il loro sogno: una caffetteria davvero di alto livello, ma con un immagine, un appeal e una serenità davvero alla portata di tutti…
Ma perché chiacchierare noi? Andiamo a vedere la loro video intervista!
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Una macchina da caffè a leva. E’ questa la macchina migliore per un bar?
E’ una scelta quasi obbligata per i bar dalla Campania in giù, una scelta di fascino per molti altri locali ad ogni latitudine e perfino all’estero; per molti è un must invidiato, ma senza la convinzione di portarla davvero avanti… Ma per noi e per il nostro bar? Meglio la macchina a leva, quella in cui il barista spinge un “manico verso il basso, come “schiacciandolo” sul caffè, o meglio la macchina normale, quella che siamo abituati a vedere nei bar, che tecnicamente è una semiautomatica (quando deve essere il barista a interrompere l’estrazione pigiando un tasto) o una automatica con contatore volumetrico (in cui l’erogazione si interrompe automaticamente, dopo aver erogato una certa quantità d’acqua..).
Il tema è dibattutissimo anche sui forum di baristi, italiani e esteri, pronti a giurare sule qualità di estrazione di una tecnologia o dell’altra; nel nostro piccolo abbiamo cercato, senza prendere una posizione ideologica, di provare ad elencare, dal punto di vista tecnico e da quello della “lavorabilità” ai ritmi del bar, i pro e i contro delle due macchine.
La cosa migliore però, in questi casi, è comparare, e alla fine vi racconteremo anche di un piccolo test che abbiamo organizzato.
Una classica macchina automatica o ad erogazione continua.
La differenza nel profilo della pressione in estrazione per una macchina a leva o ad erogazione continua. Dal manuale Barista skill professional di Alessandro Galtieri.
Vediamo bene questo aspetto nel video qui sotto, che, anche se in inglese e con un approccio un po’ bizzarro, ci mostra la routine di estrazione di una macchina a leva.
Sì, sugli aspetti tecnici e scenografici abbiamo detto anche troppo, ma il gusto? Quale caffè è più buono?
Anche una persona poco addentro al mondo del caffè potrà capire quanto sia complicato rispondere ad una simile domanda. Prima di tutto bisogna capire cos’è “buono” per ognuno di noi, poi bisogna valutare tutti i fattori che possono influenzare il risultato al di là del tipo di macchina: dal caffè, all’acqua e alla sua temperatura, la pressione eccetera.
In ogni caso abbiamo provato a fare un piccolo test, poco più di un gioco, usando gli allievi di un nostro recente corso di caffetteria base. Ai nove ragazzi abbiamo chiesto di assaggiare alla cieca due espressi, uno preparato a leva e uno no.
Un test di assaggio professionale del caffè espresso?
Per la cronaca gli espressi a leva sono stati preparati su una macchina Microcasa di Elektra, mentre quelli su macchina “normale” su una Unico Splendor; anche quest’ultima una macchina ad un gruppo per avere due macchine con caratteristiche simili. La temperatura dell’acqua, anche se difficilmente controllabile, doveva essere sui 94°, la miscela una 70/30 di Mokaflor.
Alla fine il risultato di sostanziale parità. Quattro ragazzi su nove hanno percepito una differenza e attribuito il giusto espresso alla macchina giusta, per tre di questi il caffè era più corposo e per uno più amaro. Quattro hanno scambiato le tazze, dicendo che era fatto a leva quello preparato invece in automatico; di loro tre hanno detto che era più cremoso, uno che era più amaro (!) Una, infine, non si è, simpaticamente, espressa; ha detto che davvero non sentiva differenza!
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Qual’è il costo del caffè al bar?
I prezzo del caffè espresso al bar, come il quotidiano di una volta, rappresenta per molti italiani il vero benchmark, il riferimento del costo della vita. Ogni aumento, sia pur di pochi centesimi, e probabilmente influente per non più di pochi Euro sul nostro bilancio mensile, è vissuto da molti clienti come un insopportabile affronto, che può portare il cliente perfino a cambiare bar.
E’ un atteggiamento bizzarro questo, che rende l’Italia una delle nazioni più impenetrabili ai caffè di alta qualità, i cosiddetti coffee specialty (potete scoprire cosa sono in questa pagine). Diciamo che se gli Italiani non hanno difficoltà a capire che una bottiglia di vino può costare tanto o poco a seconda della sua qualità, attribuiscono invece il prezzo del caffè al bar unicamente all’onestà del barista, e non certo alla qualità del caffè stesso (che nella maggior parte dei casi è bassa…).
A portarci oggi a parlare di questi argomenti è una ricerca dell’ufficio Studi di FIPE (Federazione italiana pubblici esercizi) di Confcommercio, che ha comparato il prezzo della tazzina in varie città italiane.
In questa analisi vediamo come il prezzo della tazzina vada da un massimo di 1,08 euro a Bologna a un minimo di 0,75 euro a Bari. Fra le altre città troviamo Torino (1,04 euro a tazzina), Venezia (1,02 euro), Firenze (1,01 euro), Genova (un euro netto). E poi, Milano (0,99 euro di media come prezzo finale, abbastanza curioso per una città del nord), Palermo (0,92), Roma e Napoli (con 0,86 euro).
Il prezzo della tazzina di caffè espresso in Italia – grafico
L’analisi si spinge fino a valutare i momenti di consumo del caffè espresso al bar. La grande maggioranza delle consumazioni, come prevedibile, avviene durante la colazione con il 49,3% delle consumazioni. da aggiungere che il 19% degli italiani infatti a colazione beve solo un espresso». Il caffè è poi protagonista dei momenti di pausa, con il 37% delle consumazioni.
Quanto costa un caffè al barista?
E’ una domanda a cui abbiamo risposto in maniera strutturata in questo post molto completo (lo trovate in questa pagina) Per riassumere diamo questi dati:
E il resto è guadagno? Magari! C’è IVA, affitto, elettricità, mano d’opera e…
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