regolamenti per apertura bar | Aprire Un Bar https://aprireunbar.com Come aprire un bar o un locale: informazioni, suggerimenti e segreti per diventare un gestore di successo! Tue, 31 Mar 2020 14:00:09 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.0.9 Come Servire Zucchero, Acqua e Olio nel Bar https://aprireunbar.com/2017/03/09/come-servire-zucchero-acqua-e-olio-nel-proprio-bar/ https://aprireunbar.com/2017/03/09/come-servire-zucchero-acqua-e-olio-nel-proprio-bar/#respond Thu, 09 Mar 2017 06:59:13 +0000 http://aprireunbar.com/?p=11805 Al bar zuccheriere o bustine di zucchero? Si può servire acqua del rubinetto? Come devono essere le oliere? Scopriamolo in questo post.   Gli ultimi […]

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Al bar zuccheriere o bustine di zucchero? Si può servire acqua del rubinetto? Come devono essere le oliere? Scopriamolo in questo post.

 

Come servire lo zucchero al bar? In zollette come da Starbucks?

Come servire lo zucchero al bar? In zollette come da Starbucks?

Gli ultimi vent’anni hanno visto cambiare, al bar o al ristorante, il modo di servizio e presentazione di diversi prodotti, sia per nuove e più stringenti normative, sia per una attenzione di gestori e clienti più focalizzata su igiene e pulizia.

Questo mix di regolamenti e percezioni ha dato luogo, in alcuni casi, ad un po’ di confusione sul come si debbano servire, gestire e presentare prodotti di comunissimo uso, come zucchero, acqua e olio d’oliva per condire. Vediamoli prodotto per prodotto.

COME SERVIRE LO ZUCCHERO E LE ZUCCHERIERE AL BAR

La vecchia zuccheriera aperta...

La vecchia zuccheriera aperta…

Un decreto del 2004, in attuazione di una norma europea del 2001, ha decretato la messa al bando delle zuccheriere aperte, quelle, ricorderanno i nostri lettori non giovanissimi, in cui ci si serviva con un lungo cucchiaio. Queste zuccheriere “aperte” sembrano peraltro ancora tollerate in molti locali, come vedevamo in questo post. È da notare che in realtà nessuna norma impone di usare lo zucchero in bustina monodose, presente nel 90% dei bar e generalmente più costoso dello zucchero sfuso. E’ curioso peraltro vedere come gli Ecommerce di internet sono ancora pieni di zuccheriere aperte in vendita…

In realtà ormai la stragrande maggioranza del mercato lavora con le bustine di zucchero, anche personalizzate. A questo tema abbiamo dedicato un completo post/reportage che trovate in questa pagina.

SI PUÒ’ SERVIRE L’ACQUA DEL RUBINETTO AL BAR?

E’ un tema sempre stringente, sono ancora molti i bar che, poco gentilmente, fanno resistenza a servire un prodotto che, è evidente, non possono far pagare… Per parlarne chiariamo due punti:

  • È possibile servire acqua “trattata” o “naturalizzata” vale a dire l’acqua del rubinetto trattata e raffreddata che viene “spinata” dal cameriere, purché sia specificato sul menù, come vedevamo in questo post di tempo fa. Come sistema non è niente di strano, di fatto le macchine da cui viene “spinata” altre non sono che un mix fra un raffreddatore (e, se richiesto, un gassatore come le spine della Coca) e un sistema di addolcitore d’acqua e filtro come quello delle macchine da caffè espresso.
  • Non è possibile rifiutarsi di servire acqua del rubinetto se questa viene richiesta del cliente, magari adducendo (è capitato di sentirlo) la scusa che non è potabile; se così fosse dovremmo chiudere il locale, visto che l’acqua potabile è un requisito igienico essenziale.

In caso il cliente ordini acqua minerale in bottiglia, comunque, questa dovrebbe essere servita in bottiglia sigillata, e aperta di fronte al cliente.

… e attenti, l’acqua al bar porta a situazioni come quella del film di qualche anno fa…

 

SERVIRE OLIO E LE OLIERE AL BAR

Dal 2006 c’è l’obbligo, anche questo ampiamente disatteso, di servire l’olio d’oliva esclusivamente in contenitori etichettati, che ne indichino l’origine.
Interessante sapere che questo divieto non sussiste per l’olio d’oliva usato in cucina ne per olii diversi da quello d’oliva posti a disposizione dei clienti; in pratica ‘etichettatura serve solo per stabilire se si serve olio italiano o no.

Etichette per l'olio di oliva, non proprio italiano...

Etichette per l’olio di oliva, non proprio italiano…

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Quanti Posti a Sedere Possiamo Mettere in un Bar o Ristorante https://aprireunbar.com/2016/12/01/quanti-posti-a-sedere-possiamo-mettere-in-un-bar-o-ristorante/ https://aprireunbar.com/2016/12/01/quanti-posti-a-sedere-possiamo-mettere-in-un-bar-o-ristorante/#comments Thu, 01 Dec 2016 07:48:42 +0000 http://aprireunbar.com/?p=11509 Fra le normative sul dimensionamento dei ristorante, il calcolo della distanza fra i tavoli e altri parametri, vediamo quanti posti a sedere possiamo mettere nel […]

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Fra le normative sul dimensionamento dei ristorante, il calcolo della distanza fra i tavoli e altri parametri, vediamo quanti posti a sedere possiamo mettere nel nostro locale.
Le normative sulla dimensione del ristoranti ci dicono quanti tavoli possiamo mettere?
Le normative sulla dimensione del ristoranti ci dicono quanti tavoli possiamo mettere?

Calcolare il numero di clienti seduti, il numero di tavoli e sedie che può ospitare un locale non serve veramente in buona parte dei bar “di passaggio” dove il consumo avviene soprattutto in piedi. In questi casi può essere molto più importante valutare la giusta lunghezza del bancone (vediamo un post qui su questo argomento) che deve essere sì sufficiente, ma non può essere calcolata soltanto tenendo conto dei clienti cui dovrà permettere di accedere, bensì anche il numero di operatori che dovrà ospitare (un barista solo dietro un banco molto lungo diventa un maratoneta stravolto che fa solo aspettare i clienti) e della disposizione di vetrine e attrezzature.

LE DIMENSIONI MINIME E LA DISTANZA FRA I TAVOLI DEL RISTORANTE

Che distanza ci deve essere fra un tavolo e l'altro al ristorante?
Che distanza ci deve essere fra un tavolo e l’altro al ristorante?

Calcolare il numero di posti a sedere in un bar o ristorante diventa però molto importante quando si suppone che i clienti fruiranno del nostro locale in tempi più lunghi. Fra questi casi:

  • Ristoranti
  • Bar che lavorano molto a pranzoSale da tè e locali “da pomeriggio

In locali come questi il numero di posti a sedere può fare la differenza, quando si calcola se si raggiungerà o no il punto di pareggio con gli incassi. Come si calcolano allora i posti a sedere, le sedie che possiamo mettere nel nostro locale?

Per capirlo cominciamo a ragionare sugli spazi di occupazione. Un tavolo quadrato, (i più comuni nei locali) misura di solito fra 80×80 o 90×90 (anche se si trovano, in locali “fast food” perfino di 60×60) le sedie, anche se poste parzialmente sotto il tavolo, arrivano a 40X40; a questo vanno aggiunti circa 30/40 centimentri per il passaggio fra un tavolo e l’altro.
Moltiplicando il tutto si arriva, per un tavolo con 4 posti a sedere a 4,80/5 mq, quindi circa 1,20 metri quadrati per seduta.

I manuali parlano di fatto di:

  • 1,20 mq per posto a sedere in un bar
  • 1,50 mq per ristorante/pizzeria
  • 2.00 mq per “fine restaurant”

Quest’ultima è una distinzione molto presente sui siti americani di Food and Beverages management, e si riferisce ai ristoranti stellati, di alto livello, dove si suppone che il cliente debba sentirsi meno “accalcato”.

 

LA NORMATIVA SUL DIMENSIONAMENTO DEL RISTORANTE E I POSTI A SEDERE

Vediamo le normative su quanti posti a sedere in un bar o ristorante

Vediamo le normative su quanti posti a sedere in un bar o ristorante

E’ da considerare come diverse ASL (e anche tabelle degli studi di settore che abbiamo potuto valutare) considerano il primo dato, quindi un posto a sedere ogni 120 centimetri quadrati, come quello di riferimento, e su quello calcolano misure di sicurezza e valutazioni degli incassi.

Può inoltre essere importante considerare come anche le misure della cucina, nei locali di nuova apertura, devono essere rapportate al numero di posti a sedere (di solito 20 metri quadri di cucina per 50 posti).

Se queste sono le regole, chiudiamo però con due cose importanti:

  • Non c’è nessuna norma che indica le dimensioni massime e minime di un locale.
  • Le misure, in questo caso, non contano, come abbiamo visto nel caso di questo delizioso ristorantino di Nizza di cui parlammo in questo post.

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Aggiungere un Angolo Caffetteria ad una Pasticceria https://aprireunbar.com/2015/11/23/aggiungere-un-angolo-caffetteria-ad-una-pasticceria/ https://aprireunbar.com/2015/11/23/aggiungere-un-angolo-caffetteria-ad-una-pasticceria/#respond Mon, 23 Nov 2015 07:46:15 +0000 http://aprireunbar.com/?p=9568 La vostra idea è aprire una pasticceria con caffetteria? Oppure volete creare un angolo caffè nella vostra bakery? E’ una scelta che può dare buoni frutti, vediamo […]

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La vostra idea è aprire una pasticceria con caffetteria? Oppure volete creare un angolo caffè nella vostra bakery? E’ una scelta che può dare buoni frutti, vediamo come.

 

Vediamo quali sono i regolamenti per aggiungere un angolo pasticceria ad un bar...

Vediamo quali sono i regolamenti per aggiungere un angolo pasticceria ad un bar…

Ad un corso di latte art della nostra scuola è intervenuto recentemente Matteo. Corso quasi obbligato il suo, perché Matteo, da Cecina, in provincia di Livorno, si è da poco tempo (beh, da un’anno e mezzo) trasformato, almeno parzialmente, da pasticcere in barista, creando all’interno della sua bottega di pasticceria un angolo bar, e cominciando a proporre, insieme a cornetti e pasticceria secca, anche cappuccini, espressi e macchiati.

D. Matteo, creare questo angolo è stato difficile dal punto di vista burocratico?
R. L’aspetto principale era trasformare l’attività da artigiana in somministrazione, vale a dire fare “Ospitalità”. A livello fattivo questo ci ha portato a dover realizzare un bagno, e quest’ultimo doveva essere adattato per l’uso delle persone disabili. Nell’esperienza che abbiamo avuto la ASL locale non è stata molto collaborativa, e il geometra che seguiva la nostra pratica ha più volte dovuto modificare spazi e sanitari (in questo post le più classiche richieste delle ASL in tema di bagni) per seguire indicazioni a volte contrastanti.

Chiaramente abbiamo dovuto creare anche un angolo per la caffetteria, con un bancone in acciaio, macchina da caffe, tramoggia per i fondi di caffè, lavandino e lavastoviglie.

D. Tempi e costi?
R. Quasi tre mesi, e un investimento piuttosto alto…

D. Investimento non basso, possiamo immaginarlo, ma valeva la pena?
R. A distanza di tempo possiamo senz’altro dire di sì. Probabilmente senza il bar la pasticceria avrebbe chiuso. Noi viviamo in una zona di mare, e le persone in estate mangiano più gelato che pasticcini, sicuramente non portano a casa meringhe e cannoli per il pranzo della domenica. Il bar è riuscito a far crescere molto bene gli incassi, e posso dire adesso che se la caffetteria “sponsorizza” la pasticceria, succede anche il contrario, con la pasticceria che “spinge” la caffetteria…

D. Ritieni che questo successo sia dovuto ad un valore, ad una qualità che proponete oppure ad una posizione?
R. La posizione della nostra pasticceria è buona ma non strepitosa. Credo senz’altro di poter affermare che il motivo del nostro successo sia una pasticceria di buon livello, e tanta ricerca.

D. Qualche esempio?
R. Senz’altro il nostro punto forte e la sfornata ogni mezz’ora di brioches e lieviti, che riempiamo sul momento, a richiesta, con varie saccapoche. Fra i gusti più gettonati rimangono crema, cioccolata e marmellata di albicocca, ma anche la crema al pistacchio sta crescendo alla grande! Oltre all’ormai noto cornetto integrale al miele da noi sta cominciando a salire nelle vendite anche quello vegano, che è costato a mio babbo (il vero pasticcere di famiglia) un sacco di prove e di tempo, ma che è venuto davvero buonissimo.

D. Dove possiamo trovarti? 
R. Certo, siamo in Via Circonvallazione, 43 a Cecina, pasticceria Silvia.

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COME SI COMPILA UNA SCIA PER L’APERTURA DI BAR E RISTORANTI https://aprireunbar.com/2015/06/15/come-si-compila-una-scia-per-lapertura-di-bar-e-ristoranti/ https://aprireunbar.com/2015/06/15/come-si-compila-una-scia-per-lapertura-di-bar-e-ristoranti/#respond Mon, 15 Jun 2015 05:58:26 +0000 http://aprireunbar.com/?p=9067 Come si prepara, dove e con quali norme e quali allegati si presenta una SCIA per l’apertura e il subentro nei locali, bar e ristoranti. […]

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Come si prepara, dove e con quali norme e quali allegati si presenta una SCIA per l’apertura e il subentro nei locali, bar e ristoranti.

 

Planimetrie per caffetterie americane.

Planimetrie per caffetterie americane.

La SCIA, la Segnalazione Certificata di Inizio Attività, è il documento, quasi sempre presentato per via telematica, con cui trasmettiamo allo Sportello Unico Attività Produttive (SUAP) la documentazione che autocertificata l’essere in regola del locale che ci stiamo avviando ad aprire. Ma questo documento, che rappresenta spesso il primo scalino all’ingresso della nostra carriera di inprenditori nel mondo della ospitalità, come si compila? Cosa Serve?

Prima di tutto un appunto: ogni SCIA viene compilata in riferimento alle leggi regionali (trovate qui la lista regione per regione) ma per cominciare a rispondere dovremmo dire “chi serve” perchè questo documento deve essere compilato con il supporto di un tecnico abilitato, spesso un geometra, che potrà produrre planimetrie e certificazioni richieste. La SCIA poi non si usa solo per le nuove aperture, ma anche per subingressi, cambi di proprietà del locale e trasformazioni del locale e dell’attività.
In questo post ci occuperemo di come si compila la SCIA per l’apertura di un locale nuovo, la più articolata; avendo detto molte volte che la burocrazia italiana può chiedere cose diverse a secondo della zona, e talvolta dell’interpretazione del tecnico chiamato in causa, noi prenderemo come base la check list di compilazione della SCIA del comune di Brescia, sperando che possa essere una utile guida anche per chi vuole aprire la sua attività in altri contesti.
Segnalazione certificata inizio/modifica attività (SCIA) – Modello A

Allegati:
Planimetria dei locali, quotata e firmata dal geometra di cui sopra,con indicazione della superficie di somministrazione, degli arredi ed attrezzature utilizzati per la somministrazione.
Documenti edilizi: Agibilità dei locali o DIA/SCIA, concessione edilizia oppure planimetria e visura catastale
SCIA – Scheda 1 Attività di vendita, somministrazione e forme speciali di vendita.

Scheda 2Requisiti morali e professionali per commercio e somministrazione di alimenti e bevande (cosa sono i requisiti morali e professionali, vedetelo qui..) (deve esser compilata una scheda per ogni amministratore o socio con poteri di rappresentanza)

Scheda 4 – Attività di produzione, sul ciclo produttivo, dipendenti e rischi coinvolti.

Scheda 5 – Sugli eventuali problemi legati alla compatibilità ambientale.

Contratto d’affitto o atto di proprietà dei locali registrato, che naturalmente dovremo avere dal proprietario del fondo che abbiamo locato.
Copia del requisito professionale posseduto, vale a dire l’eventuale corso SAB o i titoli di studio o di lavoro che ce ne esentano.

Allegato PE1, sugli orari che seguirà il locale.
Allegato PE2 per cittadini stranieri, un controverso documento sulla conoscenza della lingua italiana.
Eventuale deroga dello PSAL per l’utilizzo di locali interrati
Ricevuta di pagamento diritti sanitari all’ASL (non abbiamo trovato a quanto ammontino)

Valutazione di impatto acustico per le attività che superano i limiti di rumore stabilito dai regolamenti per l’acustica comunale o i limiti previsti dal DPCM 14.11.1997

Lo stesso Comune ci ricorda come, nel caso si voglia aprire nel centro storico della città, non si passa attraverso una autocertificazione ma si deve ottenere una autorizzazione comunale.
Tutta la documentazione, digitalizzata, dovrà essere inviata al SUAP via mail con posta certificata. Il SUAP sarà tenuto a farci sapere tempestivamente nel caso che la documentazione fosse lacunosa. Durante il nostro corso di Apertura e gestione bar facciamo alcuni casi di gestione e presentazione di una SCIA.

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COSA SONO E CHI DEVE FARE (E CHI PUO’ NON FARE) I CORSI SAB https://aprireunbar.com/2015/04/23/cosa-sono-e-chi-deve-fare-e-chi-puo-non-fare-i-corsi-sab/ https://aprireunbar.com/2015/04/23/cosa-sono-e-chi-deve-fare-e-chi-puo-non-fare-i-corsi-sab/#comments Thu, 23 Apr 2015 06:01:22 +0000 http://aprireunbar.com/?p=8853 Vediamo in questo post cosa sono i corsi SAB per l’apertura di bar e ristoranti. Quanto costano, quanto durano, chi deve farli, chi non deve, […]

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Vediamo in questo post cosa sono i corsi SAB per l’apertura di bar e ristoranti. Quanto costano, quanto durano, chi deve farli, chi non deve, cos’è il preposto. Il tutto con una attenzione alle differenze di requisiti fra regione e regione.

 

Cosa sono i corsi SAB come requisiti per aprire ristoranti, pub e bar.

Cosa sono i corsi SAB come requisiti per aprire ristoranti, pub e bar.

Naturalmente di un argomento così fondamentale come la burocrazia del mondo bar e ristoranti come i corsi SAB avevamo già parlato in questo blog, dedicando post sia a cosa sono i corsi Somministrazione Alimenti e Bevande (lo trovate qui) sia a quanto costano questi corsi (trovate il post qui) e perfino sull’argomento se erano validi i corsi On-line.

Il mondo può però cambiare, e preferiamo tornare su argomenti come questi, fondamentali. Rivediamo quindi il mondo dei corsi SAB.

Innanzitutto ricordiamo, anche se ormai lo sanno tutti, anche se questo lo sanno ormai anche i sassi, che il corso SAB sostituisce il vecchio concetto del REC (Registo Esercenti al Commercio) che non esiste più; il SAB é un corso che, come filosofia, dovrebbe aiutare coloro che vogliono fare questo lavoro ma non hanno maturato conoscenza o esperienza in questo campo.

All’interno di una attività basta che si sia una sola persona con l’abilitazione SAB, è possibile ottenerla in automatico, e quindi non dover fare il corso se:

  • Se si ha un diploma di scuola alberghiera (in alcune regioni basta il triennio, in altre vogliono 5 anni)
  • Se si è maturato una esperienza lavorativa di almeno 2 anni di lavoro negli ultimi 5 nel settore somministrazione, con una qualifica che in molte regioni è richiesta essere almeno del 5 livello.
  • In molte regioni se si hanno diversi titoli di studio, per esempio di ragioneria, di laurea in materie economiche o scientifiche (farmacia, infermieristica, chimica etc)

Attenzione, come vedete specifichiamo che ogni regione può interpretare in maniera diversa la stessa legge, e considerare inutile un titolo che in una altra regione è sufficiente; per togliersi ogni dubbio conviene rivolgersi allo sportello unico per le attivitità produttive del proprio comune, come vedete in questo post.

Un altra attenzione. La legge riconosce anche, nelle imprese individuali e in quelle di persone, anche la bizzarra figura del preposto, in pratica di una persona esterna all’impresa che firma al nostro posto.

Se poi vediamo che ci tocca, che il corso dobbiamo farlo, pensiamo che non è una disgrazia, almeno non solo; se davvero non abbiamo esperienza in questo settore tutto quello che impariamo, anche in questo corso, ci sarà utile. Questa utilità ci costerà soldini e tempo. Per vedere quanto tempo e quanti soldini ci siamo fatti una carrellata per l’Italia, andando a vedere vari corsi offerti in varie regioni da vari enti; inutile dire che internet rimane lo strumento più importante per trovare il corso che faccia per noi.

  • Bologna: 100 ore ed è consentito assentarsi per il 20% delle ore stabilite. Costo del corso € 550,00 (IVA inclusa).
  • Rimaniamo in Emilia, Modena: durata complessiva: 100 ore. Frequenza: 4 sere la settimana, (LUN.MAR.MER.GIOV.)in orario serale: 18.00 – 22.00. La frequenza alle lezioni è obbligatoria per almeno un 80%. Quota di iscrizione: € 600.
  • Spostiamoci verso sud. A Salerno, dove si propone 5 settimane di studio per un totale di 120 ore di lezione, non troviamo il prezzo.
  • Nella Capitale, troviamo un corso di 120€ a 520 €.

 

Adesso due corsi particolari che hanno a che fare con il mondo dell’online. Nel veneziano una Cooperativa Sociale Dieffe organizza corsi dalle 19.00 alle 22.30 per 3 appuntamenti a settimana, con possibilità di inserimento lezioni anche il sabato mattina. Il corso ha una durata totale di circa due mesi e mezzo. La particolarità di questo corso è che è possibile frequentare il 30% delle 120 ore previste “da casa” collegandosi ad un sito che promette test e quiz di “autoesame”. Costo 510€.

Abbiamo anche trovato un corso “On line puro” a € 650 + iva. In questo caso il corsista deve garantire almeno 120 ore connesso alla piattaforma didattica, la parte di studio è completamente online. Il corsista dovrà presentarsi in sede per lo svolgimento di alcune ore di lezione e per l’esame, esame che sembra si tenga nei pressi di un’aeroporto, per permettere volo andata/ritorno e esame in giornata.

Due consigli per evitare problematiche di riconoscimento dei corsi. Se fate un corso SAB “fisico” cercate di farlo nella provincia in cui aprirete (a volte possono avere durate in ore diverse e ci potrebbe essere richiesta una integrazione). Se lo fate On-line chiedete prima al SUAP se quel tipo di corsi è riconosciuto nella nostra zona; magari preparandosi a presentarlo bene, visto che la prima e più semplice risposta dell’addetto potrebbe essere: no.

Se poi avete bisogno di mettere in fila tutti gli aspetti tecnici, burocratici, legislativi e di marketing  per l’apertura di un bar, prendete parte alla giornata full immersion di apertura e marketing di bar e locali che trovate su questa pagina, e magari portate anche piantine, bilanci e indicazioni del locale che state valutando, potrete valutarli gratuitamente a fine corso con i responsabili del nostro gruppo.

 

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VENDERE IL NO-FOOD NEI BAR: BUROCRAZIE E SUGGERIMENTI https://aprireunbar.com/2014/07/30/vendere-il-no-food-nei-bar-burocrazie-e-suggerimenti/ https://aprireunbar.com/2014/07/30/vendere-il-no-food-nei-bar-burocrazie-e-suggerimenti/#comments Wed, 30 Jul 2014 06:24:00 +0000 http://aprireunbar.com/?p=8136 Libri, giocattoli e gadget vari; in alcuni bar la vendita di articoli non alimentari può arrivare a percentuali significative. Quali requisiti e quali licenze servono […]

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Libri, giocattoli e gadget vari; in alcuni bar la vendita di articoli non alimentari può arrivare a percentuali significative. Quali requisiti e quali licenze servono per vendere il “non food” nel nostro bar?

 

o.56132Dai, quasi agosto, quasi vita da spiaggia, quasi ombrellone, quasi barettino (o barrettino, come si dovrebbe scrivere?) da spiaggia che ci serve sì il cappuccino, ma magari ci permette anche di trovare il libro da leggere sotto l’ombrellone e, hai visto mai, perfino paletta e secchiello per i nostri bambini. E se il bar è nostro? Come possiamo vendere articoli non alimentari nel nostro locale?
Dal punto di vista burocratico, una volta tanto possiamo dire che non è difficile. Dalle semplificazioni Bersaniane del ’98, per vendere prodotti “no food” nel nostro bar basta presentare una SCIA allo Sportello Unico per le Attività Produttive, specificando semplicemente che vogliamo vendere prodotti non alimentari. Prima dei decreti di Bersani, fra le altre cose, sarebbe stato necessario specificare cosa si voleva vendere, fina ad elencare 14 categorie merceologiche, ma da allora tutto il mondo del commercio è stato semplificato, riducendo le categorie a “alimentare” e “non alimentare”.
Due annotazioni a margine: se, come abbiamo visto in questo post, per aprire una attività food sono richiesti sia requisiti professionali sia morali compilando la scia per il no food basteranno i soli requisiti morali, in pratica, un certificato penale pulito.
Ancora: la semplice presentazione della SCIA vale per quelli che sono definiti dalla legge “esercizi di vicinato” vale a dire per le attività che non superano i 150mq. Se il comune dove l’attività è posta supera i 10.000 abitanti poi, i metri quadri diverranno 250.

E le strategie? Per i locali che volessero vendere articoli no food, esiste un riferimento strategico straordinario e davvero sotto gli occhi di tutti: Autogrill, la grande catena che riconosciamo in autostrada ma in realtà presente in quasi tutta la ristorazione di servizio italiana.
La disposizione del non alimentare in un autogrill è chiaramnete strutturata e possiamo provare a riconoscerla (e imitarla?).
In un autogrill, e quindi nel nostro bar, si entra per il caffè, e anche noi dobbiamo stare attenti a non perdere la nostra immagine di bar, se creassimo confusione, magari restringendo cappuccini, espressi e brioches in un angolo, rischiamo di non far entrare la maggior parte dei clienti, che ci percepiranno come un negozio.
Ancora. I prodotti più grossi, e meno necessari (ci potremmo mettere i giocattoli) potrebbero stare nell’area dove si prende il caffè, in quei secondi di pausa mentre sorseggia, il cliente potrebbe adocchiare qualcosa di interesse. Sempre in zona bar, o vicino alla cassa potrebbero stare i giornali, possibilmente non solo quotidiani, ma che, case editrici permettendo, seguano il target (molti adolescenti? Gazzetta dello sport, molte famiglie con bambini? Fumetti-cartoons?).
Oggetti piccoli, gadget e accendini? Alla cassa, seguendo il concetto dell’acquisto di impulso, la cosa che decidiamo di comprare all’ultimo momento, nel momento sensibile in cui abbiamo il portafoglio in mano…

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I CONTROLLI PER LA PREVENZIONE INCENDI NEI BAR https://aprireunbar.com/2013/05/23/controlli-la-prevenzione-incendi-nei-bar/ https://aprireunbar.com/2013/05/23/controlli-la-prevenzione-incendi-nei-bar/#comments Thu, 23 May 2013 15:16:27 +0000 http://aprireunbar.com/?p=5380 Divisione del locale in categorie A, B, o C a seconda del livello di rischio, controllo dei vigili del fuoco e alcune centinaia di euro […]

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Divisione del locale in categorie A, B, o C a seconda del livello di rischio, controllo dei vigili del fuoco e alcune centinaia di euro di spesa. Tutto sui regolamenti per la prevenzione incendi nei bar e ristoranti.

 

I vigili del fuoco sono l'organo di riferimento per le procedure antincendio nei bar.

I vigili del fuoco sono l’organo di riferimento per le procedure antincendio nei bar.

Avevamo già parlato in queste pagine delle normative antinfortunistiche, in questo post affrontiamo invece i controlli antincendio, facenti pur sempre parte del medesime gruppo di normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Per inquadrare la normativa sui controlli antincendio e necessario intanto dividere il nostro locale in tre categorie, contraddistinte dal livello di rischio. I pubblici esercizi possono infatti rientrare nelle categorie A, B, C a seconda del livello di rischio: basso per la lettera A, medio per la B e alto per la C. I classici bar rientrano quasi sempre nella categoria A, a rientrare nelle categorie di rischio superiore sono invece soprattutto i locali in cui si fa attività danzante, spesso le discoteche; in questo caso la categoria sarà B se il locale ha una capienza fino a 200 persone o C se supera questo limite.

La differenza fra la A e le categorie superiori è molto importante, in quanto da questa differenza dipenderà quello che dovremmo fare per aprire il nostro locale essendo in regola con i requisiti antincedio. Nel caso rientriamo nella categoria A infatti non avremmo bisogno di presentare alcun progetto preliminare, alcun parere di conformità; sarà soltanto compito di vigili del fuoco effettuare un controllo a campione entro 60 giorni dalla presentazione della nostra DIA.

Nel caso invece il nostro locale rientri nelle categorie B o C avremmo bisogno di chiedere una valutazione di conformità. In questo caso dovremo presentare un progetto di prevenzione antincendio al comando provinciale dei vigili del fuoco e sarà loro compito effettuare un controllo obbligatorio entro 60 giorni dall’apertura; nel caso questo controllo abbia esito positivo verrà rilasciato entro 15 giorni il certificato di prevenzione incendi ci CPI.

Questi controlli naturalmente hanno un costo e questo può essere calcolato, con servizio un molto utile sul sito www.vigilidelfuoco.it qui, cliccando su questa pagina sarà possibile calcolare il tempo e il costo e delle pratiche necessarie. Il costo, per darvi un’idea, si aggirerà nell’ordine di alcune centinaia di euro. Bravi vigili del fuoco!

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IL PROBLEMA DELL’IMPATTO ACUSTICO NEI BAR E NEI PUB, CONSIGLI PER PREPARARE LA DIA https://aprireunbar.com/2013/04/04/il-problema-dellimpatto-acustico-nei-bar-nei-pub-consigli-preparare-la-dia/ https://aprireunbar.com/2013/04/04/il-problema-dellimpatto-acustico-nei-bar-nei-pub-consigli-preparare-la-dia/#comments Thu, 04 Apr 2013 15:33:43 +0000 http://aprireunbar.com/?p=5078 L’inquinamento acustico nei locali è oggi attentamente monitorato. Vediamo come si gestisce, fra legge, buon senso e tecnici qualificati. Praticamente tutti i comuni mettono la […]

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L’inquinamento acustico nei locali è oggi attentamente monitorato. Vediamo come si gestisce, fra legge, buon senso e tecnici qualificati.

La musica dal vivo nei pub e nei locali è spesso un problema da tener presente nella progettazione, per evitare problemi dovuti all’impatto acustico

Praticamente tutti i comuni mettono la valutazione dell’impatto acustico tra i requisiti da valutare con la DIA di inizio attività. Questo problema, quello del rumore, meglio definito impatto acustico, nei bar, non è stringente per i classici bar diurni (ma può diventarlo) mentre lo è sicuramente per i pub e i locali serali.

Dico che esso può diventare un problema anche per i bar aperti di giorno perché quando si dice rumore non si deve intendere solo musica; i rumori possono essere di tutt’altro genere, a volte perfino involontari e fastidiosi per gli stessi gestori. Fra questi rumori possiamo annoverare lo stridio di sedie su dehor di metallo, i clienti che fumano fuori dal locale, una canna fumaria con un tiraggio rumoroso, un inpianto di condizionamento vecchio, con una aspirazione asmatica e piena di vibrazioni, un motore delle celle frigo posto all’esterno e molto rumoroso e così via.

Che l’origine dei rumori sia questa o sia musica vera e propria, puo succedere che il nostro vicino si arrabbi, e dopo averci avvertito o meno, chiami, per una visitina a sorpresa, i tecnici dell’ARPA, che pur ricordando nel nome uno strumento musicale (mi passate la battutaccia) la musica ce la faranno chiudere, se verificheranno il superamento di certi limiti, con un bel multone.

Ma quali sono questi limiti? E come si può evitare queste multe per superamento del limite di rumore?

I limiti in realtà non sono fissi, bensì legati a vari aspetti, che troviamo molto ben riassunti in questo stralcio, che ci permettiamo di trarre dal sito www.inquinamentoacustico.it/

“I regolamenti sulle emissioni sonore sono individuati dal piano di zonizzazione acustica del comune che applica i decreti attuativi della legge quadro sull’inquinamento da rumore. Il piano di zonizzazione acustica divide il territorio comunale in zone di rispetto acustico e il comune individua con le norme tecniche attuative del piano di zonizzazione (o azzonamento) o con delle ordinanze specifiche delle regole di condotta su argomenti (p.e. orari di spegnimento dell’impianto di riproduzione sonora, numero di eventi musicali, numero di deroghe all’anno, etc.).

L’aspetto più stringente della legge sull’inquinamento sonoro è quasi sempre la richiesta del rispetto del limite differenziale sul livello di rumore residuo, che è pari a 5 dB di giorno e 3 dB di notte. Oggi si applicano gli stessi limiti del DPCM 14/11/1997 anche nelle cause civili (ex art. 844 cod. civ.), misurando il livello sonoro equivalente in presenza e in assenza della sorgente disturbante. Una recente sentenza della Cassazione obbliga comunque a valutare la situazione circostante per definire correttamente la ‘normale tollerabilità’.

Preso un sito dove per esempio è presente un livello del rumore residuo pari a LAeq = 40 dB(A) qualsiasi attività commerciale o suo impianto non può introdurre rumore che innalzi il livello di rumore complessivo oltre i 43 dB(A) di notte e 45 dB(A) di giorno. In realtà di notte il livello è sempre più basso che di giorno e il limite diventa spesso molto stringente…”

In soldoni, è facile capire come un rumore anche assordante in una zona industriale deserta di notte non sia così disturbante come un intenso brusio in una strada stretta del centro storico con molte abitazioni.

Nel momento in cui si prende un locale quindi, la DIA o SCIA che dir si voglia, ci richiederà, fra gli altri passaggi una valutazione dell’impatto acustico, che potrà essere definita come V.P.I.A. (valutazione previsionale) se il locale non è ancora aperto, mentre sarà una V.I.A. se l’attività è già in essere. In ogni caso a preparare la valutazione dovrà essere un tecnico riconosciuto (si trovano frugando su internet). L’intervento di un tecnico come questo potrebbe essere prezioso anche qualora sorgessero controversie con i vicini, non tanto per dire che ha ragione (soluzione che va bene per i tribunali ma che, per chi deve convivere nella stessa zona, lascia sempre l’amaro in bocca) quanto per trovare soluzioni al problema. In questo senso un caso personale. In un locale che ha lungo ho diretto, dopo aver ricevuto lamentele dai vicini per il rumore causato dalle pulizie che effettuavamo la mattina presto, mettemmo le doppie finestre, a spese nostre, a tutte le abitazioni che si affacciavano sul locale, guadagnandoci, posso dirlo, una solida riconoscenza.

Un consiglio, poi, per coloro che vogliono aprire attività serali, sarebbe quello di chiedere i pareri di tecnici specializzati anche in via preventiva, prima di acquistare o affittare il locale, per capire quali potrebbero essere le problematiche e quanto costerebbe risolverle. Un altro sito con ottimi suggerimenti in questo senso è questo: www.suonoevita.it

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Aprire un Bar in Italia da Stranieri https://aprireunbar.com/2011/12/12/aprire-bar-se-si-stranieri/ https://aprireunbar.com/2011/12/12/aprire-bar-se-si-stranieri/#comments Mon, 12 Dec 2011 08:04:16 +0000 http://aprireunbar.com/?p=3341 如何在意大利开一家酒吧 . كيفية فتح شريط في إيطاليا . cum să deschideți un bar în Italia…. Come si apre un bar in Italia? Sono sempre più […]

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如何在意大利开一家酒吧 . كيفية فتح شريط في إيطاليا . cum să deschideți un bar în Italia…. Come si apre un bar in Italia? Sono sempre più i bar in Italia gestiti da stranieri, che ci fanno scoprire come si possa aprire un bar di successo anche se non si è nati tricolori…

 

 

Molti ragazzi cinesi aprono bar in Italia, si può fare con successo?

Molti ragazzi cinesi aprono bar in Italia, si può fare con successo?

 

Sono moltissimi i ragazzi stranieri che scrivono al nostro blog o vengono ai nostri corsi di gestione, di caffetteria e barman perché hanno intenzione di rilevare , di aprire un loro bar. Sono anche moltissimi i baristi, pizzaioli, barman, cuochi e camerieri stranieri che lavorano nei locali italiani; vengono da Cina, Egitto, Romania, Albania, dall’America Latina e da tutte quelle nazioni, molte Africane, che la mappa dell’immigrazione aggiorna continuamente, a volte anche in maniera drammatica…
Risultato della voglia di fare imprenditoria dei ragazzi stranieri che arrivano in Italia e l’aumento, ormai in ogni contesto e latitudine, di bar e locali gestiti da stranieri; ma quali consigli dare agli stranieri che vogliono aprire una attività in Italia?
Gli ostacoli principali che uno straniero si trova ad aprire una attività in un paese che non è il suo sono sopratutto:

  • La lingua in cui sono scritte le leggi e in cui si svolgono le trattative.
  • Gli usi e le abitudini diverse dei clienti, che non sempre è facile capire.
  • Una certa diffidenza che prova il cliente nel frequentare un bar (ma, a volte anche un concetto) gestito da stranieri.

 

IL PROBLEMA DELLA LINGUA PER APRIRE UN BAR IN ITALIA SE Sì è STRANIERI

Il problema della lingua appare perfino banale a chiunque voglia lavorare in un paese che non è il suo.
La faccia di questo problema che appare più evidente è quella del confronto con leggi e contrattazioni, che naturalmente sono scritte, e vengono discusse, in Italiano. Il problema si rovescia esattamente se (e non succede raramente) è un italiano a voler aprire un locale all’estero.
Dal punto di vista delle leggi e dei regolamenti il problema è che, nel momento in cui firmiamo una SCIA o facciamo autodichirazioni accettiamo una serie di leggi e di obblighi che dobbiamo essere sicuri di aver ben compreso, pena il rischio di, controlli, multe o, nella migliore delle ipotesi, perdite di tempo.
Come contrattazione il problema può essere anche più rischioso. Se non capiamo, o comunque abbiamo una conoscenza abbastanza bassa della lingua in cui si svolge la compravendita, rischieremo di perdere importanti clausole e di non riuscire a portare avanti una discussione efficace fino a trovarci, senza saperlo, ad accettare contratti poco vantaggiosi e perfino truffaldini.
In questo caso può essere utile contattare le associazioni dei propri connazionali, ormai molto presenti in Italia, oppure le aziende di caffè, che pensando di averci in seguito come clienti possono avere tutto l’interesse per aiutarci in questo percorso. Perfino la nostra scuola è stata contattata per supportare progetti del genere.

GLI USI E LE ABITUDINI DIVERSE DEI CLIENTI, E LA LORO DIFFIDENZA…
C’è però un’altra faccia, più subdola, del problema di non capire la lingua del paese dove siamo ospiti: non capire i clienti.
Attenzione, non solo non capirne la lingua (si trovano purtroppo in giri locali dove ti rendi conto che sta dietro il banco ha grosse difficoltà con l’Italiano…) ma anche non capire gli usi, le abitudini, i modi di dire e di comportarsi di quella nazione o di quella regione/città…
Far intuire al cliente che non capiamo al volo quello che ci chiede e come lo vorrebbe è pericoloso, crea una barriera, mette il cliente nella posizione di poter pensare “questo non capisce nulla, figuriamoci se sa preparare un caffè decente…” il problema è che poi, anche se siamo bravi e preparati, questa barriera rimarrà, perchè un bar non è un negozio di ferramenta, dove si rimane il tempo di comprare una vite, è un locale che fa ospitalità, dove rimaniamo per una pausa, un momento di relax e di gusto che vorremmo passare con persone piacevoli, capaci di accoglierci al meglio, non con qualcuno che può apparirci distante e alieno.
Parlando di incomprensioni possono esserci persino dei casi estremi. Il molti paesi di lingua inglese quello che noi chiamiamo “latte macchiato” è invece chiamato “latte” se però un cliente americano viene in Italia e chiede un “latte” probabilmente rimarrà spiazzato ricevendo un semplice bicchiere pieno, appunto, di latte…

UNO STRANIERO Può APRIRE UN LOCALE IN ITALIA?
Se ci sono tutte questi trabocchetti e difficoltà, uno straniero può davvero aprire un locale in Italia o è una impresa impossibile?
Beh, è facile immaginare come un cliente italiano non abbia problemi a vedere un gestore di colore in un ferramenta ma viva il bar come qualcosa di italiano, nessuna paura però; la diffidenza si supera con la professionalità: essere attenti ed educati, muoverci dietro il banco con destrezza e misura, essere impeccabili nel servizio e nella gentilezza farà presto dimenticare una nazione di origine diversa.
Essere diversi, come origini, può perfino, e sopratutto, essere una ricchezza, se usiamo con attenzione la nostra diversa identità culturale. Dicendo questo può sembrare che ci riferiamo ai soliti locali etnici, al ristorante cinese o thailandese, in realtà possiamo mixare sapori esotici aad lcune ricette classiche del nostro paese. Se ad esempio siamo latino americani perché non fare brioches al dulce de leche, Il classico mou delicato dei paesi della america del sur. E ancora, se siamo arabi perché non ideare una italianissima piccola rosetta farcita con falafel e la delicata crema di ceci hummus?
Un ultimo appunto. Uno dei tratti classici dei bar gestiti da non italiani è la presenza di cartoline e ricordi della propria patria, oggetti messi lì più per il proprio “sollievo” che per precisa scelta di arredamento. Diciamo chiaramente, ancora una volta, che il bar è il nostro luogo di lavoro, non la nostra casa, e ogni elemento con cui lo arrediamo deve essere funzionale all’immagine del locale, cerchiamo semmai di mettere richiami ai paesi d’origine più creativi e godibili, come oggetti in se stessi, e non come souvenir.
Del resto lasciatemi ricordare che ad un nostro corso sui cappuccini venne mesi fa una ragazza cinese che non soltanto ha aperto il suo bar e va benissimo, ma ha addirittura fatto gare di latte art!

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