Le leggi regionali per aprire un bar o per la somministrazione al pubblico
E’ ormai dall’apertura di questo blog, otto anni fa, che scriviamo come, per aprire un bar o un ristorante non servono più le vecchie licenze, si deve invece presentare una SCIA, di fatto una autocertificazione, in cui segnaliamo di possedere i requisiti morali e professionali e certifichiamo che il locale dove stiamo aprendo la nostra attività è in linea con le normative vigenti, anche in relazione al tipo di piatti e preparazioni che vogliamo proporre ai nostri clienti.
Normative vigenti abbiamo detto, ma quali sono? Come sappiamo, le regioni italiane hanno una certa autonomia, e se le leggi, come schema, sono approvate a livello nazionale o addirittura di comunità europea, in realtà queste vengono poi applicate a livello regionale in modo diverso da un contesto all’altro.
Queste differenze non sono di solito molto grandi, anzi, capita spesso che la legge di una regione “guida” venga copiata quasi punto per punto dalle altre regioni (si sa che i politici non sono dei grandissimi lavoratori…).
Non essendo più valido il concetto delle licenze, le autorizzazioni vengono rilasciate se il locale in cui vogliamo aprire la nostra attività è in linea con le attuali normative di carattere igienico sanitario.
Queste normative vanno a “misurare” il nostro locale, stabilendo i parametri che devono avere i bagni, gli antibagni, i magazzini, le aree di preparazione come la cucina e stabilendo le norme di accesso per i disabili e le proporzioni fra gli spazi interni e la luce esterna e fra area di preparazione e area di servizio al pubblico.
Queste norme possono inoltre differenziarsi, caso per caso, a seconda delle preparazioni che vorremo cucinare e servire.
Abbiamo già riassunto queste norme generali in questo post, ma proviamo ad andare oltre, dandovi una lista di tutte le normative regionali.
La differenza fra stato e regioni riassunta dal sito (in questo caso della sanità)
Nella lista qui sotto riportiamo i riferimenti alle leggi regionali per l’apertura di bar e ristoranti:
Alcune annotazioni a piè di questa lista.
Alcune regioni, come vedete, non sono presenti, in questi casi si fa riferimento alla legge nazionale 287/1981 e alle successive modifiche.
Acuni comuni hanno predisposto, per alcune aree del loro territorio specifici regolamenti; in questo caso, invece (o oltre) della SCIA , si dovrà richiedere una Autorizzazione all’esercizio della attività di pubblico esercizio, presentando domanda al SUAP.
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E’ supercompleta!
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Attirare clienti nel nostro ristorante con le idee di Cucine da Incubo
Ormai non c’è canale televisivo che non sfrutti l’onda lunga dell’interesse per il mondo della cucina con dei programmi specifici che hanno tutti molto successo.Quelli che fanno più parlare di sé e che riguardano più da vicino il mondo della ristorazione piuttosto che quello della cucina in genere, sono i vari Masterchef, Cucine da Incubo, 4 Ristoranti e similari, anche nelle versioni straniere.
Stiamo parlando, è ovvio, solo di format televisivi che, in quanto tali, non riproducono alla perfezione la realtà. Ne sono consapevole e non potrei certamente essere credibile se basassi il mio lavoro su dei programmi di successo che hanno come fine ultimo l’audience.
Però è evidente il fatto che questi programmi abbiano spostato l’attenzione dalle semplici ricette della nonna, sul modello Benedetta Parodi, alla professionalità degli chef e dei ristoratori.
Emblematico è il caso di Cucine da Incubo, sia nella versione di Gordon Ramsey che in quella italiana, condotta dal bravissimo e simpaticissimo Chef Cannavacciuolo.
Lo schema è sempre lo stesso: Cannavacciulo viene chiamato in aiuto di un ristorante in crisi. Effettua un sopralluogo e scopre che i piatti proposti non sono buoni. Anzi, spesso sono disgustosi. Allora procede con l’ispezione in cucina e scopre che le materie prime utilizzate sono di scarsa qualità e l’ambiente è spesso sporco. Inoltre, lo chef generalmente è nervoso e poco preparato e il proprietario non sa come gestirlo e come far funzionare la “macchina” del ristorante, a cominciare dallo staff.
Ecco allora che lo Chef stellato sistema le cose: semplifica il menu, propone nuove ricette, rinnova i locali, fa del “coaching” nei confronti di staff, proprietari e cuoco. E tutto si sistema.
Non è sbagliato, questo schema. Se in un locale si mangia male, basta preparare dei piatti migliori. Se in un ristorante il ristoratore non sa comunicare con lo staff e organizzare il lavoro, allora bisogna insegnargli come fare. Infine, se un locale è brutto, demodé, sporco, un bel restyling risolve il problema.
Però non basta. Allo schema proposto in Cucine da Incubo, come anche, in parte, a MasterChef o nell’ottimo 4 Ristoranti di Alessandro Borghese, mancano due pezzi fondamentali, senza i quali un ristorante non potrà mai raggiungere il successo.
Non solo: questi due aspetti fondamentali sono SEMPRE presenti nei ristoranti che hanno davvero successo. Sto parlando dell’organizzazione imprenditoriale di un ristorante e del marketing.
Un ristorante non è solo quell’attività nella quale si fanno mangiare le persone. Un ristorante è un’impresa imprenditoriale a tutti gli effetti. Uno dei motivi per cui molti dei ristoranti appena aperti chiudono dopo pochi mesi è relativo alla mancanza di professionalità da parte dei titolari.
Persone che, spesso, non hanno alcuna conoscenza del mondo della ristorazione. E che, ancor più spesso, non hanno alcuna esperienza su come si gestisce un’attività. Anche un ristorante è un’impresa e va gestita come tale.
Occorre scegliere la corretta forma societaria. Bisogna imparare a leggere un bilancio. Imparare a trattare in modo adeguato con i fornitori, selezionare e gestire lo staff nel modo più efficiente. Spesso vengo contattato da ristoratori che mi dicono di non sapere perché il loro ristorante, a fine mese, non porta i risultati sperati, nonostante l’ottima cucina che propongono e il buon afflusso di clienti.
Spesso si tratta, come scopro poi, di locali gestiti in modo dilettantesco, sia a livello di organizzazione interna che a livello di organizzazione economico-finanziaria. Nessun ristorante può avere successo se non è gestito come un’impresa, indipendentemente dal numero di coperti serviti ogni giorno.
Il secondo aspetto maggiormente ignorato da chi si occupa di ristorazione è quello relativo al marketing.
Il marketing non è solo pubblicità e, soprattutto, non pubblicità come la si intende in Italia.
Non stiamo parlando di fare manifesti, volantini o di farsi fare un nuovo sito web. E neanche di aprirsi una pagina Facebook e postarci il cartellone con il menu del Cenone di Capodanno.
Il marketing nel mondo della ristorazione è un’insieme di strategie di acquisizione e fidelizzazione della clientela.
Ma non solo. Non è creando qualche campagna a pagamento su Facebook che un ristorante si riempirà magicamente di clienti.
Il successo, per un ristorante, si ottiene anche differenziandosi dalla massa dei locali tutti uguali, comunicando la propria idea di cucina unica, aumentando la spesa media del cliente e, fattore troppo spesso trascurato, sviluppando e coltivando le public relations.
Il marketing per la ristorazione non è quindi, come tanti sedicenti esperti sostengono, soltanto impararare a sfruttare internet ma si svolge anche e soprattutto offline, nel mondo reale. Purtroppo i ristoratori restano convinti che per avere un ristorante di successo sia sufficiente proporre portate di qualità al prezzo giusto e il passaparola farà il resto. Non è così, e i ristoratori di successo lo sanno. Gli altri, invece, continuano a guardare Masterchef, Cucine da Incubo e gli altri programmi cercando di carpirne i segreti per un ristorante di successo.
Emiliano Lemma Ricetta Vincente.it
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La vedete come parete del vostro bar?
Riarredare, rinfrescare, dare un’aria nuova al nostro bar o al bar che stiamo acquistando è una idea che abbiamo spesso, un’idea che spesso sconfina con la necessità, in una società dove molto (mode, tendenze e stili) tende ad invecchiare rapidamente.
Rinnovare però vuol dire sia spendere, sia non incassare (perchè si deve chiudere o posticipare l’apertura della attività) sia dover accettare soluzioni banali.
Sempre? No, la tecnica delle pellicole permette risparmi che possono arrivare al 50%, una sola notte di lavoro e sopratutto un unico limite, la vostra fantasia!
Il sito della ditta che intervistiamo, e che ci sentiamo di citare per la gentilezza dimostrata, è la Marilli e Martini che potete contattare (e vedere un sacco di altri bellissimi lavori) sul loro sito.
Siete un barista con la passione per le moto?
Tutelarsi dai debiti della gestione precedente. Sempre fondamentale.
Non tutti sanno, e alcuni se ne accorgono con gran dolore, che quando si rileva, si compra o si subentra in un locale si rischia di ereditarne anche i debiti contratti da una precedente gestione più allegra, disattenta o perfino in malafede.
Infatti, in base ad alcuni meccanismi, come i contratti di solidarietà, i debitori possono provare a rifarsi con successo sulla nuova gestione del locale, perfino se nell’acquisto abbiamo creato una nuova impresa, non subentrando o rilevando la precedente società.
A spiegarci quali sono i rischi connessi e come evitarli è il dottore commercialista Massimiliano Basegni:
“Nell’acquisto di un locale” ci dice il dottor Basegni “sarebbe opportuno cercare di tutelarci riguardo quattro possibili forme di indebitamento che la gestione (o le gestioni) precedente, potrebbe aver contratto: verso dipendenti, verso il proprietario del fondo commerciale, verso il fisco e verso eventuali evasioni della plusavalenza di vendita.”
“Praticamente ogni locale ha un indebitamento verso i dipendenti, che, nel passaggio diretto del locale (cioè quando il venditore, magari per diminuire l’esborso decide di ereditare i dipendenti e i debiti loro legati) vengono tenuti anche dalla nuova gestione.
Oltre al debito fisiologico legato alla TFR, alla liquidazione, ai dipendenti potrebbero non essere stati pagati alcuni stipendi, e i dipendenti stessi, attraverso una vertenza, potrebbero provare a rivalersi sulla nuova gestione, che vedono più disposta a regolarizzare la situazione, per non partire subito con faticose grane.
Conoscere e quindi fronteggiare in anticipo questo problema non dovrebbe essere difficile rivolgendosi direttamente ai dipendenti, e magari facendosi firmare da loro una liberatoria in cui dichiarano di non vantare crediti con la gestione precedente.
Anche gli affitti non pagati potrebbero ricadere su un nuovo gestore, e il proprietario del fondo commerciale potrebbe darci la possibilità di aprire effettivamente il locale solo una volta saldate le mensilità lasciate in sospeso dalla precedente gestione(vedete in questo post come gestire l’affitto in un locale)
Sarebbe quindi importante, prima di firmare contratti di acquisto della attività, conoscere il proprietario del fondo commerciale e farci firmare un documento in cui attesta che i pagamenti sono in regola.
Evitare i debiti con il fisco quando si compra un ristorante
Più subdoli possono essere i debiti della gestione precedente verso il fisco; più subdoli, perché
magari dovuti a disattenzioni e ignoranze non ancora notificate dall’Agenzia delle Entrate e quindi sconosciuti al gestore stesso o addirittura perché contratti da gestioni ancora precedenti a quella che ci vende l’attività.
Casi classici possono essere l’IVA non pagata o mancati adempimenti di carattere comunale, magari nel frattempo cresciuti con il moltiplicarsi degli interessi
Per tutelarci da queste problematiche ci si reca ad una sede della Agenzia e si verifica che il fisco non abbia nulla a pretendere dalla gestione. Questo documento si chiede all’agenzia di comune accordo fra le parti e se non viene rilasciato entro 60 giorni significa che non ci sono posizioni pendenti. Nel caso che questi problemi fossero ancora sconosciuti alla Agenzia delle Entrate, sarà possibile farsi fare una liberatoria che svincola i nuovi proprietari da problemi delle gestioni precedenti.
Un altro aspetto fiscale è quello legato ad una eventuale evasione della plusvalenza, cioè della differenza che si determina calcolando la differenza fra prezzo di vendita del locale e il patrimonio che viene venduto. Questo è costituito dai beni strumentali, crediti e debiti, e viene calcolato al netto degli ammortamenti. La plusvalenza appunto, il valore positivo ottenuto verrà definito come avviamento e tassato a norma di legge.
Il fisco ha in questo caso due anni di tempo per contestare il calcolo, ed è per questo che, in caso di più cessioni ravvicinate dello stesso locale, il fisco potrebbe contestarci sanzioni dovute non a guai provocati da chi ci vende il locale (che probabilmente non ne sa nulla) ma ad una gestione ancora precedente.
Molti aspetti quindi, e molte possibili fonti di rischio, anche di difficile valutazione, ma come ci si tutela? “Una delle forme di tutela più classiche” dice il Dottor Basegni “è quella di lasciare degli effetti, delle cambiali, magari quelli dell’ultimo anno di rateizzazione, in deposito dal commercialista, e metterle in pagamento solo se nessun problema di carattere debitorio si è verificato nel frattempo.”
Il Dottor Basegni, commercialista in Firenze, fa parte del nostro team di esperti, e potete contattarlo a [email protected]
The post Come Evitare i Debiti Della Gestione Precedente nell’acquisto di un Bar o Ristorante first appeared on Aprire Un Bar.]]>Calcolare il numero di clienti seduti, il numero di tavoli e sedie che può ospitare un locale non serve veramente in buona parte dei bar “di passaggio” dove il consumo avviene soprattutto in piedi. In questi casi può essere molto più importante valutare la giusta lunghezza del bancone (vediamo un post qui su questo argomento) che deve essere sì sufficiente, ma non può essere calcolata soltanto tenendo conto dei clienti cui dovrà permettere di accedere, bensì anche il numero di operatori che dovrà ospitare (un barista solo dietro un banco molto lungo diventa un maratoneta stravolto che fa solo aspettare i clienti) e della disposizione di vetrine e attrezzature.
Calcolare il numero di posti a sedere in un bar o ristorante diventa però molto importante quando si suppone che i clienti fruiranno del nostro locale in tempi più lunghi. Fra questi casi:
In locali come questi il numero di posti a sedere può fare la differenza, quando si calcola se si raggiungerà o no il punto di pareggio con gli incassi. Come si calcolano allora i posti a sedere, le sedie che possiamo mettere nel nostro locale?
Per capirlo cominciamo a ragionare sugli spazi di occupazione. Un tavolo quadrato, (i più comuni nei locali) misura di solito fra 80×80 o 90×90 (anche se si trovano, in locali “fast food” perfino di 60×60) le sedie, anche se poste parzialmente sotto il tavolo, arrivano a 40X40; a questo vanno aggiunti circa 30/40 centimentri per il passaggio fra un tavolo e l’altro.
Moltiplicando il tutto si arriva, per un tavolo con 4 posti a sedere a 4,80/5 mq, quindi circa 1,20 metri quadrati per seduta.
I manuali parlano di fatto di:
Quest’ultima è una distinzione molto presente sui siti americani di Food and Beverages management, e si riferisce ai ristoranti stellati, di alto livello, dove si suppone che il cliente debba sentirsi meno “accalcato”.
Vediamo le normative su quanti posti a sedere in un bar o ristorante
E’ da considerare come diverse ASL (e anche tabelle degli studi di settore che abbiamo potuto valutare) considerano il primo dato, quindi un posto a sedere ogni 120 centimetri quadrati, come quello di riferimento, e su quello calcolano misure di sicurezza e valutazioni degli incassi.
Può inoltre essere importante considerare come anche le misure della cucina, nei locali di nuova apertura, devono essere rapportate al numero di posti a sedere (di solito 20 metri quadri di cucina per 50 posti).
Se queste sono le regole, chiudiamo però con due cose importanti:
Attirare clienti per il pranzo al bar? Facciamolo con le insalate!
Da tempo ormai le insalate, anni fa ridotte a minimo contornuccio triste di foglie verdi e pomodori grossolani, hanno conosciuto una nuova vita e coprono ormai un’importante fetta di consumi nel segmento del pranzo al bar (sembra intorno al 20%).
E’ una buona notizia, soprattutto per i molti bar che, non potendo cucinare per motivi di spazio e di autorizzazioni, puntano su una scelta di insalate di qualità per fidelizzare i loro clienti (ma si può cucinare in un bar? Vediamo le autorizzazioni richieste in questo post).
Se non pongono problemi di spazi di cucina, le insalate pongono però un dubbio a chi si appresta alla sua prima avventura come gestore di bar: come proporle alla clientela? Già pronte ed esposte nella vetrina del banco? Con gli ingredienti esposti che i clienti possono combinare a loro scelta? Senza niente di esposto ma con un menù scritto?
Esaminiamo i pro e contro di queste opzioni.
Proporre le insalate a pranzo nella vetrina del bar
PRO: il cliente si fa conquistare dall’occhio e dalla bella presentazione. Sono superveloci da servire e questo per molti clienti è, a pranzo, un incentivo importante.
CONTRO: se non vendute con una certa rapidità le insalate si “sgonfiano”. Verdure e foglie verdi perdono rapidamente freschezza e ingredienti quali uova e mozzarelle cominciano ad ossidare, scurire e ingiallire. Inoltre, se non vendiamo le insalate in quel turno di lavoro non sarà facile riciclarle e riproporle.
Permettere al cliente di scegliere gli ingredienti della sua insalata?
PRO: danno al cliente una grande libertà di scelta e di fantasia, sono più facili da riciclare delle insalate già preparate.
CONTRO: a volte la grande libertà può mandare in crisi; di fronte ad una vasta scelta il cliente esita (e blocca il nostro lavoro). È inoltre difficile tenere sotto controllo la quantità (“me ne metta un po’ di più…”) e il food cost delle insalate che serviamo.
Lavagna con le insalate del giorno in un ristorante americano…
PRO: l’insalata esce dalla cucina fresca e fragrante. La maggior parte degli ingredienti possono essere utilizzati per più turni di lavoro e ci sono meno sprechi…
CONTRO: manca l’attrazione visuale, c’è un tempo di attesa.
Potremmo riassumere le interminabili discussioni e le molte esperienze fatte dai componenti del nostro gruppo in molti locali con questi suggerimenti:
Insalate esposte se il consumo di questi piatti è molto elevato e i ritmi davvero molto alti; questo ci sarà la sicurezza di mostrarle sempre fresche. Menù scritto negli altri casi, soprattutto se la scelta che proponiamo è ampia; meglio prepararla al momento, fresca e “gonfia”, in questo caso mancherà l’aspetto visivo, ma visto che un menù di insalate di solito elenca gli ingredienti che le compongono senza troppi voli di fantasia, Per ogni cliente sarà facile individuare quella che fa al caso suo.
Esporre solo gli Ingredienti? Solo se il loro livello ci permette di proporre un prezzo elevato…
Aprire un ristorante che propone una sola specialità? Gli strudel di Kroll
Partiamo da una foto di in localino nel centro di Innsbruck, in localino che propone soltanto (beh, quasi, come vedremo più avanti) uno dei piatti nazionali di questa terra: lo strudel.
Il celebre dolce di pasta arrotolata e riempita di mele e varie spezie viene proposto da questo piccolo locale sì nella sua versione tradizionale, ma non solo. Arrotolati nella pasta troviamo infatti anche accostamenti inconsueti come pollo al curry, crauti e speck (vista la zona…) e spinaci e feta, altre alle albicocche, ciliegie e noci…
Si può fare? Si può lanciare un locale dove di fatto si propone un solo piatto, una sola specialità?
Non parliamo di prodotti ormai globali e globalizzati come hamburger e pizza, o di locali-contenitore che richiamano una qualità “anni ’80” un po’ dubbia, come nel caso delle varie “erie” spaghetterie, friggitorie, piadinerie eccetera.
Parliamo invece di un locale che proponga una specialità definita, caratterizzata e nobilitata a livello locale, sì come lo strudel austriaco, ma anche come la crescia sfogliata di Urbino, la farinata di La spezia, la tigella appenninica, i pizzoccheri e chi più più ne ha, più regionalizzi.
Nel centro storico, l’esterno del locale di Innsbruck
Nella nostra idea sì, si può fare, a patto di rispettare alcune regole di base:
Si vende davvero solo quel prodotto? Non conviene, rischiamo di tagliarci troppe altre possibilità, quale cliente, alla fine della abbuffata di pizzoccheri, non gradisce anche un dessert o un caffè? Seguiamo però un filo conduttore… anche il locale dello strudel offre anche la notissima sacher torte, pur sempre molto austriaco…
Nelle prossime vacanze in Tirolo volete visitare il locale di Innsbruck? E’ il Kroll strudel-cafè, in pienissimo centro storico. Meraviglioso, quando in Italia fa troppo caldo, per uno strudel…
Che strudel vogliamo oggi? Questo ristorante vende solo strudel…
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Le recensioni di trip advisor possono aiutarci a lanciare il nostro ristorante?
Dopo aver visto nella prima puntata di questo reportage come iniziare a promuovere la nostra struttura su Trip Advisor (trovate qui questa prima puntata) parliamo stavolta di come gestire le recensioni, magari usandole per far crescere, concretamente, la nostra clientela.
Come ogni buon social network (alla fine Trip Advisor quello è) creare, o far creare, una pagina riguardante il nostro locale non ha senso se non riusciamo a riempirla di contenuti. Peraltro, come abbiamo capito nel primo post, nel caso di Trip Advisor i contenuti non possiamo crearli noi, come su Facebook, ma dobbiamo sperare che siano altri a lasciarli, pubblicando recensioni che ci riguardano; e sperando, e lavorando, perché queste recensioni siano positive.
Sono le recensioni, naturalmente, la vera croce e delizia di Trip Advisor. Vediamo come gestirle, magari a nostro favore…
Recensioni false per un un ristorante? Purtroppo esistono…
Sono solo maldicenze? No, purtroppo ci sono veramente, e di solito basta aprire il nostro locale per ricevere via mail diverse offerte di recensioni di Trip Advisor pagate a pacchetti (ad esempio 10 recensioni per 40€ e 20 per 60€).
Nonostante molte volte Trip Advisor abbia annunciato di avere filtri particolari in grado di evitare le recensioni false, di fatto non esiste nulla del genere. Spesso è stato chiesto di permettere di pubblicare solo le recensioni di chi può dimostrare di essere stato davvero ospite della struttura, ma è immaginabile come questo sistema diminuirebbe drasticamente il numero di recensioni, e per Trip Advisor è più importante la quantità della qualità…
Non entriamo nel merito della scelta personale, del gestore del locale, di usare o meno queste scorciatoie, diciamo solo che, a nostro avviso, questo genere di bugie avrà le gambe corte; forse all’inizio arriveranno davvero più clienti, ma se l’atmosfera e le qualità che offriremo non sarà quella di cui parlano le recensioni finte fioccheranno anche quelle vere, e non saranno positive…
Inutile dire che in un mondo che mercanteggia, non è difficile nemmeno trovare qualcuno disposto a scrivere recensioni false che parlino male dei concorrenti… ma quando abbiamo aperto il nostro locale era per fare bella qualità e di usare la nostra passione per far crescere il nostro locale, o per usare mezzi meschini per crescere a scapito di qualcun’altro?
Come chiedere ai clienti le recensioni su trip advisor. Da questo ristorante inglese dicono di star lontani!
Parlando di recensioni vere, ci tocca partire da una triste ma verissima constatazione: di spontanea volontà, il cliente lascia recensioni solo quando si è trovato male, molto raramente, invece, quando è stato bene; le recensioni positive bisogna un pochino sollecitarle.
Un pochino, senza invadenza. In questo sono molto favoriti gli alberghi, che per la prenotazione possono chiedere l’indirizzo mail e provare gentilmente e con tatto ad usarlo per richiedere una recensione. Per bar e ristoranti è più difficile avere questi dati, e il contatto dovremo stabilirlo direttamente nel locale. Se il nostro locale è un ristorante, o comunque i clienti ci trascorrono un buon tempo seduti e rilassati sarà più facile, potremmo parlare con loro, coccolarli e creare con loro, magari con il tempo, una relazione; questo ci permetterà, con delicatezza, ad un certo punto, di chiedere loro una recensione.
In un bar, in un posto di consumo veloce, è ancora più difficile. In questo senso c’è da dire che raramente le recensioni di Trip Adv hanno un peso su questo tipo di locali “di servizio”. Diciamo che del bar dove ci si ferma per le sigarette e un caffè al volo raramente siamo interessati a leggerel le recensioni…
Anche in questo caso sarà comunque la nostra capacità di gestori di interfacciarci al cliente, proponendogli e raccontandogli la nostra qualità, che ci permetterà di farcelo vicino, e di potergli chiedere, prima o poi, una recensione, magari porgendogli un simpatico bigliettino “promemoria” che lo inviti a condividere la qualità che ha trovato da noi.
Per soluzioni di questo tipo serve certamente sensibilità nel rapporto con il cliente, ma sappiamo bene che il lavoro della ospitalità ha strettamente a che fare con la sensibilità, personale, e, al di là della caccia alla recensione, se non ci sentiamo dotati di questa qualità e non abbiamo questo feeling speciale con i clienti, mi sentirei davvero di sconsigliare questo lavoro.
Come un ristorante americano richiede recensioni su Trip Advisor…
Sicuramente chi apre un locale avrà studiato, prima di fare il suo passo da imprenditore, dei bei manuali di gestione dei cliente e delle lamentele, del complain (vero che lo avete fatto? Altrimenti leggete almeno questo post). Ecco, quello che viene descritto in questi manuali è esattamente quello che bisogna fare con Trip Advisor.
La recensione cattiva si evita innanzitutto dentro il locale, seguendo il cliente al meglio e cercando di capire suoi eventuali segnali di scontento; se riusciremo ad intercettarlo in quel momento potremo capire, rimediare ed evitare la cattiva recensione.
Altrimenti dovremo inseguire, e sopratutto rispondere alla cattiva recensione. Rispondere non vuol dire scatenare la bufera delle ingiurie (peraltro Trip Advisor non permette e non pubblica questo tipo di interventi) vuol dire dimostrare di aver capito il problema, scusarsi, spiegare perché è successo e perché non succederà più.
Attenzione, in casi come questi l’orgoglio è il peggiore dei consiglieri. Un caso pratico? Tempo fa abbiamo pubblicato la triste storia di un locale decaduto e delle recensioni che lo hanno accompagnato, la potete leggere qui.
Ma come, le recensioni non si incassano e basta? Anche no, rispondere può essere sempre un bel segno, magari ringraziando e dicendo che recensioni così sono una spinta ulteriore a lavorare sempre meglio! Saranno un bel modo di far vedere che nel vostro locale c’è tanta attenzione al nostro lavoro e tanta umanità. Ah, se le recensioni positive sono lasciate da familiari o persone che conoscete, cercate di non farlo trapelare, mi sembra evidente, ma c’è chi l’ha fatto…
il sito Consumer Affairs da voti ai siti social, e da un pessimo voto a Trip Advisor…
Detto chiaramente: non è possibile essere cancellati da Trip Advisor perché si sono subite cattive recensioni. La pagina di Trip Advisor che ci riguarda non è nostra, ma degli utenti che scrivono di noi.
Su un argomento scottante come questo siamo comunque andati a vedere direttamente la pagina di Trip Advisor che parla di questo argomento.
Questa ci dice che la loro missione è dare informazioni accurate ai viaggiatori, quindi il profilo TA di una struttura verrà chiuso solo questa sarà:
In questi casi saremo noi, dalla nostra pagina “proprietari” a dover contattare Trip Advisor mandando una circostanziata e provata richiesta.
Ancora, se il locale è stato spostato in un’altra località, verrà creato un nuovo profilo con il nuovo indirizzo.
Alcuni siti consigliano anche alcune strategie per far cancellare le recensioni negative, ma in ultimo sembra che questo sia possibile solo nei casi che:
In quest’ultimo caso alcuni siti consigliano anche di contattare il recensore minacciando vie legali e richiedendo danni per perdita di reputazione. Quest’ultimo passo, sempre secondo questi siti, si può fare anche verso Trip Advisor, inviando raccomandata…
Si tratta di passi un po’ “energici” ma attenzione, perché queste recensioni possono davvero modificare, drammaticamente, il nostro giro d’affari…
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Come si iscrive un ristorante su trip advisor? Si può non ricevere recensioni? Vediamolo…
Anche i suoi detrattori, pur sottolineandone difetti, parzialità, omertà e fraudolenze, non possono sottrarsi al fascino della sua utilità. Spesso lo usano e lo consultano per viaggiare, ma lo denigrano quando parla (male) del loro locale, oppure (bene) di quello dei concorrenti.
Stiamo parlando di Trip Advisor, il sistema/sito di recensioni di alberghi, bar, ristoranti e attività che è ormai diventato la vera guida per chi viaggia e vuol farlo in maniera consapevole.
Praticamente in ogni corso di gestione bar in cui affrontiamo il tema della pubblicità di un bar o ristorante e nominiamo Trip Advisor, si vede una improvvisa insurrezione di pareri asprissimi, con un sacco di gente arrabbiata a prescindere. In ogni caso la maggior parte di bar e ristoranti, e sopratutto quelli (ma non solo) che hanno a che fare con i turisti, non può pensare di fare a meno di Trip Advisor. Ma come funziona? E’ possibile iscrivere il proprio bar o ristorante su Trip Advisor? E, se la cosa non ci piacesse, è possibile cancellarci evitando così cattive recensioni e pubblicità negativa?
Si paga per iscrivere un bar su trip advisor? Vale la pena?
Per essere sicuri di quello che diciamo ed evitare le molte leggende che circolano, siamo andati a controllare il sito ufficiale di Trip Advisor, vedendo come ci si iscrive su Trip Advisor in due modi, uno volontario e uno “involontario”. Partiamo dall’inizio.
Se è nostra intenzione iscriverci volontariamente a Trip Advisor , dobbiamo visitare la pagina www.tripadvisor.it/Owners e verificate che il nostro locale non sia già stato inserito e recensito su TripAdvisor da un nostro cliente. Per fare questa verifica si inserisce il nome del nostro locale nella casella di ricerca; se compare vuol dire che qualcuno ha già scritto di noi.
Se troviamo il nostro locale fra quelli già recensiti, possiamo però rivendicarne la proprietà. Questo per due motivi
Qualora la struttura non sia ancora presente è possibile seguire la procedura per inserirla, dando le informazioni richieste, inserendo le foto e gli altri elementi richiesti, che possono variare a seconda del tipo di struttura. Cerchiamo di prenderci tempo per questa procedura, più saremo precisi e attraenti nei dati, elementi e foto che inseriremo, più saremo in grado di attrarre clienti alla nostra attività.
Il profilo della nostra struttura su Trip Advisor è però una scatola vuota, adesso è il momento di farla riempire di recensioni, possibilmente positive, abbiamo perciò dedicato un post a come ottenere recensioni su Trip Advisor per il proprio bar o ristorante e a come gestire le cattive (e buone) recensioni. Trovate tutto su questa pagina.
Si può fare pubblicità per un bar o ristorante su Trip Advisor? Serve?
Negli anni i colossi di internet, quelli che, come Google, Facebook, Amazon e altri, hanno saputo conquistare una posizione di vantaggio sui competitor, si sono poi impegnati per sviluppare meccanismi per guadagnare con la pubblicità, con risultati a volte mostruosi.
E’ questo anche il caso di Trip Advisor, che nato (e tuttora presente) come sito di recensioni, ha sviluppato numerosi sistemi di promozione, diversi dei quali a pagamento, ma non tutti. Ma andiamo con ordine.
Se andiamo su questa pagina di Trip Advisor, troviamo una lista di strumenti di marketing che ci offre Trip Advisor.
Questi strumenti sono divisi in due categorie, quelli gratuiti e quelli a pagamento.
Gratuitamente Trip advisor ci permette di promuovere il nostro bar o ristorante sopratutto agendo:
Vediamo gli strumenti di promozione gratuiti e non di TripAdvisor…
Se siamo disposti ad investire sulla promozione del nostro locale su Trip Advisor possiamo usare sopratutto due strade.
La prenotazione direttamente da trip Advisor. Funziona: chi sta cercando un ristorante controlla su Trip Advisor e se vede che il nostro locale è prenotabile direttamente tende a farlo, è più facile e non ci costringe (magari dal cellulare) ad aprire altre pagine per cercare il nostro numero di telefono… Il costo di questa promozione, ci scrive Trip Advisor sulla sua pagina, viene valutato di volta in volta con una offerta personalizzata.
Il TripAdvisor Premium. Di fatto un’upgrade della nostra pagina Trip Advisor, che ci permette di evidenziare le nostre recensioni migliori, di fornire a chi è interessato una assistenza telefonica, di aggiungere più foto (che sembrano aumentare di molto la nostra popolarità e la possibilità di essere visti) e altri dati sulla nostra attività, rendendola più attrattiva…
Ok, a questo punto siamo su TripAdvisor… e adesso? Arrivano le recensioni, buone e cattive, e dobbiamo imparare a gestirle. Di questo parliamo in questo post...
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