Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre 2021
No, non è un locale infestato da spettri o una taverna inquietante. Secondo i blog americani che si occupano di ristorazione è invece una delle nuove tendenze del food business: il ghost restaurant (o dark kitchen, poi vedremo la differenza).
Se letteralmente il nome vuol dire ristorante fantasma, in pratica si tratta di un locale che non ha un’area dedicata ai tavoli e ai clienti. Non ha una sala, è un ristorante che in si riassume nella sola cucina.
E i clienti? Stanno a casa loro naturalmente, oppure sulla panchina del parco di fronte. Nel locale, appunto, non ci sono spazi dove mangiare.
Ci siete già arrivati vero? Non è necessario essere smaliziatissimi per capire che si tratta del classico locale da asporto (cioè in cui i clienti vengono a prendersi i piatti che hanno ordinato via telefono o internet) e/o da delivery (in cui il cibo ordinato viene consegnato a casa).
Un format già largamente conosciuto e certamente non innovativo. Siamo quindi di fronte al classico caso in cui un modello di ristorazione abbastanza banale viene ringiovanito appicicandoci un nuovo nome dal sapore anglofilo?
Probabilmente si, e a come aprire un locale da asporto abbiamo già dedicato un post ma già che ci siamo parliamone. Vale la pena aprire un ghost restaurant?
I veri, incontestabili e importantissimi vantaggi dell’aprire un ghost restaurant rispetto ad un classico ristorante riguardano naturalmente i costi. Come sottolinea questo sito americano aprire questo tipo di locale comporta in apertura di locale investimenti molto più bassi di quelli necessari ad un ristorante classico. Molto più bassi saranno anche i costi di gestione, quindi il break even.
Parlando di investimento iniziale i vantaggi saranno:
I costi di gestione più ridotti saranno dovuti a:
Queste considerazioni fanno del ghost restaurant un ottimo modello di ristorazione per chi ha buone idee ma un budget ridotto. Il ghost restaurant è quindi la migliore soluzione, magari per un giovane imprenditore, per lanciare la nostra idea di cucina?
Quasi…
… quasi, perché il ghost restaurant non è il tipo di locale che funziona per ogni tipo di cucina, per ogni piatto. Come in tutti i locali da asporto/delivery infatti, la faranno da padrone i classici piatti “da partita e divano” come pizza, hamburger e qualche cucina etnica.
Più difficile sarà proporre una cucina di livello più alto, magari più “esperienziale”. Per due motivi, uno pratico e uno dettato dalle sensazioni.
Dedichiamo poi due minuti anche ad una riflessione ovvia. Aprendo un ghost restaurant ci giocheremo una grossa fetta di mercato: i clienti a cui piace gustarsi la nostra cucina comodamente seduti da noi, ai nostri tavoli. Soprattutto se il nostro progetto avesse successo (o se non lo avesse, nel tentativo di trovare soluzioni al flop) avvertiremo probabilmente la necessità di avere una sede “meno ghost”, un locale più tradizionale, che possa ospitare clienti.
Una trasformazione del genere potrebbe avere conseguenze imprevedibili, e non sempre positive (magari dovremo spostarci in una nuova sede dove nessuno ci conosce…). Meglio perciò sarebbe pianificare fin da subito questa eventualità; cominciare subito a pensare cosa succederebbe se (se) fra due anni volessi dare alla mia idea una sede “da ristorante normale”…
Non sono pochi, peraltro, i locali “normali” che decidono di dedicare una attenzione specifica al delivery. Secondo alcuni è questo il vero senso di ghost restaurant…
Come dicevamo sopra, uno dei vantaggi di un ghost restaurant è quello di poter essere aperto anche in location poco attrattive, in luoghi di scarsissimo o addirittura nullo passaggio di clienti. Queste location “dimesse” avranno inevitabilmente affitti più bassi rispetto ai “marciapiedi ad alto calpestio” per usare il linguaggio delle agenzie immobiliari.
Facciamo però una seconda considerazione. Potrebbe essere un errore locarsi molto lontani dal luogo di consumo dei nostri clienti, sia questo il divano di casa o la scrivania in pausa pranzo. Un errore sia a livello pratico (il nostro cibo arriverà ancora più freddo e fiacco) sia a livello economico (perderemo più tempo e quindi più soldi per le consegne).
L’apertura di un ghost restaurant ha praticamente gli stessi passaggi e gli stessi regolamenti di quella di un locale classico (i passaggi li trovate riassunti qui).
A cambiare sarà la scala, la dimensione di questi passaggi, che saranno in molti casi assai semplificati. Come dicevamo non avremo bisogno di preoccuparci degli aspetti legati alla presenza dei clienti; dai bagni fino a molti aspetti legati alla sicurezza. A non cambiare sarà invece la necessità dei requisiti professionali fino ad un eventuale corso SAB e la presentazione della SCIA con tutti i passaggi ad esso collegati.
Se dal punto di vista burocratico questo tipo di locale non comporterà particolari differenze rispetto ad uno normale, a cambiare saranno i metodi di approccio al cliente. In un locale per definizione “invisibile” come un ghost restaurant, sarà fondamentale farsi trovare attraverso un capillare lavoro di comunicazione
Internet ne sarà naturalmente il media principale, ma anche (in questo caso ancora funzionano) presenze fisiche quali i volantini potranno avere un ruolo. In tutti i casi, oltre ad elencare il nostro menù, la comunicazione avrà i fondamentale ruolo di far percepire come “cool” il nostro cibo e perfino noi stessi, la nostra abilità e il nostro carisma. Perfino il nostro marchio, logo e la “brand awareness” saranno decisivi per rendere visibilissimo il nostro locale invisibile.
Non dimentichiamo poi, sia a livello comunicativo che pratico, che difficilmente potremo fare a meno di appoggiarci a sistemi di delivery come Uber eats, Glovo, Deliveroo e così via. A questi abbiamo dedicato un post che vi consigliamo caldamente di leggere.
Finora abbiamo parlato di Ghost restaurants, ma in realtà, frugando sui siti di ristorazione e di tendenze si trovano molti sinonimi, in alcuni casi presentati come leggerissime variazioni sul tema.
Secondo alcuni siti infatti un ghost restaurant è un locale classico che comincia a promuoversi in maniera più importante anche per l’asporto e il delivery, a volte dotandosi addirittura di una nuova identità. In pratica sfrutta le stesse aree e cucine per due diverse attività e due brand separati.
Sempre secondo questi siti la dark kitchen è invece il laboratorio di manipolazione, il ristorante completamente senza clienti, a volte chiamato anche ghost kitchen. A voi la scelta del nome, in fin dei conti sempre di fantasmi si tratta…