Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre 2019
C’era una volta un’Italia che definiva il caffè americano un’acquaccia sporca. Quest’Italia, per di più, faceva anche molta confusione a definire cosa fosse un caffè americano (un caffè lungo? Una brodaglia? Un espresso allungato?).
C’era, ma non c’è quasi più, perché ormai il caffè americano ha cominciato a guadagnare la sua dignità. Sono sempre di più i clienti dei bar, magari quelli più cosmopoliti, che chiedono il classico mug di caffè lungo e, per reazione, sono diversi i bar che offrono un caffè americano abbastanza vero. C’è di più: perfino a casa gli italiani cominciano a diventare fan del tazzone; Instagram ci regala foto di personaggi e sportivi che al mattino fanno colazione con il caffè filtrato, e nei supermercati è sempre più facile trovare miscele promosse come risposte alla domanda: che caffé si usa per fare il caffe americano.
Un po’ di confusione però è rimasta, e ad aumentarla (e a rendere più affascinante il mondo del caffè lungo americano) ha contribuito il successo del brewing: quell’insieme molto cool di metodi di preparazione del caffè infuso o percolato di nuovissima generazione.
E’ quindi il momento di fare un po di chiarezza. Per una volta usciamo dai panni di baristi ed entriamo in quelli di appassionati di caffè, e proviamo a capire la differenza fra i vari metodi, quale caffe si usa per fare il caffè americano, come si fa a farlo senza la macchina o le differenze fra i vari metodi che potremmo utilizzare. Mettiamoci comodi (ma ancora senza mug in mano…).
Aspetta un momento, con quale macchina? Per non ricominciare subito a fare confusione proviamo a chiarire, come primo passaggio, cosa intendiamo per caffè americano.
Il caffè è, lo sappiamo, un chicco che una volta tostato potrà essere usato per preparare una bevanda aromatica, rilasciando in acqua le sue sostanze, aromi e profumi. Questa estrazione (o soluzione) non è però sempre positiva. Come molti appassionati di caffè sanno potrebbero esserci diversi stadi di estrazione:
Passando a livello pratico, per ottenere questa estrazione potremmo usare tre tecniche principali:
Forti di queste competenze, torniamo al nostro caffè americano. Chiedendolo al bar il barista potrebbe prepararci, a seconda di latitudine, contesto e sue competenza, tre preparazioni diverse:
Ecco, quando parliamo di come fare il caffe americano con la macchina ci riferiamo a quest’ultimo metodo.
La macchina per fare il caffè americano, che vedete nella foto qui sotto, è quindi una macchina di dimensioni variabili a seconda se sarà usata professionalmente al bar, quindi per quantità importanti oppure in ambito casalingo. Essa sarà composta essenzialmente da un contenitore d’acqua, acqua che verrà scaldata da una resistenza e che verrà poi versata, con un preciso ratio centilitri/minuto nel basket, il cestello contenente un filtro in carta e il caffè macinato.
Da lì l’acqua gocciolerà poi nella caraffa posta sotto, di solito appoggiata su una piastra riscaldante.
I prezzi di questa macchina per fare il caffè lungo americano, tutto sommato molto semplice, varia da 100€ o poco più (talvolta anche poco meno) fino a oltre mille euro per le macchine automatiche e da molti litri/ora usate nei grandi alberghi.
Forse non tanto per il costo della macchina, ma per lo spazio che occupa in cucina o perché alla fine quello della tazza di caffè filtro è uno sfizio che ci concediamo raramente, fatto sta che sarebbe nostro desiderio capire come si possa anche fare il caffè americano senza macchina. Cominciamo quindi ad esplorare i metodi alternativi.
Come fare il caffè americano con tisaniera, French press, orziera. Abbiamo visto prima che sono tutti metodi di infusione. Usarli sarà facilissimo, scaldiamo l’acqua (sui 94 gradi sarà perfetta) e versiamoci il caffè con il filtro apposito. Sarà opportuno fare un po’ di prove per capire quale sarà l’estrazione ottimale, vale a dire per quanto tempo sarà opportuno lasciare l’acqua in contatto con il caffè ed evitare sovra o sotto estrazioni. Una volta che avremo trovato questo parametro ottimale filtreremo subito il prodotto ln mug o caraffa termica.
Fare il caffè americano con il brewing. Come nel caso sopra, avremo il vantaggio di un minimo spazio occupato in cucina e di un costo della attrezzatura abbastanza ridotto. I metodi di percolazione in brewing avranno però bisogno di alcune attenzioni in più, soprattutto se useremo caffè “specialty” o comunque caffè di alto livello. Con caffè di questo tipo però, e usando con cognizione questi metodi (non dimenticate la bilancia per il ratio caffè/acqua e un orologio per controllare il tempo di estrazione) potremo regalarci vere emozioni!
Come fare il caffè americano con l’espresso. Al bar non avete la macchina da caffè filtro e il cliente, magari straniero, vi chiede un caffè lungo? La tentazione di servire direttamente un’espresso lunghissimo sarà forte, ma il risultato sarà abbastanza terribile. Abbiamo capito che l’espresso è cosa diversa dall’infusione e percolazione. Con l’espresso andremo certamente a sovraestrarre e a servire qualcosa di amarissimo e legnoso, bleah! Meglio che niente sarà, l’avete capito, un espresso allungato con acqua calda; l‘americano originale!
Come fare il caffè americano con la moka. Ecco, fra i metodi per fare il caffè americano in casa, la moka, metodo basato sulla ebollizzione dell’acqua che per natura tende a sovraestrarre e esaltare l’amaro, è davvero la meno indicata. Dai, facciamo un puiccolo sforzo e compriamo una french press, le vendono anche da Ikea!
Trovato il metodo e la macchina, è il momento di scegliere il caffè per fare il caffè lungo.
La miscela di caffé usata è infatti normalmente diversa da quella usata per l’espresso Italiano. Pensiamo infatti che se nell’espresso noi cerchiamo corpo, intensità e magari un briciolo di amaro, nel filtro cercheremo profumi e aromi. Eliminiamo quindi il caffè di varietà robusta e diamo via libera, invece, ai caffé arabica di varietà selezionate (bourbon, maragogype e tutte le sue derivazioni, gesha e altro se siamo in vena di follie…) magari trattati con il metodo lavato e provenienti da piantagioni di alta quota. Caffè quindi di cui sfrutteremo la dolcezza, il profumo, e una certa fresca acidità.
Comer origini ci sentiremmo di consigliarvi qualcosa di centroamericano, per esempio Honduras e Guatemala; caffè che possono regalarci una dolcezza inarrivabile e note fruttate davvero uniche. Ancora, provate i caffè africani di Kenia, Uganda e Etiopia: acidità citrica e vinosa particolare e note speziate che renderanno la vostra tazza una vera esperienza.
Rispetto ai caffè da espresso o moka nei caffè da filtro dovrà cambiare anche la tostatura. Più chiara, meno spinta, che consentirà di limitare la sensazione di amaro e di esaltare la freschezza tipica di un caffé che è vissuto più come un infuso che come una tazzina. Ricordiamo infatti che tostature troppo scure tendono a degradare gli acidi del caffè, quindi a eliminarne gli aromi sviluppati da queste sostanze preziose, sostituendoli con note date dalla caramellizzazione (a volte fino al bruciato e al cenere) portati dalla tostatura scura.
E’ sempre più facile trovare questi caffè, sia nei supermercati sia, per le qualità migliori, su siti specializzati e focalizzati sul mondo delle monoorigini e coffee specialty, siti che spesso dedicano al filtro vere e proprie categorie.
Ancora una leggenda da sfatare: il caffè americano non ha necessariamente più caffeina dell’espresso. La caffeina si trova nel caffé, e quindi nei grammi di caffè usato. Un caffè quindi, sia esso lungo, americano o da espresso avrà una percentuale di caffeina data dal tipo di caffè utilizzato. Il caffè robusta contiene per esempio il doppio della caffeina rispetto all’arabica, e alcune varietà di arabica ne contengono percentuali ancora molto più basse.
Ancora un dettaglio: i chicchi di caffè dovranno essere macinati più grossi che per l’uso con macchina espresso o moka. La polvere, come dicono gli americani, deve essere coarse, macinata grossa. Per essere più precisi diciamo che dovremmo avere una granulometria intorno ai 500 micron.
E adesso, buon caffè filtro!