Ultimo aggiornamento: 5 Giugno 2018
Dopo la puntata dedicata a cosa serve, normative, regolamenti, costi per aprire un bar a Bologna, passiamo oggi a Torino.
Per aprire un bar nella città piemontese i percorsi di massima da seguire sono gli stessi che nel resto d’Italia, ma, come in ogni regione, ci sono alcune particolarità.
Partiamo intanto dalla classica differenza fra le autorizzazioni necessarie nel caso si rilevi un locale già esistente o se si intenda costruirne un bar o pub nuovo, le necessità cambiano grandemente.
Nel primo caso, quello a proposito di cosa occorre per aprire un bar già esistente, che noi acquistiamo o subentriamo, è senz’altro il più semplice, ma solo nel caso che non si compiano lavori strutturali nel locale che si rileva. In questo caso è necessario essere in possesso dei requisiti morali e professionali, avere la disponibilità del locale (è ovvio, ma vuol dire che dovremo corredare la domanda con il contratto) e riassumere tutto questo nella presentazione del modello 302, che trovate qui, e in cui si dichiara, appunto, di possedere i nostri requisiti (non abbiamo pendenze penali, abbiamo ottenuto il REC o SAB che dir si voglia) e che non abbiamo fatto modifiche su un locale che è nato prima dell’entrata in vigore delle molte leggi a cui altrimenti saremmo tenuti a metterci in regola (e a certificare con molti altri moduli).
Cosa fare invece per aprire un bar nuovo? Per costruirne uno insomma? È necessaria una documentazione ben più cospicua, sono molte le certificazioni richieste. Nel modulo 305, quello necessario, che trovate qui, ne abbiamo contate al volo oltre 20, dalla sorvegliabilità del locale fino all’impatto acustico.
Prima di iniziare il lavoro di preparazione della documentazione, è bene sapere che Torino, come molte altre città (soprattutto d’arte) italiane, ha messo barriere alla apertura di nuovi locali in zone già troppo stressate, e al momento in cui scriviamo non è possibile aprire, almeno fino al 2015, pub o bar in: corso Moncalieri (da piazza Zara a piazza Gran Madre di Dio), piazza Vittorio Veneto e l’area circostante, area del Quadrilatero romano.
Se non siamo in questa zona possiamo metterci al lavoro. Facciamo alcune considerazioni sulle richieste che vengono fatte. Salta subito all’occhio che da soli, senza l’appoggio di un tecnico, è praticamente impossibile venirne a capo; tale è la massa di articoli, decreti e norme che solo chi ha già acquisito molta esperienza tecnica o burocratica può conoscere gli “shortcut” le scorciatoie, per preparare materiali richiesti in tempi umani. Un tecnico, o più tecnici, sono necessari anche perché molte planimentrie richieste non possono essere disegnate e soprattutto certificate che non da tecnici abilitati.
Fra le certificazioni richieste c’è ad esempio quella sulla paesaggistica, vale a dire sull’impatto che il nostro locale potrebbe avere sull’aspetto della zona o della strada. Come in un gioco di scatole cinesi, questa norma ci porta ad altre leggi, che probabilmente ci chiederanno di non mettere insegne sporgenti o di non usare certi colori, considerati offensivi per il look della zona (ha volte a ragione!).
Altra è la certificazione sui parcheggi. La legislazione torinese in questo caso chiede che il nuovo pub (o bar) metta a disposizione da uno a otto parcheggi riservati, pagandoli al comune. Esenti da questa regola i locali di dimensione inferiore a 35metri quadri (25 in centro) un bell’ostacolo.
Una volta che tutte le certificazioni sono pronte possiamo presentare la SCIA in via Giannone 5, da quel momento il comune avrà a disposizione 60 giorni per rispondere, tempo dopo il quale potremo considerarla accettata. A quel punto sarà il momento di far vedere quanto valiamo.
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[…] di almeno 5 parcheggi privati; una follia nel centro di Madrid! (una regola, abbiamo visto in questo articolo, che esiste anche a Torino ndr). Quindi, prima di affittare o acquistare, meglio andare al […]