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Aprire un Bar in Italia da Stranieri

如何在意大利开一家酒吧 . كيفية فتح شريط في إيطاليا . cum să deschideți un bar în Italia…. Come si apre un bar in Italia? Sono sempre più i bar in Italia gestiti da stranieri, che ci fanno scoprire come si possa aprire un bar di successo anche se non si è nati tricolori…

 

 

Molti ragazzi cinesi aprono bar in Italia, si può fare con successo?

Molti ragazzi cinesi aprono bar in Italia, si può fare con successo?

 

Sono moltissimi i ragazzi stranieri che scrivono al nostro blog o vengono ai nostri corsi di gestione, di caffetteria e barman perché hanno intenzione di rilevare , di aprire un loro bar. Sono anche moltissimi i baristi, pizzaioli, barman, cuochi e camerieri stranieri che lavorano nei locali italiani; vengono da Cina, Egitto, Romania, Albania, dall’America Latina e da tutte quelle nazioni, molte Africane, che la mappa dell’immigrazione aggiorna continuamente, a volte anche in maniera drammatica…
Risultato della voglia di fare imprenditoria dei ragazzi stranieri che arrivano in Italia e l’aumento, ormai in ogni contesto e latitudine, di bar e locali gestiti da stranieri; ma quali consigli dare agli stranieri che vogliono aprire una attività in Italia?
Gli ostacoli principali che uno straniero si trova ad aprire una attività in un paese che non è il suo sono sopratutto:

  • La lingua in cui sono scritte le leggi e in cui si svolgono le trattative.
  • Gli usi e le abitudini diverse dei clienti, che non sempre è facile capire.
  • Una certa diffidenza che prova il cliente nel frequentare un bar (ma, a volte anche un concetto) gestito da stranieri.

 

IL PROBLEMA DELLA LINGUA PER APRIRE UN BAR IN ITALIA SE Sì è STRANIERI

Il problema della lingua appare perfino banale a chiunque voglia lavorare in un paese che non è il suo.
La faccia di questo problema che appare più evidente è quella del confronto con leggi e contrattazioni, che naturalmente sono scritte, e vengono discusse, in Italiano. Il problema si rovescia esattamente se (e non succede raramente) è un italiano a voler aprire un locale all’estero.
Dal punto di vista delle leggi e dei regolamenti il problema è che, nel momento in cui firmiamo una SCIA o facciamo autodichirazioni accettiamo una serie di leggi e di obblighi che dobbiamo essere sicuri di aver ben compreso, pena il rischio di, controlli, multe o, nella migliore delle ipotesi, perdite di tempo.
Come contrattazione il problema può essere anche più rischioso. Se non capiamo, o comunque abbiamo una conoscenza abbastanza bassa della lingua in cui si svolge la compravendita, rischieremo di perdere importanti clausole e di non riuscire a portare avanti una discussione efficace fino a trovarci, senza saperlo, ad accettare contratti poco vantaggiosi e perfino truffaldini.
In questo caso può essere utile contattare le associazioni dei propri connazionali, ormai molto presenti in Italia, oppure le aziende di caffè, che pensando di averci in seguito come clienti possono avere tutto l’interesse per aiutarci in questo percorso. Perfino la nostra scuola è stata contattata per supportare progetti del genere.

GLI USI E LE ABITUDINI DIVERSE DEI CLIENTI, E LA LORO DIFFIDENZA…
C’è però un’altra faccia, più subdola, del problema di non capire la lingua del paese dove siamo ospiti: non capire i clienti.
Attenzione, non solo non capirne la lingua (si trovano purtroppo in giri locali dove ti rendi conto che sta dietro il banco ha grosse difficoltà con l’Italiano…) ma anche non capire gli usi, le abitudini, i modi di dire e di comportarsi di quella nazione o di quella regione/città…
Far intuire al cliente che non capiamo al volo quello che ci chiede e come lo vorrebbe è pericoloso, crea una barriera, mette il cliente nella posizione di poter pensare “questo non capisce nulla, figuriamoci se sa preparare un caffè decente…” il problema è che poi, anche se siamo bravi e preparati, questa barriera rimarrà, perchè un bar non è un negozio di ferramenta, dove si rimane il tempo di comprare una vite, è un locale che fa ospitalità, dove rimaniamo per una pausa, un momento di relax e di gusto che vorremmo passare con persone piacevoli, capaci di accoglierci al meglio, non con qualcuno che può apparirci distante e alieno.
Parlando di incomprensioni possono esserci persino dei casi estremi. Il molti paesi di lingua inglese quello che noi chiamiamo “latte macchiato” è invece chiamato “latte” se però un cliente americano viene in Italia e chiede un “latte” probabilmente rimarrà spiazzato ricevendo un semplice bicchiere pieno, appunto, di latte…

UNO STRANIERO Può APRIRE UN LOCALE IN ITALIA?
Se ci sono tutte questi trabocchetti e difficoltà, uno straniero può davvero aprire un locale in Italia o è una impresa impossibile?
Beh, è facile immaginare come un cliente italiano non abbia problemi a vedere un gestore di colore in un ferramenta ma viva il bar come qualcosa di italiano, nessuna paura però; la diffidenza si supera con la professionalità: essere attenti ed educati, muoverci dietro il banco con destrezza e misura, essere impeccabili nel servizio e nella gentilezza farà presto dimenticare una nazione di origine diversa.
Essere diversi, come origini, può perfino, e sopratutto, essere una ricchezza, se usiamo con attenzione la nostra diversa identità culturale. Dicendo questo può sembrare che ci riferiamo ai soliti locali etnici, al ristorante cinese o thailandese, in realtà possiamo mixare sapori esotici aad lcune ricette classiche del nostro paese. Se ad esempio siamo latino americani perché non fare brioches al dulce de leche, Il classico mou delicato dei paesi della america del sur. E ancora, se siamo arabi perché non ideare una italianissima piccola rosetta farcita con falafel e la delicata crema di ceci hummus?
Un ultimo appunto. Uno dei tratti classici dei bar gestiti da non italiani è la presenza di cartoline e ricordi della propria patria, oggetti messi lì più per il proprio “sollievo” che per precisa scelta di arredamento. Diciamo chiaramente, ancora una volta, che il bar è il nostro luogo di lavoro, non la nostra casa, e ogni elemento con cui lo arrediamo deve essere funzionale all’immagine del locale, cerchiamo semmai di mettere richiami ai paesi d’origine più creativi e godibili, come oggetti in se stessi, e non come souvenir.
Del resto lasciatemi ricordare che ad un nostro corso sui cappuccini venne mesi fa una ragazza cinese che non soltanto ha aperto il suo bar e va benissimo, ma ha addirittura fatto gare di latte art!

1 Comment

  1. Lucia ha detto:

    però le pizzerie e ristoanti itaiani ce ne sono in mondo. peché non potrebbe avere succeso anche un cibo ancora poco conosciuto in Italia?

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