E’ uno dei grandi trend di questi anni, è calato dal Nord Europa (Inghilterra e Francia, ma soprattutto Belgio e Olanda) fino a diventare un’ondata travolgente, più o meno come quella, ai tempi, delle yogurterie o dei negozi di sigarette elettroniche.
Stiamo parlando dei piccoli locali, generalmente da asporto, che vendono soltanto, o quasi, patatine fritte. Le ragioni del successo di questo business sono facilmente spiegabili:
Come tutti i business però, bisogna fare bene i conti, e sapersi guardare intorno con attenzione, anche perché, in questo campo, la concorrenza fra marchi di franchising è davvero forte. Cominciamo a fare due conti.
Come abbiamo detto molte volte, questa domanda vale un milione di dollari; una corretta analisi economica ha bisogno di dati più precisi possibili, e soprattutto legati ad una precisa location.
Naturalmente in questo nostro post ci riferiamo ad un concept, in generale, e non ad un locale definito, quindi il conto economico che riportiamo sotto non potrà essere che esemplificativo. In ogni caso, come vediamo sempre nei corsi di gestione bar (trovate il link a queste giornate che organizziamo con il nostro team in questa pagina) per l’analisi di un locale si comincia sempre dagli incassi.
Per valutare questo tipo di business siamo andati a visitare diversi locali di questo tipo, verso fine giornata e comprando il nostro bravo cono di patatine fritte (almeno senza maionese, altrimenti addio linea…) e a vedere, grazie al numero progressivo, quanti scontrini erano stati emessi.
In zone di centro e semicentro, in vari giorni della settimana, abbiamo trovato dati che variavano
da 48 a 112 scontrini emessi in una giornata
e, attraverso la valutazione dello scontrino medio (vedete cos’è questo importante parametro in questo post) abbiamo potuto ipotizzare come ogni scontrino porti ad un incasso medio di 3,31€
Quindi da 46.000 a 110.000 Euro all’anno (considerando un giorno di chiusura).
Da questo incasso dobbiamo sottrarre le spese. Proviamo, in questa nostra simulazione, ad elencarle:
Il totale dei costi in questo esempio di business plan va quindi da 52.100 a 66.200
Con un utile/perdita (ante tasse) di -6.100 o +43.800
Una volta fatto un po’ di conti in tasca ad un locale di patatine fritte, e deciso che la nostra location ci perterà a stare nella parte bella della simulazione (quella che fa utili!) potremmo cominciare a capire qual’è invece il marchio di patatinerie in franchising che fa per noi.
In questo sito abbiamo già dedicato un reportage completo agli elementi da verificare prima di aprire una attività in franchising. trovate il post in questa pagina, ma possiamo riassumere i punti fondamentali così:
Qui però siamo a parlare di franchising di patatine; siamo quindi andati a spulciare un po’ di siti dei vari brand che li offrono, per provare a compararli:
INVESTIMENTO | ROYALTY | LOCATION RICHIESTA | ||
FRY CHIPS | da 48.000 euro | 4% annuo. | da 35 mq, in zone centrali e di passaggio | www.frychips.it |
FRANCHISING CHIPSTAR | da 75.000 euro (attrezzature e arredamento, know-how) | 5%. | da 35 mq. | www.chipstar.nl |
AMSTERDAM CHIPS | 80mila-150mila euro. a seconda della location | 8% (+2% per comunicazione) | locali da 40-80 mq in città di almeno 35.000 abitanti | www.amsterdamchips.com |
CHIPSY AMSTERDAM | di 35.000 euro (attrezzature, arredamento e formazione) | 4% mensile (più 1% per la pubblicità) | strade principali, ad alta traffico pedonale. | [email protected] ? |
CHIPPSTER HOLLAND | da 25.000 euro (attrezzature, allestimento, know-how). | 5% mensili. | spazi anche piccoli, ma con grande passaggio. | [email protected] |
PATATA SHOP | da 35.000 euro | 300 euro al mese. | città di almeno 25mila abitanti | [email protected] |
Aprire una friggitoria non è diverso, come percorso burocratico, dall’aprire un qualsiasi altro locale. Potremmo riassumerlo, passo per passo e inserendo i link che rimandano all’argomento, in questi step:
E… non mangiatene troppe!
The post Conviene Aprire un Franchising di Patatine Fritte? first appeared on Aprire Un Bar.]]>Una volta i bar vendevano più o meno le stesse caramelle, la stessa cioccolata, le stesse patatine, mentre oggi, su quella che si chiama “vendita d’impulso” c’è una precisa differenziazione, fra bar e supermercato e perfino a seconda del tipo di bar.
La differenza è data dal fatto che la vendita di questi articoli nei bar soffre da tempo la concorrenza, appunto, dei supermercati, e non sono molti quelli che vanno a comprare la bottiglia di vino o la cioccolata popolare al bar quando la possono trovare ad un terzo del prezzo fra gli scaffali di un supermercato. I bar di servizio (autogrill, bar di forte passaggio stradale, bar in paesini piccolissimi) hanno ancora questa funzione, vendendo prodotti di basso costo, non avendo concorrenza e rivolgendosi a clienti che hanno bisogno di trovare molte cose nello stesso punto, visto che non possono fermarsi in luoghi diversi. I bar di città, invece, hanno dovuto ristrutturare tutto il loro assortimento cercando di differenziarsi nella qualità: patatine al sale del Wisconsin, cioccolata con pepe rosa del Tanganika etc…
Se ci situiamo dalla prospettiva del cliente, comprendiamo ancora meglio il valore di questi prodotti e più in generale del concetto di “acquisto d’impulso”. Un cliente che arriva alla nostra cassa pensa, nove volte su dieci, solo a pagare e scappare, non si sofferma a valutare razionalmente i suoi acquisti: che sia il cioccolatino dopo il caffè o le nuove gomme al gusto papaya, egli è guidato da stimoli inconsci, emotivi, non calcolati. Ed è su questi che noi dobbiamo intervenire! Come?
Puntando sulla novità e l’esclusività del prodotto, come abbiamo detto, ma anche su un packaging attraente, un’esposizione curata, una selezione dei prodotti ad hoc. Facciamo qualche esempio che ci servirà a capire meglio le potenzialità dei prodotti da banco.
L’era del cioccolato bianco: sono ormai lontani gli anni dove la cioccolata veniva venduta in tozze barrette “militari”, a forma di cingolato. Oggi la varietà è vastissima: dalle percentuali di cacao utilizzate alle provenienze geografiche dello stesso, dalle aromatizzazioni alle confezioni studiate per precisi momenti della giornata o della vita. La cioccolata, per tantissimi bar e caffetterie, costituisce una delle maggiori fonti d’introito, perché per sua natura essa stimola i nostri desideri più reconditi…
Calo di zuccheri? Perché non prendere una tonificante barretta energetica? Lavoratori, studenti, tutti hanno bisogno di un surplus di energia in questa vita frenetica che conduciamo. Acquistiamo al volo uno snack ricco di fibre e di proteine, lo infiliamo in borsa o in tasca, e lo apriamo quando sentiamo che le energie ci stanno venendo a mancare, senza dover preoccuparci di preparare nulla, di riscaldare un piatto o di andare a comprare svariati ingredienti.
Dimenticato qualcosa? Quante volte ci è capitato di andare a una festa di compleanno e di aver ricordato all’ultimo momento di non aver comprato un regalo? Come risolvere ed evitare una figuraccia? Semplice, si va al bar e si acquista una elegante confezione regalo di cioccolata di Modica o di caffè Etiopia Sidamo. Le occasioni per gli acquisti non mancano mai: dalle feste comandate vecchie e nuove (le uova di Pasque e i dolcetti di Halloween) agli eventi sportivi, fino ad arrivare alle mode che nascono al cinema o in Tv (e che producono il relativo merchandising), sono sempre di più i prodotti di consumo che vengono offerti alle casse in modo da stimolare l’acquisto d’impulso – non ultimi, per esempio, i biglietti “gratta e vinci”.
Una corretta esposizione serve anche a ridurre le possibilità di furto: che scompaia qualche caramella è purtroppo un conto che dobbiamo sempre fare, ma se riusciamo a disporre i prodotti da banco intorno alla cassa in maniera razionale, ridurremo molto queste evenienze.
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