Per qualcuno è ancora il corso ex Rec, per qualcuno si chiama per esteso: corso per somministrazione alimenti e bevande, qualcuno infine lo chiama con la sigla che lo identifica fin da quando è stato creato (nel 2010): corso SAB.
Nel nostro blog abbiamo dedicato molto spazio a questo corso obbligatorio per l’apertura locali; o meglio, difficile dire che è obbligatorio. Diciamo che la legge ci chiede di indicare sulla SCIA se noi siamo in possesso di requisiti professionali, cioè se siamo in grado di fare il mestiere che sarebbe inerente la nostra attività, se e come abbiamo imparato a farlo. Il possesso di questi requisiti può essere ottenuto in vari modi, perfino tramite altre persone. Abbiamo riassunto questi modi in un post che ne parla nel dettaglio e che trovate qui. Li abbiamo comunque riassunti anche qui sotto, che non fa mai male!
Se non possiamo certificare i requisiti professionali in nessuno di questi modi, saremo chiamati invece ad iscriverci ad un corso SAB. Questi corsi sono strutturati con lunghezze variabili in Italia, per esempio, nel momento in cui scriviamo la durata del corso sab in ore è di:
Qui sotto entreremo in maniera più diffusa sul programma di questi corsi, adesso entriamo però nello specifico del corso SAB in Lombardia.
Cominciamo innanzitutto a vedere i programmi richiesti dai corsi di somministrazione alimenti e bevande in Lombardia. Anche questi programmi, come la durata oraria del corso può cambiare da regione e talvolta perfino dalla zona. Quello che proponiamo qui sotto è inerente il corso SAB a Cremona, strutturato da ASVICOM, ma può essere considerato esemplificativo per tutta la regione.
Come vedete si tratta di un programma vasto e articolato su diverse aree, da quella contabile a quella finanziaria fino a quella del marketing trattato in maniera (sembra) molto approfondita e perfino al rapporto con i dipendenti e la loro TFR.
Sorprende semmai che poco spazio venga dedicato al “saper fare” vale a dire allo sviluppo di quelle competenze e abilità che, da sole, dovrebbero portare un cliente ad entrare nel bar. Non dimentichiamoci infatti (sembra banale ma spesso succede) che un cliente entra in un bar e in un locale per mangiare e bere, anche se la qualità di cibi e bevande sarà solo una parte di una esperienza più vasta.
Esperienza a cui contribuisce moltissimo anche il saper fare. Se noi sappiamo fare un bellissimo cappuccino con la latte art il nostro cliente percepirà e ricorderà il nostro prodotto con molto più piacere rispetto al cappuccino del bar accanto, magari sormontato da bolle di latte enormi stile bagnoschiuma!
In questi corsi SAB o ex REC invece non impariamo quindi a fare il cappuccino, e non impariamo a fare praticamente nulla; di fatto questa branca del mestiere, il “Saper fare” è ignorato in tutti i corsi di questo tipo che abbiamo potuto valutare (forse perchè mancano le strutture attrezzate per fare pratica).
C’è da dire però che nei programmi dei corsi che portano all’attestato ex rec si trova almeno la voce “merceologia” vale a dire le ore dedicate a conoscere i prodotti che dovremo poi valutare, scegliere e proporre ai nostri clienti. Sorprende anche in questo caso pensare che dovremo approfondire questa importante sezione senza poter cucinare, preparare e quindi assaggiare i prodotti di cui stiamo parlando, ma se così è…
Una volta capito cos’è un corso somministrazione alimenti e bevande, chi deve farlo e quali sono i programmi, vediamo di capire meglio anche dove e come farlo, facendo una lista delle strutture che propongono il corso REC (nuovo SAB) a Milano nel 2020. Successivamente andremo a vedere anche le strutture che propongono di far ottenere l’attestato rec online.
Naturalmente prezzi e modalità dei corsi riportati qui sotto possono cambiare così come cambiano gli orari dei corsi, che talvolta sono proposti il pomeriggio o addirittura in mattinata e talvolta sono proposti in orario serale, per chi è impegnato durante il giorno. Suggeriamo quindi di controllare orari, prezzi e disponibilità dei corsi sul sito della agenzia formativa. La lista proposta qui sotto non è sicuramente esaustiva, e ci scusiamo con le strutture che non abbiamo incluso.
ENTE | SEDE | COSTO (a gennaio 2020) | SITO INTERNET |
Formaprof | Milano e monza | 450€ | www.scformaprof.it |
Reconsulting | Milano | 540€ | www.reconsultingsrl. |
ICAF | Milano | 792€ | www.istitutoicaf.it |
Target Solution | Milano, Bergamo, Brescia, Varese | N/D | www.targetsolution.it |
Corsidia | Milano | 792€ | https://corsidia.com/corsi-sab-milano |
Risorse Italia | Milano | 550€ | www.risorseitaliasrl.it |
Confesercenti | Milano | 549€ | www.confesercentimilano.it |
CAPAC | Milano | 552€ | www.capac.it |
SFIA | Milano | 700€ | www.sfia.it |
Studio Sannino | Milano | 480€ | www.studiosannino.it |
Per alcuni (per molti) svolgere un corso rec così lungo in aula è complicato, la giornata è stretta le cose da fare sono molte e spesso più divertenti dello stare in aula. La soluzione potrebbe essere quella del corso REC (ex rec, SAB, Somministrazione alimenti e bevande) su internet, potendo così prendere l’agognato attestato sab online. Ma si può fare?
Abbiamo fatto diverse ricerche sui regolamenti comunali delle varie aree della Lombardia; in generale viene evidenziato che il corso è valido se il partecipante è presente in aula almeno l’80% del tempo. In altri regolamenti, come questo documento del comune di Lodi, non è così chiaro se le ore previste devono essere spese in aula o di fronte ad un software che può verificare, tramite continui piccoli test, la presenza o meno dello studente di fronte al computer. Nel dubbio, come sempre, non resta che chiedere, alla Camera di Commercio della propria zona, se ritengono che sia valido il corso somministrazione alimenti e bevande online.
Se sì, mettiamo qui sotto una piccola lista, sicuramente non esaustiva, delle strutture che offrono il corso ex REC online in Lombardia.
ENTE | DURATA | COSTO (a gennaio 2020) | SITO INTERNET |
Corso sab online | 120h (non sappiamo se valido in Lombardia) si tiene in Puglia | 510€ | corso-sab-online.com |
Microdesign | 130h, parte in aula, parte online, parte di tirocinio | 380€ (ma promosso gratuito) | https:/lnx.microdesign.tv |
E-Skills | 130€ | N/D | https://private.e-skill.it/ |
Abbiamo visto in post precedenti che fra i vari requisiti per l’apertura bar alcuni sono di carattere personale: stiamo parlando dei cosiddetti requisiti morali e professionali. Potete trovare in questo post una completa analisi di questo tipo di requisiti per l’apertura di locali.
Andando a parlare dei requisiti che deve avere il locale stesso dobbiamo dire che con la fine delle licenze e anche nel 2019 il passo fondamentale è quello della presentazione della domanda di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) per attività di somministrazione di alimenti e bevande. Con questa legge (ex art. 19 L. n. 241/90 s.m.i. e regolamenti locali) il titolare o legale rappresentante della società in possesso dei requisiti soggettivi (i requisiti personali) per lo svolgimento dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande dichiara sotto la propria responsabilità, fra l’altro, che i locali possiedono i requisiti di legge in materia:
e di aver presentato D.I.A. per settore alimentare.
Alcune di queste dichiarazioni necessitano di attestazioni, asseverazioni ed elaborati tecnici redatti da un tecnico abilitato altre invece di certificazioni e/o autorizzazioni di enti pubblici oltre dichiarazioni e certificati di conformità.
Soffermandoci solo su uno di queste categorie dei documenti per scia commerciale da presentare, quella inerente gli aspetti edilizi urbanistici, il tecnico abilitato, dopo le necessarie verifiche presso gli uffici competenti e sopralluoghi, assevera sull’immobile:
Nel prossimo post verranno approfonditi alcuni aspetti qui accennati.
The post I documenti per Aprire un Bar: la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) first appeared on Aprire Un Bar.]]>E’ supercompleta!
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Le assicurazioni, diceva un bancario che conoscevo, sono quelle cose costose, inutili e antipatiche finché non succede niente, poi di colpo diventano decisive il centro della aspettative.
Per scrivere questo post siamo andati a disturbare Giorgio Campagnano, il creatore della start up mioassicuratore.it un sito in cui è possibile individuare le migliori tariffe per assicurarsi, noi, ma anche il nostro locale.
D. Giorgio: i locali devono assicurarsi obbligatoriamente?
No, nessuna assicurazione è obbligatoria, diciamo che due forme di assicurazione possono essere definite “caldamente consigliabili”: la cosiddetta RCO (Responsabilità Civile verso Operatori) che si stipula per tutelare chi lavora nella struttura, e la RCT (Responsabilità Civile verso terzi) riferita naturalmente, e sopratutto, ai clienti.
D. In percentuale, quanti sono i locali che la stipulano?
Molto pochi, nonostante non abbia costi particolarmente elevati e possa essere, in certi momenti, davvero fondamentale: pensiamo a cadute sulle scale, ingestione di alimenti avariati o avvelenamenti accidentali…
D. Ripartiamo dall’inizio: al di la della obbligatorietà, quali assicurazioni sarebbero suggeribili per un locale?
Potremmo riassume consigliando di assicurarsi contro quei rischi per cui si rischia il fallimento del locale ed enormi problemi a livello personale; quindi sopratutto i danni alle persone. Di solito, ad esempio, non si consiglia di stipulare polizze per furti o atti vandalici. Visto che questi possono essere moltissimi, di piccolo importo e difficili da controllare e gestire, non piacciono alle compagnie assicurative, che tendono ad applicare franchigie (la parte di danno che le assicurazioni non pagano) molto alte.
Un’altra polizza che può essere utile per un locale è quella contro gli incendi, e sopratutto quella che prevede una “diaria da interruzione” cioè una somma corrisposta per ogni giorno in cui, conseguentemente all’incendio, il locale rimane chiuso.
Ancora: per una attività “a porte aperte” come quella di un locale potrebbe essere utile una polizza di tutela legale, che copre le eventuali spese legali del locale, per esempio un avvocato in caso di denunce per rumori molesti…
D. Una volta deciso per cosa ci si vuole assicurare dove si trova la migliore assicurazione per il bar?
Ormai la strada obbligata per trovare l’assicurazione giusta è l’online. Nel caso del nostro sito, ad esempio, è possibile digitare “assicurazione ristorante” sul motore di ricerca interna, quindi si immettono i dati del locale e si clicca su una serie di garanzie che vorremmo. A quel punto appariranno i preventivi delle varie assicurazioni e i relativi massimali assicurati.
D. Qualche consiglio?
Beh, mi tocca parlar bene del nostro lavoro, visto che, per dirne una, offriamo anche la possibilità di tenere, in area utente, tutti i documenti inerenti la assicurazione, così da non doverli stampare e senza impazzire a cercarli… Parlando delle compagnie di assicurazione le migliori sono quelle grandi, che, diciamolo, sono più certe nel pagamento degli indennizzi. Forse, detto fra noi, mi sentirei di consigliarne una triestina molto grande.
D. Se qualcuno dei nostri lettori avesse bisogno di ulteriori informazioni?
Può contattarmi senz’altro a [email protected] , ma possiamo fare anche di più: potremo fare 10€ di sconto sulle polize a chi dirà di arrivare da questo post!
Giorgio ci ha raccontato un sacco di cose interessanti sulle assicurazioni di bar e locali, ma quanto costa, quali sono i preventivi per assicurare un ristorante o un locale commerciale?
Per capirlo siamo andati oggi (novembre 2017) a cercare alcuni siti che propongono preventivi di assicurazioni per bar online, e abbiamo fatto una simulazione.
Abbiamo inserito i dati di un bar tipo, con queste caratteristiche:
e abbiamo chiesto dei preventivi per una assicurazione base, che ci sono stati forniti in pochi secondi, e di cui riportiamo la schermata qui sotto:
In realtà il sito in cui abbiamo cercato permette moltissime personalizzazioni, e di fatto ci permette di scegliere cosa vogliamo assicurare. Ad esempio abbiamo notato come in questa assicurazione base non siano comprese le assicurazioni contro:
Insomma, l’assicurazione di un locale può essere un po’ un modello Ikea, tutto da montare.
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Qualche giorno fa avevamo parlato dell’Ice Dog, il gelato per cani, una delle belle idee che avevamo visto al “Caff&miciclo” il bar di Sassari che qualche tempo fa ha ospitato un corso di caffetteria del nostro staff. Questo bar, gestito dal team Antonio Paoni e Ettore Corrias, ragazzi che vengono dal mondo barman e dei villaggi turistici. Abbiamo avuto occasione di intervistare proprio Antonio, e abbiamo diviso questa intervista, che trovate nella traccia audio che accompagna questo post, in due parti, come di due parti sembra divisa la giovane storia di questo locale.
La sua genesi (che Antonio definisce un parto) è infatti tipica, purtroppo, di molte storie di imprenditoria italiana, con uffici che si smentiscono l’un l’altro, di leggi un po’ troppo interpretabili e di poca capacità di immedesimarsi (si, diciamolo) nei problemi e nelle spese che deve sostenere un imprenditore per inseguire tempi e normative richieste…
Dal momento dell’apertura tutto cambia, e il Caff&miciclo di cui trovate qui la pagina Facebook, diventa un vero turbine di idee, che ci sentiamo di suggerire anche ad altri locali!
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Anni fa, quando ne parlavamo per le prime volte durante i corsi di apertura bar, erano ancora degli esperimenti messi in atto in alcune provincie Italiane, adesso sono dei modelli di legislazione cui fanno riferimento la maggior parte delle aree e delle grandi città della nostra penisola per quello che riguarda i requisiti per l’apertura di bar, ristoranti, pub e altre forme di “ospitalità”.
Stiamo parlando delle cosiddette licenze a punti, vale a dire del meccanismo per cui gli uffici comunali autorizzano una nuova apertura, e perfino un subentro nella proprietà solo a patto che il locale riesca a raggiungere almeno un certo numero di punti, calcolati secondo le tabelle che ogni comune stila e pubblica sui suoi regolamenti.
E’ quello che abbiamo fatto noi, per capire bene il funzionamento dei punteggi siamo andati a spulciare il regolamento di una grande città: Genova.
Cominciando a leggere il documento che trovate qui, ci rendiamo conto che per aprire una attività nel centro della città ligure (zona 1) sono necessari due ordini di requisiti:
Quelli fissi: rispetto dei requisiti previsti dalla normativa urbanistica, igienico-sanitaria, edilizia e di pubblica sicurezza in tema di sorvegliabilità. Assenza di barriere architettoniche all’interno del locale. Rispetto della superficie minima di 50 mq. (area destinata alla somministrazione esclusi depositi e servizi -quest’ultima regola discutibile-);
Quelli a punti. In questo caso viene richiesto, per ottenere il rilascio dell’autorizzazione, di conseguire almeno dei sottoelencati punteggi minimi.
Ma come si ottengono questi punteggi, e come si dividono le tre categorie a cui fanno capo?
Per parametri strutturali si intendono quelli che hanno a che fare con il “buon uso” degli spazi del locale, ad esempio con la raccolta differenziata e il risparmio energetico. Ecco la lista completa pensata nel capoluogo Doriano:
I parametri accessori sono, appunto, accessori, e riguardano gli aspetti più vari: dalla promozione per le attività del comune, ai parcheggi, al wifi fino ai servizi per i bambini…
I parametri di conduzione aziendale, infine, hanno a che fare su come viene gestito il locale, sulle scelte che si fanno. Fra questi alcuni che possono meritare approfondimenti, come la presenza di videogiochi (probabilmente si intendono slot) la promozione del territorio e dei suoi prodotti e perfino un orario di apertura non troppo protratto (entro le 24)…
Una cosa che ci ha colpito dal regolamento genovese è l’eventuale perdita della autorizazzione nel caso si perda, per qualsiasi motivo, il punteggio minimo necessario…
E’ chiaro che questo regolamento vale per Genova, altre città potrebbero, pur nello stesso modello di licenza a punti, seguire parametri diversi, chiedete sempre allo sportello unico per le imprese della vostra città.
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Naturalmente di un argomento così fondamentale come la burocrazia del mondo bar e ristoranti come i corsi SAB avevamo già parlato in questo blog, dedicando post sia a cosa sono i corsi Somministrazione Alimenti e Bevande (lo trovate qui) sia a quanto costano questi corsi (trovate il post qui) e perfino sull’argomento se erano validi i corsi On-line.
Il mondo può però cambiare, e preferiamo tornare su argomenti come questi, fondamentali. Rivediamo quindi il mondo dei corsi SAB.
Innanzitutto ricordiamo, anche se ormai lo sanno tutti, anche se questo lo sanno ormai anche i sassi, che il corso SAB sostituisce il vecchio concetto del REC (Registo Esercenti al Commercio) che non esiste più; il SAB é un corso che, come filosofia, dovrebbe aiutare coloro che vogliono fare questo lavoro ma non hanno maturato conoscenza o esperienza in questo campo.
All’interno di una attività basta che si sia una sola persona con l’abilitazione SAB, è possibile ottenerla in automatico, e quindi non dover fare il corso se:
Attenzione, come vedete specifichiamo che ogni regione può interpretare in maniera diversa la stessa legge, e considerare inutile un titolo che in una altra regione è sufficiente; per togliersi ogni dubbio conviene rivolgersi allo sportello unico per le attivitità produttive del proprio comune, come vedete in questo post.
Un altra attenzione. La legge riconosce anche, nelle imprese individuali e in quelle di persone, anche la bizzarra figura del preposto, in pratica di una persona esterna all’impresa che firma al nostro posto.
Se poi vediamo che ci tocca, che il corso dobbiamo farlo, pensiamo che non è una disgrazia, almeno non solo; se davvero non abbiamo esperienza in questo settore tutto quello che impariamo, anche in questo corso, ci sarà utile. Questa utilità ci costerà soldini e tempo. Per vedere quanto tempo e quanti soldini ci siamo fatti una carrellata per l’Italia, andando a vedere vari corsi offerti in varie regioni da vari enti; inutile dire che internet rimane lo strumento più importante per trovare il corso che faccia per noi.
Adesso due corsi particolari che hanno a che fare con il mondo dell’online. Nel veneziano una Cooperativa Sociale Dieffe organizza corsi dalle 19.00 alle 22.30 per 3 appuntamenti a settimana, con possibilità di inserimento lezioni anche il sabato mattina. Il corso ha una durata totale di circa due mesi e mezzo. La particolarità di questo corso è che è possibile frequentare il 30% delle 120 ore previste “da casa” collegandosi ad un sito che promette test e quiz di “autoesame”. Costo 510€.
Abbiamo anche trovato un corso “On line puro” a € 650 + iva. In questo caso il corsista deve garantire almeno 120 ore connesso alla piattaforma didattica, la parte di studio è completamente online. Il corsista dovrà presentarsi in sede per lo svolgimento di alcune ore di lezione e per l’esame, esame che sembra si tenga nei pressi di un’aeroporto, per permettere volo andata/ritorno e esame in giornata.
Due consigli per evitare problematiche di riconoscimento dei corsi. Se fate un corso SAB “fisico” cercate di farlo nella provincia in cui aprirete (a volte possono avere durate in ore diverse e ci potrebbe essere richiesta una integrazione). Se lo fate On-line chiedete prima al SUAP se quel tipo di corsi è riconosciuto nella nostra zona; magari preparandosi a presentarlo bene, visto che la prima e più semplice risposta dell’addetto potrebbe essere: no.
Se poi avete bisogno di mettere in fila tutti gli aspetti tecnici, burocratici, legislativi e di marketing per l’apertura di un bar, prendete parte alla giornata full immersion di apertura e marketing di bar e locali che trovate su questa pagina, e magari portate anche piantine, bilanci e indicazioni del locale che state valutando, potrete valutarli gratuitamente a fine corso con i responsabili del nostro gruppo.
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Come abbiamo detto molto tempo fa in questo articolo non esistono più le licenze comunali per avviare una attività di somministrazione, di pubblico esercizio, di pub, bar o ristorante. Non esistono più dal punto di vista territoriale, e ormai si può aprire, se si rispettano le destinazioni d’uso, i requisiti urbanistici e strutturali, e gli eventuali vincoli comunali (ogni comune può decidere di non far aprire locali in determinate aree, magari per un problema di parcheggi o di contrasto con i residenti…) praticamente ovunque; e non esistono più nemmeno nel differenziare cosa si può preparare all’interno del locale stesso.
Una volta infatti questa distinzione era puramente burocratica, e si poteva essere tavola calda, quindi servire piatti caldi, quasi come un ristorante, oppure non lo si poteva fare, sempre a seconda della densità in zona di quella tipologia di locale, e in quel caso si veniva definiti come tavola fredda (se poi non si poteva fare niente da mangiare del tutto si era una licenza di tipo B, e si serviva solo da bere o alimenti non preparati da noi). Adesso invece si può fare nel proprio locale tutto quello che si vuole, purché si abbiano a disposizione gli spazi e le attrezzature ritenuti adeguati.
Facciamo un esempio che altre volte abbiamo fatto in questo blog sui permessi per preparare pranzi o aperitivi con buffet nel bar: io posso preparare panini al prosciutto nel mio locale se ho un paio di metri di bancone lineare dove mettere una cesta per il pane, un tagliere dove affettarlo, un frigo dove tenere il prosciutto e un’affettatrice. Se non dispongo e non ho possibilità di disporre di questi spazi o di queste attrezzature non potrò preparare panini.
Questo, per estensione, varrebbe anche per una tavola calda, e per preparare un piatto di pasta al pomodoro nel mio locale potrebbe bastarmi avere un locale di tot metri quadri adibito a cucina, un cuocipasta, un frigo per tenere sughi ed eventuale pasta precotta, un lavandino e due fornelli per preparare il sugo e saltare la pasta (mica poco…)
ATTENZIONE PERO’, ci piacerebbe dire che è così semplice, ma la burocrazia raramente lo è. Questo tipo di permessi vengono rilasciati a livello comunale, ed è possibilissimo che le richieste siano diverse da comune a comune; per tornare all’esempio della pasta al pomodoro, un comune potrebbe permettermi di prepararla con una piastra direttamente al bancone, magari previa una barriera in vetro che mi separi dai clienti, mentre un altro comune potrebbe considerare congruo uno spazio cucina di 10 metri quadrati e non chiedere obbligatoriamente i fornelli, e un altro ancora potrebbe volere 4 fornelli e non due e magari 15 metri di cucina… Capisco bene che è un rebus, ma l’unica cosa sensata da fare è andare, in questi casi, a chiedere un parere preventivo alla propria ASL, parere di cui poi dovremo tener conto nel preparare la nostra DIA o SCIA, la dichiarazione d’inizio attività.
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Su questo documento facciamo tre affermazioni che poi andare a ragionare in questo post: il libretto sanitario non esiste più a livello legale, sostituito dai requisiti igienico sanitari e dal sistema di autocontrollo HACCP, ma viene ancora reinterpretato come bizzarro concetto e sembra già diventato archeologia.
Cominciamo dal fondo. Prima di scrivere questo articolo, che diremo dopo perchè ci siamo decisi di postare adesso, abbiamo cercato e frugato fra le vecchie carte, per vedere se trovavamo uno dei nostri vecchi libretti sanitari per poterlo fotografare e allegare all’articolo, ma sono tutti spariti. Siamo anche in rapporti con un paio di locali abbastanza grandi, con diversi dipendenti e esistenti da molti anni, e anche lì abbiamo chiesto, solo per sentirci dire che li hanno buttati; abbiamo infine frugato la rete, ma nessun barista o cameriere o cuoco italiano dei vecchi tempi ha sentito il bisogno di fotografare il proprio libretto sanitario; tutti, insomma, noi compresi, abbiamo sentito il bisogno di liberarsi, catarticamente, di questo librettino grigino, con uno spazio per la foto e i dati anagrafici, che una volta all’anno ci costringeva a recarci alla ASL per il rinnovo, pratica che spesso si concretizzava solo con un timbro e una cifra da pagare.
Questo documento non esiste più, ed è stato superato come concetto dalla filosofia di autocontrollo dell‘HACCP, poco tempo fa però, ad un nostro corso di caffetteria e latte art, è arrivato Daniele, un simpaticissimo ragazzo di Chieti che ci ha raccontato di come nella sua zona il libretto sanitario esista ancora e goda di ottima salute, dal tentativo di derimere questa bizzarria è nato questo post.
Naturalmente gli abbiamo chiesto lumi su questa anacronistica bizzarria e Daniele ci ha confermato che ogni tre anni (non ogni anno, almeno quello) è necessario recarsi alla ASL e rinnovare il proprio libretto. Daniele ci ha anche inviato il documento con cui si fa domanda di partecipazione al corso che porta al rinnovo del libretto e che trovate qui “tessera sanitaria Chieti“.
E’ stato proprio questo documento a farci capire come in realtà la ASL di Chieti non abbia restaurato il libretto, ma lo ha interpretato diversamente. Quello che viene rinnovato ogni 3 anni infatti è l’attestato obbligatorio HACCP, obbligatorio in ogni regione; ma mentre in altre regioni questo attestato può essere rinnovato anche presso strutture private o addirittura all’interno del locale stesso, con la formazione tenuta dal proprio responsabile, la ASL abruzzese sembra “suggerire” in maniera più o meno obbligata di tenere il corso presso le loro strutture, con un costo fisso di 40€…
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IMPORTANTE AGGIORNAMENTO AL 2018
Dal 2017 il regolamento sulle licenze di vendita di alcolici è completamente cambiato, e adesso non c’è più bisogno di chiedere licenza per questo, basterà presentare una SCIA. Trovate in un nuovo post tutte le informazioni aggiornate!
VECCHIO REGOLAMENTO
La licenza su alcolici e superalcolici, che in precedenza era chiamata UTF o UTIF (che significava solo Ufficio Tecnico Finanza) è un obbligo che deve tuttora essere assolto da tutte le attività che producono, trasformano e vendono prodotti alcolici. Di buono c’è che questo obbligo, oltre a cambiare nome, non è più una tassa, e una volta espletato non dovremo più pagare una tassa di 65€ l’anno come accadeva prima.
Di cattivo rimane però che tutte le gestioni devono rinnovare questa licenza, per cui se anche si subentra ad una vecchia gestione, questa licenza andrà comunque rinnovata (e a volte viene richiesta anche la riconsegna di quella vecchia).
Fare o rinnovare la licenza UTF non è difficile. La domanda va inviata via raccomandata o portata personalmente all’ufficio delle Dogane.
La richiesta è composta da:
In molti casi la procedura viene espletata in automatico dallo sportello unico delle imprese, da Confesercenti o addirittura dal proprio commercialista. Sia che si invii la domanda per posta o la si porti a mano, sarà opportuno conservare la ricevuta, in modo da dimostrare di essere in regola in caso di controlli effettuati prima che arrivi la licenza vera e propria. Attenzione a quando la licenza arriva, è successo a un localino di Firenze che, scambiata per cartaccia burocratica inutile, sia stata buttata…
Per tutto il resto del percorso burocratico per l’apertura di un bar vi aspettiamo alle nostre giornate full immersion per aprire un locale passo per passo.
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