In questa disgraziata primavera del 2020 in Italia c’è davvero molta incertezza; anche senza crisi sociali da Coronavirus saranno comunque molti di noi a sognare di aprire un piccolo chiosco sulla spiaggia in un paese tropicale. Lavorare in costume da bagno o poco più, mare infinito, palme come panorama, ritmi rilassati… difficile immaginare una vita migliore! Aggiungiamo la prospettiva di lavorare in una nostra attività, in cui possiamo riversare la nostra passione e le nostre competenze… Ancora meglio!
Per questo nostro progetto potremmo scegliere una una nazione che per il Centro America ha livelli incredibilmente bassi di criminalità e una eccezionale stabilità sociale: il Costa Rica. Vediamo quindi in questo post come aprire un chiosco in Costa Rica, magari il classico chiringuito da spiaggia, oppure qualcosa di più grosso o strutturato, come un ristorante.
Quando cominciamo a sognare un progetto come questo, le scartoffie e la pianificazione con cui avremo a che fare avranno poco spazio nelle nostre fantasie. In questo post frugheremo proprio lì, nei piccoli dettagli che si frappongono fra il sogno e la realtà, vedremo i passi per aprire un ristorante in Costarica.
Non è necessario essere residenti per avere diritti sulla proprietà di un’azienda in Costa Rica. Se comunque vogliamo, possiamo prendere la residenza in Costarica facendo un investimento in capitale di 200.000$, cifra che non è difficile raggiungere se il nostro progetto è quello di aprire una pizzeria o un ristorante, attività “grosse” che hanno bisogno di budget importanti; avere la residenza ci darà vantaggi, se non come imprenditore, sulla nostra vita di tutti i giorni in Costa Rica.
Per prendere la residenza ci sono anche altri modi, ma sono molti gli imprenditori che scelgono di rimanere “turisti perpetui” il che significa che ogni 90 giorni escono dal paese per rinnovare il visto. Nota: il numero effettivo di giorni concessi sul visto dipende dal paese di provenienza (i nordamericani e gli europei in genere ottengono stamps di 90 giorni).
È sempre consigliabile trovare un avvocato locale che ci guiderà attraverso i processi legali per avviare un’attività in Costa Rica. L’avvocato ci aiuterà nel processo di redazione dei documenti e delle procedure per la creazione di una società.
I costi di costituzione di una società variano, ma ci si può aspettare di spendere tra 800 e 1000 dollari per l’avvocato per registrare la nostra società in Costa Rica con il “Registro Publico”. Potete trovare info per individuare un avvocato consigliato dalla comunità Italiana in Costarica su questo sito .
I requisiti minimi per aprire una società sono.
Avere almeno due soci, ognuno dei quali possiede almeno una quota della nuova società. Uno di questi proprietari può essere (succede spesso) l’avvocato, che fungerà da “agente residente” dell’azienda. Il suo indirizzo diventerà la sede ufficiale dell’azienda.
La nuova società deve essere iscritta e debitamente certificata da un notaio, e la sua formazione deve essere elencata sul giornale ufficiale del governo, La Gaceta, dove tutti i principi di base della nuova società sono descritti e diventano di dominio pubblico.
Ciò detto diciamo che la struttura aziendale più comune in Costa rica si chiama Sociedad Anonima, tipo di struttura che offre molti degli stessi vantaggi e protezioni di una società nord americana o europea. Come suggerisce il nome, queste società sono di proprietà di vari azionisti che non sono necessariamente nominati. Questa è la piattaforma di business più flessibile e ampiamente utilizzata in cui gli azionisti sono responsabili solo per la loro quota di proprietà. Una nostra società di capitale.
Un’altra struttura commerciale molto usata è la Sociedad de Resposibilidad Limitada (nome facilmente traducibile). In queste società, la responsabilità dei proprietari è limitata al loro investimento originale, se non diversamente specificato dalla legge. Il loro nome deve includere le parole “Sociedad de Responsabilidad Limitada” o “Limitada” o le iniziali “S.R.L.” (esattamente come in Italiano).
In Costarica troveremo banche private come ovunque nel mondo, ma anche un certo numero di istituti bancari di proprietà statale. Le banche statali tendono ad avere tempi di risposta e di erogazione più lunghi, ma spesso anche condizioni più favorevoli. Fra le banche internazionali di riferimento in Costa Rica troviamo Citibank, HSBC e Scotiabank. Queste banche in genere hanno personale che parla inglese e ci danno risposte in tempi molto più brevi.
In ogni caso, incontrare i direttori di molte banche, chiarire le condizioni e usare tanto buon senso sarà la nostra migliore arma per scegliere la banca a cui affidarsi.
Per aprire un conto bancario in Costa Rica dovremo fornire diversi documenti, tra cui:
Tutte le banche del Costa Rica hanno requisiti minimi di deposito; di solito almeno $ 500.
Una volta creata la struttura aziendale e aperto il conto bancario, sarà necessario ottenere una licenza di operatore, denominata Patente Comercial. Questa licenza descrive la natura e i dettagli dell’azienda. Include anche una certificazione di richiesta denominata Certificado de Uso de Suelo o abbreviato in Uso de Suelo. Potremmo paragonare questo documento, presente in quasi tutto il Sud e Centro America, alla nostra SCIA.
A seconda del tipo di attività che abbiamo scelto di gestire, potremmo aver bisogno di altre licenze o brevetti. Visto che nel nostro caso la nostra attività avrà a che fare con il food in generale, avremo bisogno di un certificato del Ministero della Salute (e anche qui dovremo compilare l’HACCP!
Pagare le tasse e tenere il passo con i registri può essere complicato, anche considerato che abbiamo a che fare con una lingua e una società che non è la nostra. Per questo motivo, gli imprenditori stranieri si solito assumono un contabile, un commercialista costaricano. Il commercialista richiederà e archiverà tutti i documenti aziendali e gestirà la parte fiscale; anche per la ricerca di questa figura vi consigliamo di frugare il sito degli italiani in Costa rica di cui abbiamo messo il link allo step 2.
Occupandosi della parte fiscale, il nostro commercialista davrà farci pagare le tasse, che in Costarica adesso (2020) sono:
* Il reddito aziendale è tassato con un’aliquota del 30%. Tuttavia, la legge stabilisce norme speciali per le piccole aziende il cui reddito lordo non supera 106.835.000 costaricani (CRC). Per questa categoria, si applicano le seguenti tariffe:
10% per le aziende con reddito lordo fino a 53.113.000 CRC.
20% per le società con un reddito lordo superiore a 53.113.000 CRC ma non superiore a 106.835.000 CRC.
30% per le società con un reddito lordo superiore a 106.835.000 CRC.
Elemento che dovremo tener presente nell’aprire un ristorante in Costa rica è che non potremo lavorarci. Se lo facessimo porteremmo via lavoro alla manodopera locale e questo non è permesso dalla legge. Quello che potremo fare sarà seguire le attività amministrative e gestionali. Se avremo bisogno di una forza lavoro, di dipendenti, essi non potranno essere stranieri per più del 10%. Essi dovranno comunque avere una residenza legale e un permesso di lavoro che li autorizza a lavorare nel paese.
Da tener presente a questo punto il fatto che lo stipendio medio di un cameriere barista in Costarica è di circa 600/800 dollari al mese.
The post Come Aprire un Ristorante in Costa Rica first appeared on Aprire Un Bar.]]>Che l’Austria sia una nazione dove non si vive male non lo scopriamo adesso. Alta qualità della vita, stabilità sociale, bassissima disoccupazione e altri fattori rendono questa nazione un bel posto dove vivere. Tassazione favorevole (fattore che attira anche numerose aziende italiane) vicinanza geografica e prossimità con la nostra cultura lo rendono invece un bel posto dove lavorare; lavorare e magari fare impresa.
Come sempre, lavorare e fare impresa nel mondo del food e dei pubblici esercizi rimane una scelta validissima, sia perchè noi italiani sappiamo bene quanto la nostra cucina sia apprezzata nel mondo, sia perché il mondo della ristorazione offre sempre spazio a chi ha idee.
Chiaro, come sempre, che di locali, anche in Austria, ce ne sono tantissimi, tutti quelli che servono e anche di più, da Vienna allo sperduto paesino della Carinzia, eppure, anche nella nazione alpina, c’è sempre spazio per idee, per locali che sappiano portare qualcosa di nuovo.
Come da sempre affermiamo, anche durante i nostri corsi di Apertura e gestione bar (da adesso anche in versione videocorso che potete godervi da casa senza vincoli di data o di orario) però questa innovazione deve essere pensata rispetto al contesto, alla location e al target dove siamo. E questo vale anche quando si vuole vendere da mangiare e da bere e quando si vuole aprire un ristorante in Austria.
L’Austria non è una nazione enorme, ma nemmeno piccolissima. Per giunta, nonostante le sue dimensioni, è una nazione variegata come contesti e culture. Chi ha fatto un giro a Vienna, per esempio, avrà potuto “toccare” quanto è diversa l’aria che si respira se confrontata a Innsbruck; quanto è “mitteleuropea” l’atmosfera della capitale, quasi Ungherese, quanto è più alpina e “tedesca” la seconda.
Oltre a queste differenze culturali, ci sono quelle sociali. Dalle aree spiccatamente turistiche, come il Tirolo, il Salisburghese o alcune zone di Vienna stessa, a quelle più rurali e provinciali, come per esempio i dintorni di Graz o Linz.
Per aprire un bar in Austria dovremmo quindi pensare che la tipologia di locale dovrà essere diversa a seconda del contesto in cui vorremmo aprire.
Partiamo dalla capitale. Se il nostro obiettivo è aprire un bar italiano a Vienna diciamo che questa è una città multiculturale e multitarget, quasi una piccola Berlino. La capitale austriaca può quindi offrire spazio per ogni tipo di concept, ma è anche uno di quei contesti in cui si può, e spesso si deve sperimentare. La tendenza di questi ultimi anni ci dice infatti che in situazioni come questa la specializzazione conta davvero tanto. Diciamo che in città grandi e over supplied come Vienna non c’è più spazio per locali generici; bisogna quindi lavorare sulle nicchie, come caffetterie artigianali, coffee specialties, prodotto regionali, mixology di alto livello e attenzione alle nicchie etiche (vegan?).
Altre aree meno cosmopolite come la Stiria, la Carinzia o il Burgenland, darebbero la possibilità di aprire locali nuovi anche se non siamo così specializzati, visto che danno spazio anche a messaggi meno estremi e più vicini alla cucina tradizionale. Tradizionale locale, con Wiener Schnitzel e Kaiserschmarrn, ma anche cucina “riconoscibile” italiana. Aprire un ristorante Italiano a Graz sarà quindi possibile, ma spesso dovrà avere posto in menù per pizza, carbonara e tiramisù.
Nelle regioni turistiche poi, a Innsbruck o a Bregenz per esempio, saranno i visitatori, i turisti stessi a voler cucina tipica austriaca (vacanza da sempre vuol dire anche godere della cucina del posto) ma anche qui non mancherà spazio per la nostra inarrivabile pizza e per la caffetteria italiana, considerando il livello di “astinenza da caffeina” da cui si sentono asfissiati gli italiani appena passano le Alpi.
Parlando di caffè c’è da fare una precisazione storica. L’Austria è la prima nazione veramente Europea in cui il caffè è arrivato. Questo prodotto era già presente, fino al ‘600, in altre aree balcaniche, sottoposte però all’epoca al dominio Ottomano. Fu a Vienna, sembra che fu aperta infatti la prima “bottega del caffè” europea. Se il nostro progetto è quindi andare ad aprire un bar italiano in Austria, teniamo conto che avremo a che fare con un prodotto molto conosciuto e supportato da una pasticceria leggendaria (la Sacher, perfino il croissant, in una forma più antica…) il caffè lo conoscono bene.
Bene, una volta deciso il modello, il concept, è necessario capire qual è la legge per aprire un ristorante in Austria. Vediamo.
Abbiamo detto ad inizio post che lavorare in Austria è un paradiso, la burocrazia però appare abbastanza simile a quella italiana, considerata da incubo. Non preoccupiamoci, se vogliamo andare a lavorare e vivere in un altro paese è perché questo ci piace, e saremmo disposti a pensare che tutto quello che vi incontriamo sarà migliore, più funzionale e veloce che da noi. Vediamo i vari passi per aprire un locale in Austria
Una volta che il ristorante o il locale è aperto dovremo fare alcune considerazioni. Innanzitutto, a meno che non abbiamo a che fare prevalentemente con turisti, dovremo ragionare con mentalità e gusti austriaci. Alcuni nostri connazionali che hanno aperto locali nella terra di Mozart ci raccontano infatti che i gusti locali sono più decisi; pizza non con la mozzarella quindi, ma con formaggi più saporiti, aglio, cipolla e erbe aromatiche in abbondanza. Se poi il vostro locale ha a che fare con il caffè, le miscele contenenti robusta non dispiacciono (brutta notizia per noi coffee lover…).
Cerchiamo di avere spazi esterni, apprezzatissimi appena c’è un raggio di sole, ricordiamoci che gli austriaci fumano circa il 30% in più degli Italiani, quindi cerchiamo di avere nel locale aree dove si può fumare.
Inutile dire che sarà molto apprezzato anche il fatto che noi parliamo tedesco, e magari capiamo anche un po’ del dialetto locale (come molte nazioni montuose anche in Austria le parlate locali possono essere molto marcate).
Le tasse per un ristorante in Austria. Il tema è articolato e vi rimandiamo a siti più strutturati, ci basterà dire che le tasse sull’utile per un locale medio sono del 25% meno quindi di quelle Italiani che si aggirano intorno al 30/33%.
Pronti a varcare in Brennero armati di ottime idee?
The post Aprire un Ristorante in Austria (o un Bar Italiano!) first appeared on Aprire Un Bar.]]>Rompiamo il ghiaccio (è il caso di dirlo!) per chi vuole aprire un’attività all’estero la Finlandia è senza dubbio una nazione interessante. Il World Happiness Report dell’Onu, la classifica annuale dei Paesi più contenti del pianeta ha messo in cima al podio nel 2018 proprio il paese Scandinavo, sottolineando come i finlandesi siano bravi a trasformare la ricchezza in benessere.
Un buon inizio per chi pensa di investire in Finlandia, dobbiamo dirlo. Ma al di là delle classifiche internazionali prima di prendere baracca e burattini (e probabilmente pentole, in questo caso) dobbiamo valutare come il nostro personalissimo indice di felicità si adatti a questo Paese. E non sempre è tutto oro quel che luccica.
Inanzitutto, prima di investire in un’attività all’estero il consiglio è sempre lo stesso: vivere e passare del tempo nella nazione in cui vorremmo trasferirci; prima che una scelta di lavoro sarà una scelta di vita, e la Finlandia, nel grande nord, è una nazione che può innamorare od odiare.
Partiamo dalle buone notizie
Passiamo adesso all’altra faccia della medaglia:
LA BUROCRAZIA PER APRIRE UN BAR IN FINLANDIA
Una volta valutato i pro e i contro di un nostro trasferimento, vediamo i passaggi essenziali da fare per il nostro progetto: aprire un’attività in Finlandia.
Anche in Finlandia il progetto parte dalla costituzione di una impresa, di una società o ditta individuale. Il capitale sociale minimo è di 2.500 euro. Nel giro di 24 ore la nostra attività sarà realtà.
Vediamo adesso nel dettaglio i diversi passaggi.
4 CONSIGLI PER APRIRE UN BAR IN FINLANDIA
Questo dunque il percorso per aprire un’attività in Finlandia, percorso che su molti siti troviamo strutturato con molti dettagli. Facciamo qualche ulteriore considerazione:
Conviene aprire un bar in Finlandia? A questa domanda non esiste una risposta univoca. Dipende da noi, da cosa vogliamo, dalle nostre competenze (in caso di lacune da non perdere questo post fondamentale su come si prepara un business plan per un bar, oppure il corso di gestione bar), dalle nostre energie. Se siamo dei bravi imprenditori, lo siamo ovunque. Ogni attività ben organizzata se condita da sana passione ha la certezza di raggiungere gli obiettivi sperati. Non dimentichiamocelo e rimbocchiamoci le maniche.
The post Aprire un bar in Finlandia first appeared on Aprire Un Bar.]]>Per chi vuole aprire una attività i bar all’estero, la Romania è sicuramente una nazione interessante. Molti nostri connazionali hanno scelto negli ultimi vent’anni, questa nazione per vivere e per lavorare; alcuni facendo fortuna, altri sopravvivendo, altri ancora tornando indietro reduci da situazioni poco fortunate.
A far la differenza fra queste situazioni, come sempre, le capacità individuali, quel “bernoccolo degli affari” e quel tanto buon senso che serve tanto in Italia, quanto in Romania quanto nel resto del mondo.
E’ però innegabile che la Romania può offrire diversi vantaggi agli italiani che del nostro paese non ne possono più e che cercano nuove prospettive di vita, o a quelli che semplicemente decidono di trasferirsi in Romania per lavorare e per vari percorsi di vita.
Per limitarci agli aspetti umani e macroeconomici possiamo dire che la Romania è una nazione vicina, anche dal punto di vista linguistico, all’Italia. Peraltro moltissimi Rumeni hanno, o hanno avuto, contatti con l’Italia (la comunità rumena rimane ancora la più numerosa fra quelle straniera in Italia, con circa un milione e mezzo di residenti) e questo si riflette in una vicinanza di gusti. In parole povere ogni rumeno conosce l’espresso, il cappuccino, la pizza e gli spaghetti all’arrabbiata, e di solito li gradisce. Inoltre la Romania è parte della Comunità Europea (anche se non ha ancora adottato l’Euro) ha una situazione politica stabile e una economia che, sia pur fra diversi chiaroscuri e contraddizioni, cresce in maniera ben più robusta rispetto a quella italiana (oltre il 4% nel 2018).
Aprire un ristorante in Romania, o comunque una attività legata all’Italia e alla sua cultura, può quindi essere un’ottima scelta, ma, prima di entrare negli aspetti aspetti strettamente legati al business di questa scelta credo sia necessaria una valutazione dal punto di vista umano, di noi stessi insomma.
Abbiamo detto che la Romania è una nazione abbastanza vicina a noi, come lingua e come cultura. Il clima è in molte zone piacevole e gli abitanti socievoli e aperti, ma è pur sempre un’altra nazione, e quando si decide di trasferirsi e sopratutto si decide di capire cosa manca in Romania per poi aprire una attività redditizia in quella nazione, beh, sarà necessario capire se vivere a Bucarest, a Brasov o sul Mar Nero è davvero quello che vogliamo fare, insomma: prima che una scelta di business, stiamo facendo una scelta di vita; ci sentiamo bene in quella nazione?
Il consiglio rimane quindi sempre lo stesso: vivere e passare del tempo nella nazione dove vorremmo trasferirci PRIMA di trasferirsi stabilmente e sopratutto prima di aprire una attività e di investire in Romania.
Una volta fatta una valutazione di tipo personale sarà il momento di conoscere i regolamenti per aprire una pizzeria in Romania.
Una volta detto di questi aspetti “macro” veniamo al nostro progetto individuale: aprire un bar italiano in Romania, o comunque un locale che richiami la tradizione gastronomica del nostro paese.
Anche in Romania il progetto parte dalla costituzione di una impresa, di una società o ditta individuale.
Il percorso è facile, di solito si costituisce la società in un paio di giorni e con una spesa complessiva (al netto di eventuali traduzioni) di circa 250/300€ (attenzione: anche in Italia è molto simile, saranno poi gli altri adempimenti burocratici a fare molta differenza.
Elenchiamo adesso i vari passaggi:
Questo il percorso per aprire un qualsiasi tipo di attività in Romania, percorso che su molti siti troviamo strutturato con molti dettagli. E’ il momento però di andare a vedere e valutare alcuni aspetti strettamente legati al nostro mondo, quello di bar, ristoranti e locali. Facciamo qualche considerazione:
1) Perché aprire una pizzeria in Romania? E’ il modello più seguito dai nostri connazionali nel paese che si affaccia sul Mar Nero, e in effetti quello che permette di marcare meglio la differenza culturale e di gusto e mediamente di avere fatturati più alti rispetto ad una caffetteria (anche aprire una caffetteria italiana in Romania rimane comunque un’ottima idea se abbiamo le idee chiare). La pizza poi è relativamente economica, sia come ingredienti e a attrezzature per noi imprenditori sia per il pubblico romeno, che di solito può permettersi un livello di vita mediamente più basso che in Italia.
2) In Romania non dovete temere di non trovare gli ingredienti giusti per i nostri piatti. La vicinanza geografica e culturale fa si che ci sia molto import-export, e praticamente ogni prodotto italiano sia rintracciabile o richiedibile sul mercato romeno (date un’occhiata a siti come questo di Camarafermecata.com oppure di Supermercato.ro).
3) Il costo del personale è basso. Lo stipendio medio di un dipendente di base Romeno (un cameriere o un barista) è di circa 250€ al mese, e anche considerando i costi correlati il totale per l’azienda non supera i 400€ al mese, circa un quinto del costo che sopporta una azienda italiana. Questo aspetto rivede i bilanci classici rispetto a quelli italiani
Per chiarire questo passaggio abbiamo riportato qui sotto una tabella di confronto abbastanza generica ma forse utile su le differenze di costi fra ristorante in Italia e in Romania. Questa tabella mette a confronto i tre parametri più importanti di spesa (food, dipendenti e affitto) di un classico locale. Le percentuali che troviamo nella terza colonna, come i nostri lettori sanno bene (e se non lo sapete leggete bene questo post fondamentale su come si prepara un business plan per un bar, oppure venite ad un nostro corso di gestione bar) sono quelli di un classico locale Italiano. Quelli che troviamo invece nella seconda colonna sono inerenti un locale romeno.
Si tratta di una stima chiaramente, moltissime possono essere le variabili (nel caso specifico abbiamo pensato ad un locale nella capitale Bucarest, con almeno 6 dipendenti e che lavora con ingredienti italiani). Da questa stima vediamo che le tre maggiori voci di spesa incidono in un locale in Italia per il 78% del fatturato, mentre, anche se non possiamo rispondere seccamente alla domanda su quanto guadagna un ristorante in Romania, possiamo dire che le tre voci di spesa incidono per il 61%... moooolto meno!
4) La Romania ha tasse più basse rispetto all’Italia (ci vuole poco!). In particolare la tassa sugli utili è al 16% (contro il 32% circa dell’Italia). E’ in realtà possibile accedere anche a tasse del 3%, ma sul fatturato, aspetto che lo rende ottimo per aziende con poche spese da scaricare (quindi non i ristoranti o i bar). Ancora, l’IVA sulla ospitalità, sulla somministrazione, è del 9%, appena più bassa di quella Italiana che al momento è al 10%.
5) L’acquisto di un locale in Romania può essere vantaggioso, se vediamo siti come Olx Immobiliare troviamo locali da 25.000/30.000€ in su…
6) In conclusione, vale la pena aprire un bar italiano in Romania? Sui forum si trova di tutto, da chi ha fatto benissimo e ha costruito la sua fortuna fino a chi è tornato in Italia con le pive nel sacco. Credo che alla fine, semplicemente, dobbiamo fare i conti con noi stessi, non importa se siamo in Italia, Nuova Zelanda o Romania: se siamo bravi imprenditori e persone di buon senso avremo successo, altrimenti meglio cercare una diversa carriera, possiamo fare moltissimo altro!
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Il più classico dei lavoro “entry level” è probabilmente il cameriere; praticamente tutti lo abbiamo fatto per mettere in tasca qualche soldino, magari nel periodo degli studi. Questo lavoro però è l’approdo, l’ancora di salvezza per un’altra tipica situazione giovanile: il soggiorno all’estero.
Quando si sbarca in un’altra nazione e si ha bisogno di guadagnare qualcosa, magari per studiare la lingua o semplicemente per mantenersi in questa nazione straniera, il lavoro del cameriere in un ristorante, un pub o un locale è davvero uno dei più facili da trovare. Ma quanto si guadagna facendo il cameriere all’estero?
A questo tema avevamo già dedicato un post su quanto guadagna un cameriere in Spagna, in Svizzera, a Londra, in Austria e in Danimarca (trovate questo post su questa pagina) ma in mondo è molto più largo della cara vecchia Europa, e abbiamo deciso di allargarci, e di andare ad esplorare quanto mette in tasca un ragazzo che lavora al ristorante in un paio di mete lontane ma battutissime, come l’Australia e New York, e perfino in un paio di mete decisamente emergenti per chi non ha paura del nuovo: Dubai e Hong Kong. Cominciamo!
Forse sarebbe più giusto dire quanto guadagna un cameriere negli Stati Uniti; la grande Mela però esercita davvero un fascino particolare, e come altre città globali, finisce per girare su dinamiche che poco hanno a che fare con la nazione di cui fanno parte. Come Londra per l’Inghilterra possiamo insomma dire che New York fa, rispetto agli Stati Uniti, quasi storia a se.
In queste città sterminate ci sono decine di migliaia di locali di ogni tipo, e quello in cui si muovono lavapiatti, camerieri e banconisti è spesso un sottobosco confuso, mobile e poco illuminato da regolamentazioni.
Tempo fa aveva fatto notizia il post di Serena, una ragazza che riusciva a lavorare a New York come cameriera (lo trovate qui) e che raccontava le sue disavventure, fatte di licenziamenti immediati e di paghe estremamente variabili. Un quadro tutto sommato veritiero, ma vediamo di mettere alcuni paletti.
Innanzitutto, quando ci muoviamo fuori dall’Europa è necessario porsi il problema dei visti di lavoro. Quando non si hanno e si cerca lavoro avendo solo un visto turistico o di studi, si entra in un “limbo” in cui non si hanno diritti veri e propri, visto che in quella nazione non potremmo proprio lavorare. E’ così che stipendio e trattamento diventano molto aleatori, e bisogna stare molto attenti ai controlli, pena l’espulsione dalla nazione. Gli Stati Uniti non fanno eccezione, e avere un visto per lavorare negli Stati Uniti come cameriere non è facile. Chi può cerca di averlo per parentele, sposandosi o perfino ottenendolo con la famosa e molto americana “Green Card Lottery” la lotteria che mette in palio, se si hanno alcuni requisiti di base, permessi per vivere e lavorare negli Stati Uniti. Se non si ha questo permesso trovare lavoro è molto più difficile; anche i gestori dei locali hanno paura dei controlli
Lasciamo comunque da parte questi aspetti burocratici e veniamo al trattamento di lavoro vero e proprio. Come molti lettori già sapranno che lo stipendio da cameriere a New York è decisamente basso e varia fra i 3 e i 5 Dollari l’ora. Molti di noi sapranno anche che a questo stipendio si aggiungono però le mance, non percepite come un piccolo obolo da lasciare se si è sodisfatti, come in Italia, ma come autentica istituzione che porta il cliente a lasciare al personale circa il 15% del conto.
Da questo elemento un paio di considerazioni a caduta:
Mance a parte, lo stipendio viene pagato settimanalmente, non ci sono ferie pagate o altre forme di “social welfare” e si può essere licenziati praticamente da un momento all’altro. Condizioni non molto attraenti, dobbiamo ammetterlo. Dobbiamo però anche considerare che nazioni come gli Stati Uniti permettono di avere aspettative di crescita professionale molto elevate, e una persona che vale può far carriera, anche nel mondo della ristorazione, in maniera molto rapida.
Volete fare il grande salto e trovare lavoro come cameriere a New York? Trovate molti annunci su questo sito gestito dal New York Times!
Ecco un’altra meta famosissima presso i giovani Italiani che vogliono lavorare all’estero come cameriere. L’Australia è forse ancora più popolare, sopratutto perché è molto più facile avere i visti di lavoro.
Il più classico è il Working Holiday Visa (WHV) e permette a giovani fino a 35 anni di lavorare per mantenersi durante la permanenza “Down Under”. Di fatto è un visto temporaneo della durata di un anno (rinnovabile per un secondo) con il quale però non è possibile lavorare per più di sei mesi per una stessa azienda, in un tipo di rapporto che si definisce Casual, occasionale (diciamo una specie di nostro contratto a chiamata…).
Ma quanto guadagna un cameriere in Australia? Lo stipendio (che viene corrisposto settimanalmente) dipende da alcune variabili, una delle quali è l’età. Per chiarirlo vediamo questa tabella tratta dal sito del Governo Australiano.
In pratica, se si ha più di 21 anni, la paga base è intorno ai 20 Dollari australiani (al momento, maggio 2018, circa 13€).
L’Australia è spesso percepita come il paradiso di chi cerca un lavoro, e chi ha fatto questa esperienza lo conferma: nella terra dei canguri il lavoro si trova facilmente, ma la concorrenza è forte da parte di ragazzi di ogni parte del mondo, ed è fondamentale per fare il cameriere in Australia, una buona conoscenza dell’inglese, altrimenti, nella migliore delle ipotesi, ci troveremo a fare i lavapiatti!
Un ultimo dettaglio: per servire alcolici, e quindi per lavorare in locali come gli american bar, in Australia è obbligatorio seguire un corso RSA, che ha un costo fra i 24 e i 50 Dollari Australiani e che dovremo consegnare al proprietario del locale dove lavoreremo.
Il potere economico degli ultimi decenni passa (anche) da qui, e si vede. Un’analisi recente racconta come nell’emirato sul golfo i veri cittadini di Dubai, nativi e residenti siano solo il 10% della popolazione. Il 30% è composto invece da stranieri ricchi o comunque agiati, che fanno lavori di alto profilo o ben pagati mentre il 60% rappresenta la vera “working class” le persone che fanno i lavori meno specializzati e in alcuni casi più umili, fra cui, manco a dirlo, i camerieri.
La stragrande maggioranza di questi ultimi provengono da India, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Filippine e Indonesia. Lo stipendio di un cameriere a Dubai si aggira sui 600€ mensili tutto compreso, ma c’è da considerare che le aziende che li assumono si fanno carico del loro permesso di soggiorno, del vitto e dell’alloggio.
I lavoratori, potete immaginare, hanno pochissimi diritti, ma, visto che i lavoratori non sono locali, se una azienda decide di licenziarli dovrà farsi carico delle spese per rimandarlo a casa, e poi accollarsi le spese di un nuovo arrivo, per questo si tende a “tenersi più stretti il personale.
Potete immaginare come sia molto difficile trovare un occidentale come cameriere a Dubai, sono invece diversi (anche italiani) coloro che vivono nella ristorazione ma con profili più elevati, come chef, cuoco di livello, food & beverage manager e direttore di Albergo. In questi casi gli stipendi possono salire di molto, superando in molti casi quelli che potrebbero essere percepiti in Italia.
Attenzione: abbiamo cambiato il titolo di questo capitolo rispetto agli altri di questo post. Non abbiamo parlato di lavorare come cameriere, ma di lavorare come cuoco ad Hong Kong. Questo per un paio di motivi legati alle leggi locali.
Per poter lavorare ad Hong Kong bisogna essere stati assunti in precedenza, in pratica bisogna arrivare già con un contratto di lavoro in tasca. Difficilmente però un locale va a cercare un cameriere all’estero, quando ad Hong kong si può trovare una enorme quantità di manodopera cinese non specializzata. Molto più facile essere assunti da ristorante asiatico come cuoco, figura sicuramente più specializzata, sopratutto se si è italiani e si può dimostrare che oltre a saper cucinare siamo in grado anche di avere una visione business, tenendo sotto controllo aspetti come il food cost e riuscendo davvero ad alzare gli incassi del ristorante (Hong Kong è ferocemente business oriented!).
Lo stipendio di un cuoco a Hong Kong può facilmente essere più alto di quello in Italia, arrivando facilmente a 3.000/4.000 Euro al mese. Il costo della vita, nella piccola città-stato cinese è alto, ma con uno stipendio del genere si vive molto bene considerando che spesso i posti di lavoro mettono a disposizione anche appartamenti inclusi nel contratto (piccolissimi, come tutti gli appartamenti di Hong Kong!).
E’ da considerare che il lavoratore non ha quasi nessun diritto, e può essere licenziato immediatamente, di buono c’è che, in una città estremamente cosmopolita, parlare il cinese è utile ma non fondamentale, praticamente tutti parlano l’inglese (che però bisogna conoscere eccome!).
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Trovare un lavoretto è, per molti ragazzi, il primo passo per affrontare un periodo, di studio, di formazione o di esperienza, all’estero; per molti altri invece lavorare all’estero è una necessità, sopratutto in periodi nei quali (lo sappiamo bene) trovare lavoro da noi in Italia non è facile.
Lavorare come cameriere all’estero è uno dei più classici “Entry level”. In realtà, se non si ha alcuna idea della lingua locale spesso si finisce a lavorare in cucina, magari trovando lavoro come lavapiatti, ma appena si ha una minima dimestichezza con la lingua, trovarsi a servire tapas o meatpies fra i tavoli è davvero consueto. Ma quanto si guadagna a lavorare in un ristorante all’estero?
Chiaro che cifre e situazioni possono cambiare molto a seconda della nazione e del contesto; per quello che ci riguarda abbiamo cercato di prendere vari racconti, varie esperienze, di ragazzi che hanno lavorato come camerieri in giro per l’Europa, alcuni di loro hanno partecipato ai nostri corsi, leggiamole insieme!
“Il mio nome è Aurelie. Attualmente sto facendo uno stage in una grande organizzazione internazionale, ma, visto che non è pagato, ho dovuto trovare un lavoro part-time in un pub irlandese per sostenermi. Non ho avuto problemi a trovare questo lavoro part-time, in Svizzera al momento sembra davvero facile, sopratutto se, come me, si ha un pochino di esperienza. Peraltro non parlo francese, ma non è stato un problema, probabilmente perché è un pub irlandese e quello che la proprietà chiede è solo l’inglese. Il Pub è carino e non molto costoso, almeno per gli standard di Ginevra, città estremamente costosa!
La maggior parte delle persone che lavorano in questo bar lo fanno come lavoro principale, non come me quindi. Ad essere assunte sono circa 15 persone, ma lavoriamo a turni e di fatto non lavoro mai con le stesse persone, perché il mio orario cambia sempre, magari una settimana lavoro cinque notti e un’altra settimana mi faccio più pomeriggi. In generale un turno dura da 6 a 8 ore. Il mio stipendio è di circa 20€ l’ora, molto alto per tutta l’Europa, in linea qui in Svizzera.”
Raphael ci racconta che lavora in un cafè (diciamo un bar, all’Italiana) di Londra in Inghilterra chiamato Kick “E’ un locale dove si servono sopratutto caffè durante la giornata, mentre la sera è più american bar, ci sono diversi schermi che mostrano le partite di calcio e un biliardino, immagino che sia per questo che si chiama Kick (calcio in inglese NDT)
“Il locale è in una buona zona, Islington, non lontano dall’università, quindi in un contesto molto internazionale; io vengo dalla Germania, ma ho colleghi che vengono da Brasile, Portogallo, Spagna e… Certo, in un contesto come questo ci possono essere alcuni problemi linguistici, ma la maggior parte delle persone a Londra sono già abituate a persone con un inglese non perfetto. Quindi niente paura!
Direi che ci sono due tipi di persone che lavorano nel nostro caffè. Alcuni vorranno lavorare nel settore della ristorazione; magari iniziano a lavorare come camerieri ma vogliono in seguito diventare manager e magari aprire in seguito la propria attività. Altri invece lavorano solo part-time per guadagnare un po’ di soldini.
Trovare un lavoro in bar o ristoranti non è difficile, personalmente non avevo nessuna esperienza, ma penso di aver fatto una buona impressione nel colloquio, e mi hanno dato il lavoro.
Il nostro stipendio era OK , sulle 8,50 £ all’ora. Diciamo che lavorando a tempo pieno si possono guadagnare circa 1300 Sterline al mese. Questo è sufficiente per affittare una stanza (ma non un intero appartamento, ovviamente) e comprare il cibo. Nel nostro locale non c’è l’abitudine di lasciare mance, per cui guadagno meno di quanto vorrei, ma mi piace l’atmosfera del locale, inoltre posso mangiare nel locale senza problemi.”
Stavolta a raccontarci la sua esperienza è Johan, e ci qual’e lo stipendio medio in Danimarca per un cameriere.
“Io lavoro in un locale abbastanza costoso chiamato Øl & Brød, a Copenaghen. Anche se sono ufficialmente un manager del locale, lavoro sopratutto come cameriere, anche perché il locale è piccolo, non più di 25-30 posti a sedere.
Il menu del locale è basato sulla nostra selezione di birra e distillati, e il cibo accompagna le bevande. Cuciniamo piatti tradizionali danesi a pranzo e un menù degustazione la sera che vira sulla cucina fusion.
Non ho avuto problemi particolari per avere questo lavoro. Non avevo competenze o esperienze precedenti, ma mi intendevo abbastanza di birra. Molti dei nostri camerieri vogliono fare carriera nel settore della ristorazione, abbastanza tipico per un locale che fa cucina raffinata.
Il mio stipendio è abbastanza buono, ho un appartamento e posso dire che faccio una buona vita a Copenhagen. I camerieri sono pagati circa 135 DKK (€ 18) all’ora, il che rende circa 22 500 DKK al mese, oltre 3000€ al mese. La Danimarca è cara, ma lo stipendio non è comunque male! (è da sottolineare che in Danimarca non esiste 13° e 14° e non esiste la liquidazione NDR)”
David, il protagonista di questo capitolo, lavoro a Santiago-de-Compostela, una località famosa per il turismo religioso in Spagna.
“Ho iniziato a lavorare in un ristorante specializzato in ricevimenti per matrimoni (i matrimoni sono grandi in Spagna). Poi ho lavorato in un posto tradizionale galiziano (la regione della Spagna dove si trova Santiago NDR) e negli ultimi tre anni lavoro in un bar-caffetteria a Santiago-de-Compostela. È un piccolo bar, ci sono solo due persone che lavorano qui, io e il proprietario. Non ho avuto problemi a trovare questo lavoro, ma penso che alcune conoscenze personali abbiano aiutato, come sempre qui in Galizia.
La mia motivazione principale è guadagnare un po ‘di soldi. Penso che sia così con tutti i camerieri, mentre le persone che vogliono fare una carriera in questo business iniziano come aiutanti in cucina.
Lavoro 6 giorni a settimana, 9 ore al giorno. Molti dei miei amici pensano che ho un buon lavoro, facile e divertente, altri non capiscono come si possa passare un’intera giornata al servizio delle persone e non sedersi. Il mio stipendio medio come cameriere in Spagna è di circa 1000 € al mese, senza mance, e questo è abbastanza per affittare un appartamento, Santiago non è costoso.”
Jacqueline, da Vienna, ci racconta invece una particolare esperienza, più o meno su come lavorare come cameriera all’Oktoberfest…
” Ho lavorato come cameriera per un festival della birra ad Altaussee. Si tratta di una piccola città nell’Alta Austria. Il festival va avanti per circa 3 giorni il primo fine settimana di settembre, ed è come l’Oktoberfest, ma molto più piccolo. È una tradizione austriaca: ogni anno i vigili del fuoco locali organizzano un festival del genere per il loro villaggio. Vendi birra, grappa, bretzel, salsicce … Il festival di Altaussee dove ho lavorato è piuttosto noto, la gente viene da tutta l’Austria e dalla vicina Baviera.
Il festival va avanti per tre giorni, da sabato a lunedì. L’organizzazione è piuttosto caotica, tutti decidono il proprio orario di lavoro ed è libero di andare a casa se si sentono troppo stanchi. Siamo rimasti nel villaggio, hanno sempre trovato stanze per noi. Molti aiutanti sono in realtà locali, dalle famiglie dei vigili del fuoco. Ci sono sempre abbastanza camerieri, anche se il lavoro in sé è estremamente faticoso. Ho lavorato 10 ore, da mezzogiorno a sera, e qualche volta fino a mezzanotte. Il mio primo giorno, pensavo che sarei morta, avevo dolori alle braccia, alle gambe e alla schiena.Ho dovuto portare 10 boccali di birra in una volta!
Ho lavorato ad un festival del genere per tre volte, ma ci sono camerieri professionisti che fanno tutto questo durante tutta la stagione dei festival, e poi vivono dei soldi guadagnati per un anno intero. Ad Altaussee ho guadagnato circa € 850 in tre giorni. Questo è sufficiente per affittare una stanza e pagare per il cibo a Vienna per un mese.”
In realtà un cameriere guadagna in Austria una base di circa 1100/1200€ al mese, che possono essere integrate da mance. Se volete approfondire, e leggete il tedesco, date un’occhiata a questa tabella.che riepiloga gli stipendi delle varie figure…
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Aareb Miflaf e sua moglie. Vengono dallo Sri Lanka, una meravigliosa isola appena sotto l’India, meravigliosa, e per molti italiani una terra affascinante dove cambiare vita.
A raccontarci come aprire una caffetteria o un ristorante in Sri Lanka (solo poco tempo fa avevamo parlato di come aprire un locale in un’altra terra lontanissima, l’Argentina, trovate il post in questa pagina) con quali regolamenti e con quali strategie, è proprio, nella intervista audio che vi proponiamo, Aareb che sta seguendo l’apertura di una sua caffetteria in una zona “in” di Colombo, la capitale.
Nell’intervista, in inglese, Aareb ci racconta di come il consumo di caffè in espresso o cappuccino sta crescendo molto nella cultura locale, e ci racconta anche, bella notizia, che la burocrazia per aprire una attività in Sri Lanka non è molto difficile (si parla di licenza da ottenere presso il municipio e di pochi requisiti per la sicurezza e l’antincendio…).
Ascoltiamo questa intervista (magari anche un bell’esercizio di inglese) in attesa di andare a trovare Aareb alla sua caffetteria Peppermint (magari!)
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Una nazione affascinante, complessa e contraddittoria: l’Argentina può essere terra di sogno o di follia. Oggi Samuele De Dea, da Belluno, ci racconta come si apre un locale in Argentina, passo per passo, partendo da burocrazia, leggi e regolamenti per continuare poi con costo del personale, costo degli affitti e dritte per aprire un bar o un ristorante in Argentina. Ascoltiamo questa affascinante audio intervista.
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Un altro corso sul mondo caffè in inglese, un’altra cinque giorni intensa con tanti partecipanti da tutto il mondo per conoscere, fra gli altri, anche Alfonso Jerero, che in questa intervista ci racconta la sua esperienza di gelatiere a Città del Messico, e ci da alcune indicazioni interessanti su come aprire una gelateria italiana in Messico.
D. Alfonso? Gelateria Italiana?
R. Questo è il primo punto. Dobbiamo chiarire che in Messico, così come negli Stati Uniti, c’è una grande differenza fra l’Ice cream, il gelato americano molto calorico, molto intenso in gusto ma un po’ “artificiale” e il Gelato italiano, molto più light e naturale, ma con un gusto meno deciso.
Chiaramente per chi è abituato a viaggiare non è difficile percepire questa differenza e capire il valore aggiunto delle preparazioni naturali, per gli altri bisogna creare nel negozio una specie di esperienza italiana, che ci aiuti a far capire un gusto a cui magari il messicano medio è meno abituato. C’è peralto da pensare come in Messico, come in altre nazioni del nuovo mondo, la cultura prevalente è quella del “quantità per denaro” per cui spesso le praparazioni vengono valutate più in base alla quantità che al gusto, con gelati enormi…
D. Dal punto di vista di leggi e regolamenti è difficile aprire una gelateria in Messico?
R. No, la burocrazia non è difficile, diventa solo più complessa qualora si voglia vendere alcool. Più o meno l’architetto si limiterà a presentare planimetrie e descrizione al municipio.
Semmai può essere costoso, perchè le buone location, quelle davanti alle quali passano molte persone, possono costare moltissimo. E’ fondamentale infatti, per aprire una gelateria in Messico, trovare una strada di passaggio pedonale, solo in questo modo attraremo il consumatore per una forma di consumo che rimane, per i messicani, di nicchia.
Infatti mi sentirei di dire che per aprire una buona gelateria in Messico sarebbe meglio cercare nelle spiagge e nelle aree frequentate da europei e americani, pensate che il consumo annuo di gelato è di 28 chili all’anno per un americano, e di 3,5 per un messicano…
D. Le gelaterie si comprano o si costruiscono?
R. Adesso è abbastanza comune comprarle comprese di attrezzature. Il costo di acquisto (traspaso) può essere altissimo per una buona location, anche 20.000 dollari per metro quadro. Un’affitto mensile di una location media può essere invece sui 1000 dollari per 25 metri quadrati al mese.
D. Quali sono i gusti di gelato che preferiscono i messicani?
R. in molti casi quelli degli italiani, come vaniglia e cioccolata, ma in molti altri casi gusti più “messicani” come il dulce de leche, il tipico dolce di caramello, e come i mille meravigliosi frutti del Messico, se date un’occhiata al nostro menù (che trovate in questa pagina) troverete lychee, mamey, mango, maracuya e altre meraviglie.
D. possiamo venirti a trovare Alfonso?
R. Magari! Siamo a Città del Messico, e trovate il nostro website qui. Se poi volete contattarmi per qualche consiglio mi trovate a [email protected]
In questo blog abbiamo già visto come aprire un bar, ristorante o caffetteria all’estero, cercando di offrire tutte le informazioni burocratiche per partire con una nuova scelta di vita.
Vi abbiamo raccontato come aprire un bar nella cosmopolita Berlino, come aprire un ristorante/caffetteria in una meta alla moda come le Canarie o in una molto esotica come la Thailandia. Siamo arrivati anche in Messico per scoprire come aprire una gelateria oltre che una caffetteria in Sri Lanka.
Tutti i post relativi all’argomento dell’apertura di un attività all’estero li trovate in questa sezione.
Questa volta ci spostiamo in una nazione più nordica, ma ugualmente, per molti motivi, affascinante: la Lituania.
I Paesi baltici sono in forte crescita, il PIL aumenta di anno in anno e la popolazione è giovane e cosmopolita. La pressione fiscale è minore rispetto alla nostra (corrisponde al 27% circa), il costo del lavoro è più basso ed è più facile trovare personale qualificato.
Dopo aver scelto la tipologia di società, la burocrazia appare snella: generalmente si tratta di firmare l’atto di costituzione, aprire un conto bancario, registrare dei documenti con nota pubblica e archiviare tutto presso il registro delle imprese.
Ovviamente tutte le nuove attività necessitano un business plan e la consapevolezza che avviarle è sempre complicato. Se vuoi incontrarci dal vivo puoi partecipare al nostro corso di gestione
La lingua è la maggiore difficoltà, anche se gran parte della popolazione – i giovani specialmente – conoscono l’inglese. Per superare questa difficoltà ci sono svariate agenzie che si occupano di assistere le nuove aziende nella fase di avvio dell’attività.
Ecco alcuni link utili
www.cci.lt Camera di commercio di Vilnius.
investlithuania.com Agenzia Lituana per gli investimenti stranieri.
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A spiegarci di più c’è Egle, una giovane imprenditrice venuta in Italia per un nostro corso di barista che si è gentilmente resa disponibile a raccontarci la sua bella esperienza nella nazione Baltica. Egle ha aperto, fra la costa della Lituania e la capitale Vilnius, tre caffetterie: un’esperta quindi!
Puoi dirci qualcosa dell’apertura del tuo primo locale/coffee shop?
Ho aperto il primo cafe 5 anni fa sulla penisola a Alytus vicino al mare. L’apertura è avvenuta in alta stagione. Inizialmente vendevamo caffe caldi e freddi, snack e gelati. La nostra posizione è strategica, a 100 metri dal mare, e i clienti potevano acquistare un caffè di alto livello, un buon gelato e gustarlo sulla spiaggia. E’ stata un’interessante novità e i clienti hanno cominciato a tornare ogni giorno.
La maggiore difficoltà sono state le tasse, circa il 30% senza sconti per le nuove attività.
Negli anni successivi hai aperto altre due attività: di che tipo sono?
Ho aperto un coffee shop nella città dove sono nata, Alytus. Uno spazio dove i giovani possono passare il loro tempo libero e guardare film, parlare, giocare e bersi un caffè di qualità o un buon gelato.
Il terzo, l’ho aperto a Vilnius, la capitale. Il locale non si trova nel centro della città che è costoso, ma si trova in una nuova area residenziale con molte famiglie e giovani coppie. In questo luogo servo molti caffè e molti succhi di frutta, il nuovo trend lituano.
Quali sono i costi del personale? Quanto costa un cameriere?
Un cameriere costa circa 500 euro al mese (tasse comprese)
E’ complesso aprire un bar dal punto di vista burocratico?
Come prima cosa devi aprire la tua società e ottenere il permesso di somministrare cibo e bevande (simile al nostro HCCP) oltre a quello per il suolo pubblico.
Se vuoi aprire adesso un locale/bar in Lituania, quali sono i trend? Cosa consiglieresti di aprire?
Penso che la cultura del caffè stia crescendo in modo esponenziale. In Lituania ci sono molti coffee shop ma pochi di buona qualità.
La parola d’ordine è specializzazione. Tra i trend in crescita c’è il cibo thai, i bagels e il caffè di alta qualità.
Suggeriresti ad un italiano di aprire un bar in Lituania?
Si, il made in Italy rimane un marchio di fabbrica. Si suppone che gli italiani preparino cibo e caffè di alta qualità.
E se avete voglia di andarla a trovare, per una vacanza al fresco del Baltico, andate intanto a visitare la pagine FB del suo primo locale, lo Spotas, e magari contattate Egle (in inglese) a [email protected]
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